mercoledì 7 marzo 2018

Riflessioni post-elettorali  
Italicum, un’occasione perduta




Parliamo di cose serie?  C'era un volta l' Italicum...  Legge elettorale mai applicata,  collegata all'abolizione referendaria di un Senato mai abolito, poi frantumata dalla Corte Costituzionale  e definitivamente affogata, pardon abrogata, dal Rosatellum.
Con l’Italicum, prima versione ( made in Nazareno), disconosciuto dal dio di Arcore e schifato dai nemici di dio, oggi però l’Italia avrebbe un governo stabile. Il  Centrodestra, piaccia o meno, con il 37 per cento dei voti, grazie al premio di maggioranza,   sarebbe già virtualmente a Palazzo Chigi.  
E invece,   non avremo,  almeno fino a quando durerà questa legislatura, alcuna maggioranza sicura. I sistemi elettorali incidono, eccome. 
Semplificando al massimo, la prima versione dell' Italicum, tra l'altro non respinta dalla Corte Costituzionale  nella sua parte premiale-maggioritaria,  prevedeva: 1) un sistema proporzionale con correzione maggioritaria (più o meno come l’attuale legge);  2) un premio di maggioranza di 340 seggi (55% dei seggi) in favore della lista e/o alla coalizione capace di conseguire  il 37% dei voti;  3) il  ballottaggio tra le due liste o coalizioni più votate, qualora nessuna di esse riuscisse a superare la soglia del 37%; 3bis) il vincitore avrebbe ottenuto ottenuto 321 seggi (52%); 4) soglia di sbarramento nazionale,  però più alta dell'attuale legge:  fissata al 12% per le coalizioni, al 4,5% per i partiti in coalizione  e  all'8% per i partiti non coalizzati.
Si è invece stravolto tutto, respingendo la logica maggioritaria (premiale)  dell’Italicum,   e ora ne paghiamo le conseguenze. 
Si dirà, come la mettiamo con la democrazia?  Con  il "popolo sovrano"?    Non è  forse vero che il 37 per cento (che nella seconda versione passò al 40)  non rispetta il criterio della maggioranza assoluta? Certo, ma la democrazia, puramente numerica, non rispetta, cosa ben più grave, il criterio dell’intelligenza. Un solo esempio, di grande valore simbolico. A  un bravissimo Ministro dell'Interno come Minniti, nel collegio di Pesaro,  si è preferito un analfabeta politico dei Cinque Stelle. Di Maio chi  vuole portare  al Viminale?  Una semisconosciuta criminologa che insegna in  un'università di serie C. 
La democrazia va protetta da se stessa con dei correttivi elettorali capaci di limitare le potenzialità eversive di un  "numero" invadente,  che rispecchia  -  riducendo all'osso la questione -  il basso QI dell'elettore medio: dal momento che i più votati non sempre sono i più dotati.  Ciò  che va evitato è la deriva demagogica. Quindi una buona legge elettorale -  come poteva essere l’Italicum nella sua prima versione -  deve sempre  proteggere  gli equilibri politici, moderati, riformisti e liberali, i soli  in grado di difendere il popolo da se stesso. Altrimenti si rischia l'autodistruzione della democrazia, come cupamente  provano i totalitarismi  novecenteschi, usciti in modalità plebiscitaria  a sinistra e destra  dei regimi democratici.  
E questo purtroppo, quattro anni fa,  Renzi e Berlusconi non lo compresero. Il primo difese timidamente l’Italicum, il secondo, addirittura lo rinnegò. Invece,  lo capirono e bene, ma al contrario, le forze eversive che criminalizzarono il cosiddetto "Patto del Nazareno".  E che, oltre a nullificare l'Italicum,  azzerarono pure le riforme costituzionali.  Anche in quell'occasione, come domenica scorsa,  il 60 per cento del "popolo sovrano"  fu contro.   Renzi, a dire il vero, lottò come un leone. Per alcuni "personalizzò" troppo.   Berlusconi, invece,  stupidamente, remò contro.  Ora però, comunque stessero le cose, ne pagano le conseguenze.  Con loro, l’Italia, moderata, riformista e liberale. E a breve, rischia grosso, anche tutto il "popolo sovrano"...   

Carlo Gambescia