Dopo l’elezione dei Presidenti delle
Camere
La parola ora torna al Colle, ed è decisiva
Cominciamo
con una battuta (fino a un certo punto). Il prossimo libro di Marcello Veneziani
sarà una nuova edizione, forse la quarta, la quinta (non sapremmo) dell’evergreen per post-esiliati in patria, La rivoluzione conservatrice in Italia. Stavolta però con il M5S al
posto di Forza Italia. Insomma, da
Evola e Gentile fino a Fico e Salvini,
passando sul cadavere di Berlusconi. Proprio lo stesso Cavaliere che mise l'intellettuale di Bisceglie dentro il CdA Rai, cambiandogli vita e casa (nel senso domiciliare…).
Venendo
alle cose meno tragicomiche, la stampa di destra (centrodestra, ormai è una parola grossa),
già guarda con puttanesca (pardon) curiosità a un governo Salvini-Di Maio. Più prudente, ovviamente il “Giornale”, meno i fascio-grillini della “Verità” e di “Libero”. Attendisti, ma con occhio benevolo,
“Tempo” e “Quotidiano Nazionale”. A battersi invece sulle barricate europeiste, liberali
e moderate, per ora è rimasto solo “il
Foglio”. Anche il "Dubbio", piccolo-grande giornale garantista, cerca di fare la sua parte. Coraggiosamente.
La stampa di centrosinistra, o finto indipendente a grande tiratura (“Repubblica”, “Stampa”,“Corriere della Sera) non vede di cattivo occhio il tandem Salvini-Di Maio, escluso, ovviamente il livoroso “ Fatto Quotidiano” (dalla tiratura mediocre però, ma più del "Manifesto", quotidiano per pensionati ed esodati del marxismo-leninismo, che invece non conta più nulla). E “ Il Sole 24 Ore” e “Avvenire”? Da tempo sulla stessa linea socialdemocratica, sono, anche se non lo ammettono, per Salvini e Di Maio “santi subito”.
La stampa di centrosinistra, o finto indipendente a grande tiratura (“Repubblica”, “Stampa”,“Corriere della Sera) non vede di cattivo occhio il tandem Salvini-Di Maio, escluso, ovviamente il livoroso “ Fatto Quotidiano” (dalla tiratura mediocre però, ma più del "Manifesto", quotidiano per pensionati ed esodati del marxismo-leninismo, che invece non conta più nulla). E “ Il Sole 24 Ore” e “Avvenire”? Da tempo sulla stessa linea socialdemocratica, sono, anche se non lo ammettono, per Salvini e Di Maio “santi subito”.
Questo
ai piani alti. Scendendo più in basso, quasi
4 italiani su 10,
guarderebbero con favore a un governo
Lega-M5S. Gli altri o non sanno (2 su
dieci), o puntano (3 su dieci) su un governo di centrodestra e/o, semplificando, del presidente (1 su dieci). E i Social confermano.
Cosa
pensare ? Facile. I sondaggi (da ultimo, quello del Corrierone, però quasi di
una settimana fa), confermano che
l’opinione pubblica si è spostata, come prevedibile verso i vincitori, Di
Maio e Salvini (effetto bandwagon). Probabilmente, i prossimi sondaggi,
soprattutto dopo il pienone a Camera e Senato di ieri, saranno ancora più
sbilanciati verso la “strana coppia”, che tanto strana non sembra più essere, almeno agli occhi degli italiani.
Restano
sempre alcuni però. Renzi ( e i renziani) continueranno la ricreazione?
Favorendo, indirettamente, quella parte del Pd, che sogna di allearsi con Cinque Stelle? Però, attenzione, come alternativa a
Salvini ma senza avere i numeri
necessari… Berlusconi, continuerà, zitto e buono ( o quasi) a prendere
schiaffi da Salvini e Di Maio? Anche qui però, non ci sono i voti per un
ipotetico governo senza la "strana coppia"… Certo, sarebbe interessante scoprire a chi appartengano
i sessanta voti contrari a Fico. A dire il vero, resta aperto il discorso sui “responsabili”
da strappare - eventualmente - a Lega e (chissà) Cinque Stelle. Anche Giorgia Meloni non sembra del tutto convinta della linea abbracciata da Salvini. Quindi,
forse, ecco qui, un altro pugno di voti da gettare nella fornace.
Proviamo a fare qualche conto.
Al Senato si possono enumerare 30-35 voti, i renziani, 56 voti FI, 18 (?) FdI: 109 in tutto. Pochi. Anche a sommare
tutti i voti degli Altri (7) e di
tutti i Senatori a Vita (6), quota 161 resta un sogno.
Alla Camera ai 107 voti
di FI, si possono sommare grosso modo gli 80 dei renziani, forse 90, i 32 (?) di FdI. Anche
aggiungendo 60 “traditori” e gli Altri (10), quota 316 resta un miraggio.
Come
si può capire è praticamente impossibile
varare qualsiasi governo senza Lega (58 senatori, 121 deputati) o
Cinque Stelle (112 senatori, 227 deputati). Mentre, messi insieme, Salvini e Di Maio avrebbero i numeri sufficienti.
Riassumendo, si sta delineando, nei numeri e nella pubblica opinione (alta e bassa per così dire), l’ipotesi non più così remota di un governo
Cinque Stelle-Lega. Questo nuovo orientamento,
non potrà non pesare sulle Consultazioni
e sulle decisioni del Colle.
Come
però dicevano i nonni, tra il dire il fare c’è di mezzo il mare. Pertanto
- ecco la controindicazione - già nelle prossime fasi delle trattative i due
partiti potrebbero spaccarsi, se non proprio a metà, perdere
almeno quel tanto di duri e puri, capace
di far traballare i numeri. Tutti senatori
e deputati che potrebbero confluire in
altre maggioranze, ovviamene abborracciate sia
a destra che a sinistra.
Cosa
significa tutto questo? Che Mattarella, prima di decidere in favore di un
governo Salvini-Di Maio, non potrà non accertare la solidità della
sua maggioranza. E quindi la fedeltà delle truppe parlamentari. Altre soluzioni dipendono sempre dal Colle. Ma
con numeri risicati. Come però si sa, in
politica, due più due talvolta fa cinque.
Pertanto
il vero punto della questione è
rappresentato da quanto Mattarella sia convinto della capacità democratica e di
governo della Lega e del M5S messi insieme. Il suo è un ruolo chiave, diremmo determinante.
Ritiene il Colle che
Salvini e Di Maio (ma sarebbe più corretto dire Grillo e soprattutto Casaleggio
jr), se ci si passa la battuta, siano in possesso della patente democratica, liberale ed
europea per “guidare” l’Italia?
Chi
scrive, come sanno gli amici lettori, ritiene di no. Ma non ha alcun potere decisionale. Mattarella invece sì.
Carlo Gambescia