Dibattiti
Due parole sul Reddito di Cittadinanza
Nella
prima metà anni Novanta, con un gruppo di studiosi, tra i quali ricordo il filosofo della politica Giuliano Borghi,
elaborai, su invito di un sindacato italiano,
uno studio sulla fattibilità
del Reddito di Cittadinanza. All'epoca nessuno ne parlava. Pensavo
di ricavarne un libro, per agitare le acque. Però, una volta studiata la materia, rendendomi conto, sulla base
di una scrupolosa disamina della spesa sociale italiana, dei costi colossali da
affrontare, ripiegai su una relazione dove esponevo, laicamente, cosa si dovesse fare, qualora eccetera, eccetera. La mia relazione fu subito avvolta, credo giustamente, viste le cifre, dal silenzio più assordante. E non solo a livello sindacale.
Mi accorsi che, tecnicamente, per implementare il Reddito di Cittadinanza, a parità di bilancio, o andavano tagliate alcune voci della spesa
sociale (a cominciare dalle pensioni minime, di guerra, invalidità, fino ad alcuni tipi di assegni sociali), o si doveva far crescere la spesa sociale, finanziando il reddito attraverso l’emissione di appositi titoli, quindi indebitandosi. Ovviamente, nei miei calcoli, da studioso serio, non
prendevo in considerazione, alcun fantomatico recupero dell’evasione fiscale,
né possibili micro o macro-crescite del
Pil.
Non
erano maturi i tempi? No, semplicemente si trattava di un progetto, ieri come oggi, economicamente
irrealizzabile, che già allora si aggirava intorno a una cifra annua di
quarantamila miliardi di lire pari a una ventina di miliardi di euro. Un peso insostenibile, a priori, per qualsiasi economia, figurarsi
quella italiana.
Ora,
il vero problema, resta non tanto ( o solo), la questione del reddito di cittadinanza in
sé, quanto il fatto che oggi se ne parli come di una misura fattibile creando
aspettative e falsando il dibattito politico.
E qui occorre fare una precisazione. Una cosa è il Reddito di Cittadinanza, un'altra i redditi temporanei, come le varie forme di sussidio sociale e di inserimento lavorativo. La nostra puntualizzazione ha suo fondamento, dal momento che proprio in questi giorni la confusione sembra regnare sovrana.
Il Reddito di Cittadinanza, cosa che chiarivo nel mio studio, è qualcosa di separato dall’attività lavorativa, che va a integrare (non sostituire) i proventi da lavoro in base al reddito percepito (cosa non sempre facile d'attuare per la labilità e soggettività dei princìpi di equità sociale applicati ai redditi percepiti). Di conseguenza, la sua introduzione, secondo il mio progetto, dipendeva dall'eliminazione, come già anticipato, di tutte le altre forme di erogazione sociale strutturata, esclusa però - semplificando - la cassa integrazione, considerata come misura, seppure temporanea, alternativa al reddito di cittadinanza, perché da ricondizionare, così proponevo, all'avviamento al lavoro. Si trattava, insomma, di un'autentica rivoluzione per l’Inps (come mi si fece ufficiosamente sapere).
Il Reddito di Cittadinanza, cosa che chiarivo nel mio studio, è qualcosa di separato dall’attività lavorativa, che va a integrare (non sostituire) i proventi da lavoro in base al reddito percepito (cosa non sempre facile d'attuare per la labilità e soggettività dei princìpi di equità sociale applicati ai redditi percepiti). Di conseguenza, la sua introduzione, secondo il mio progetto, dipendeva dall'eliminazione, come già anticipato, di tutte le altre forme di erogazione sociale strutturata, esclusa però - semplificando - la cassa integrazione, considerata come misura, seppure temporanea, alternativa al reddito di cittadinanza, perché da ricondizionare, così proponevo, all'avviamento al lavoro. Si trattava, insomma, di un'autentica rivoluzione per l’Inps (come mi si fece ufficiosamente sapere).
Il
concetto era, e resta, che il Reddito di Cittadinanza integra ma non sostituisce
il reddito da lavoro o da pensione. Insomma, per dirla
brutalmente, non si può vivere a sbafo, magari fingendo di cercare un lavoro. E soprattutto, ripetiamo, il Reddito di
Cittadinanza, se concetti e parole hanno un senso, non può non essere alternativo ai redditi da disoccupazione o inserimento.
Il Reddito di Cittadinanza, secondo Giuliano Borghi, è filosoficamente, oltre che sociologicamente, qualcosa che spetta a ognuno di noi in quanto civis , sempre che, come detto, non si tratti di soggetti già "diversamente" aiutati dalla communitas (redditi di inserimento e/o disoccupazione). Quindi, ripetiamo, non un reddito di "emergenza", vincolato all'avviamento obbligatorio al lavoro.
Insomma, parliamo non di una misura assistenziale, ma di qualcosa che riguarda tutti i cittadini italiani, in quanto tali, senza tenere conto delle origini o etnia. Qualcosa che distingue e valorizza la nazionalità, come valore che si può trasmettere, in termini di un surplus monetario che va a integrare i redditi ordinari, a prescindere dal colore della pelle. Il che, può piacere o meno, ma è assolutamente coerente con il principio di cittadinanza come legale appartenenza a una comunità. Un surplus "onorario" di cittadinanza economica, che ha una sua filosofica coerente nobiltà, che tuttavia ha un costo elevatissimo, perciò di difficile realizzazione, eccetera, eccetera.
Ma detto questo, che c’entra il Reddito di Cittadinanza con il reddito di inserimento o disoccupazione? Di che cosa si parla in questi giorni? Di tutto, eccetto che del vero Reddito di Cittadinanza.
Il Reddito di Cittadinanza, secondo Giuliano Borghi, è filosoficamente, oltre che sociologicamente, qualcosa che spetta a ognuno di noi in quanto civis , sempre che, come detto, non si tratti di soggetti già "diversamente" aiutati dalla communitas (redditi di inserimento e/o disoccupazione). Quindi, ripetiamo, non un reddito di "emergenza", vincolato all'avviamento obbligatorio al lavoro.
Insomma, parliamo non di una misura assistenziale, ma di qualcosa che riguarda tutti i cittadini italiani, in quanto tali, senza tenere conto delle origini o etnia. Qualcosa che distingue e valorizza la nazionalità, come valore che si può trasmettere, in termini di un surplus monetario che va a integrare i redditi ordinari, a prescindere dal colore della pelle. Il che, può piacere o meno, ma è assolutamente coerente con il principio di cittadinanza come legale appartenenza a una comunità. Un surplus "onorario" di cittadinanza economica, che ha una sua filosofica coerente nobiltà, che tuttavia ha un costo elevatissimo, perciò di difficile realizzazione, eccetera, eccetera.
Ma detto questo, che c’entra il Reddito di Cittadinanza con il reddito di inserimento o disoccupazione? Di che cosa si parla in questi giorni? Di tutto, eccetto che del vero Reddito di Cittadinanza.
Carlo Gambescia