Sì, la diciamo fuori denti.
Per capire a quale razza di analfabeti politici potrebbe andare la Presidenza della
Camera, invitiamo a leggere sul “Fatto Quotidiano” la
rievocazione di Moro scritta da Gianluca Ferrara, editore e
fresco senatore pentastellato. E sottolineiamo editore.
La tesi è questa: nel 1948 vinse la
Dc grazie
all'aiuto determinante dei servizi segreti americani, che, in
seguito, si riservarono il diritto di riscrivere la storia della
Repubblica. Scopo: evitare l’ingresso del Pci al governo. Sicché la morte
di Moro, non fu che un momento di questa strategia. Ecco le liriche
conclusioni del senatore a cinque stelle:
«Sono trascorsi 40
anni da quando, io bambino di 6 anni, vidi aprirsi lo
spiraglio di quella porta, una porta che poi col tempo ho raggiunto e valicato
fino ad addentrarmi in un mondo, quello della politica, dove troppo spesso
emergono le peggiori pulsioni egoiche dell’uomo. Moro fu ucciso materialmente
dalle BR, ma paradossalmente i mandanti sono gli architetti di un mondo
monopolare che oggi si è declinato in un inquietante pensiero unico a cui occorre
ribellarsi. Le parole di Aldo Moro risultano un monito ai tanti Zaccagnini,
Andreotti, Cossiga e Kissinger di oggi: “Io ci sarò ancora come un punto
irriducibile di contestazione e alternativa”». (1)
Che dire? Moro sequestrato due volte.
La seconda, ideologicamente, dal Movimento Cinque Stelle... Esageriamo?
Un passo alla volta.
Intanto, sulla natura fantasiosa di
questa ricostruzione storica, rinviamo Gianluca Ferrara
alla Storia della Repubblica Einaudi:
lavoro al di sopra di ogni sospetto, perché scritto da storici di
sinistra. Dove si spiega, con dovizia di particolari
(economici, politici, sociali e culturali), il complesso sviluppo delle vicende
politiche italiane, irriducibile all’ infantile lotta tra il Pensiero Unico
americano e le Forze del Bene, reincarnatesi, nell’ultima puntata della
fiction per bambini, in un quarantenne senatore
pentastellato.
Dicevamo, una storia complessa, dove,
eventualmente, i servizi segreti in azione furono due, l'americano e il
sovietico ( e, se per questo, probabilmente anche altri). Ma senza alcun ruolo
dirimente. Dal momento che dalle elezioni politiche del 1948
gli italiani votarono e scelsero sempre liberamente. E
in milioni - una volta posti dinanzi alla scelta tra libertà
e oppressione - preferirono, regolarmente, al Pci, la
Democrazia cristiana
e le forze moderate.
Insomma, l’Italia scampò alla sorte
della Polonia, dell'Ungheria, della Cecoslovacchia, eccetera, eccetera. E
per sua libera scelta. Fortunatamente, non finì schiacciata sotto il tallone di ferro sovietico. Quello era Pensiero Unico. E invece di rallegrarsi della cosa, si inseguono fantasie cospirative a scoppio ritardato...
Quanto a Moro, per andare al di là della
retorica rievocativa, gli va assegnata la palma d’oro del peggiore
statista (parola grossa, diciamo politico) del dopoguerra. Se avesse fatto, veramente,
il compromesso storico, la Dc
si sarebbe mangiata anche il Pci. Altro che «democrazia compiuta» e
fine del «bipartismo imperfetto» come ritiene invece il senatore
pentastellato, ma a orecchio, perché cita Galli senza averlo letto.
Oppure, se lo ha letto, gli è sfuggita la parte dove lo
storico dei partiti evidenza l'enorme difficoltà culturale, per il Pci
togliattiano, ancora prima del praticare, di comprendere il modello Westminster.
Figurarsi gli altri…
Carlo Gambescia
(2) F. Barbagallo (coordinatore), Storia dell’Italia Repubblicana,
Einaudi Torino, 1994 sgg., 10 voll. in particolare i primi due, molto
documentati: La costruzione
della democrazia. Dalla caduta del fascismo agli anni Cinquanta.
(3) P. Ginsborg. Storia d’Italia 1943-1996.
Famiglia, società. Stato, Einaudi, Torino 1998, l’opera raccoglie i due interessanti volumi dedicati dallo storico di origine britannica alle vicende italiane.
(4) E. Galli della Loggia, Credere Tradire Vivere. Un viaggio
negli anni della Repubblica, il Mulino, 2017, pp. 107-108, nota 11.
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