martedì 6 marzo 2018

Dopo elezioni
Che farà Mattarella?




Fino al 23 marzo, solo schermaglie. Quel giorno il nuovo Parlamento si riunirà per eleggere i Presidenti di Camera e Senato. Sicché inizieranno a delinearsi gli schieramenti.  Dopo di che  - ecco la vera “ciccia politica” -   il Presidente Mattarella inizierà le consultazioni, per  poi conferire  l’incarico  come è sua prerogativa.
Per ora  i numeri  confermano  una  frattura politica  che va al di là dei tradizionali schieramenti partitici:  quella tra forze populiste di destra (Lega  e FdI) e forze populiste di sinistra (M5S, LeU e possibili dissidenti del PD) e forze antipopuliste di centrosinistra (il PD renziano) e della  destra moderata  (FI di Berlusconi). 
Solo in termini percentuali  i populisti, tutti insieme,  superano largamente il 50 per cento,  mentre  le forze moderate e riformiste, antipopuliste (ammesso che Berlusconi ci stia) sono invece intorno al 35 per cento. In seggi, la differenza potrebbe essere ancora più devastante.  Come si può vedere, chiunque abbia a cuore il profilo europeo, liberale e riformista dell’Italia non può non essere preoccupato.  
Per fortuna (almeno per il momento) i due populismi di destra e sinistra sono separati in casa. Per contro,  stando alle previsioni (in seggi), le forze moderate, riformiste e liberali  non hanno alcuna maggioranza.  Invece  potrebbe nascere una maggioranza, sebbene risicatissima,  tra populisti di sinistra, nelle varie sfumature (da M5S a  LeU e  possibili dissidenti antirenziani interni al Pd).  Infine, resta teoricamente in piedi,  la paventata  ipotesi, seppure remota, di un’ alleanza  di governo tra i populismi di  destra e sinistra.
Insomma, il Parlamento è privo di chiare maggioranze. Come si può vedere il compito del Presidente Mattarella non è semplice.   Inoltre,   l’assegnazione dell’incarico, a chiunque vada, solleverà contestazioni,  dal momento che manca una tradizione prestabilita sulle precedenze  delle coalizioni rispetto ai partiti vincenti ( e viceversa).  Nella storia della Repubblica (la Prima, ad esempio), esistono  esempi di  incarico  al  leader di partiti minori (da La Malfa nel 1979 ad Amato, Ciampi e Dini, passando per Spadolini e Craxi).  Il che, se per un verso, come detto, può essere fonte di contestazioni e polemiche, per l’altro garantisce  a Mattarella, timoroso - come dicono - dell’ascesa populista (di destra e sinistra), libertà di manovra.   In quale direzione?  
In assenza di un  governo di maggioranza, sussistono cinque possibilità: 1) Governo del Presidente, quindi dello stesso Mattarella,  per  mettere  insieme  esponenti di  forze opposte (dal PD al M5S) in nome dell’Idem sentire de republica, simbolicamente rappresentato proprio dalla figura del Presidente;  2) Larghe intese,  parliamo di un governo sostenuto  da forze in contrasto (ad esempio, PD, FI, M5S, Lega, eccetera),  governo, diciamo di utilità,  perciò dal  basso profilo simbolico, in carica solo per rassicurare l’Europa e gli investitori; 3)  Governo di minoranza,  che si regge  su alleanze variabili, che di volta in volta, sui singoli provvedimenti il governo riesce a intercettare in Parlamento; 4) Governo di scopo, con  l’adesione  di tutti o di una parte consistente dei partiti,  per fare, ad esempio, una nuova legge elettorale; 5) Governo tecnico, guidato da un esterno alla politica,  ma  alla cui lunga mano (una maggioranza parlamentare, difficile, per ora,  da individuare) dovrebbe comunque mendicare l'esistenza.
Molto dipenderà dalla dialettica interna ai partiti, quindi dalle sempre possibili divisioni parlamentari, capaci però, se prudentemente ispirate dall'alto, di trasformarsi in abili e fruttuose scissioni politiche.  Molto quindi dipenderà dalla capacità, anche nelle arti dissimulatorie, del Presidente Mattarella  di “fare la trafila”  antipopulista ai suoi interlocutori senza darlo troppo a vedere. Insomma di riuscire a costruire, blandendo e  minacciando (la golpe e il lione di Machiavelli),  una maggioranza antipopulista di scopo   - questo,  il nostro suggerimento -  in grado di approvare  una legge elettorale tesa a ridimensionare drasticamente  il populismo (di destra e sinistra). Il lettore non si scandalizzi: a mali estremi, estremi rimedi. Estremi comunque, è bene ricordarlo, nell'ambito  di una  fisiologica dialettica politico-parlamentare  tra le varie istituzioni, magari dell'emergenza:  un check and balance, se ci passa la battuta, provvisoriamente  più check che balance...  
Pertanto il ruolo del Colle può essere decisivo.  Alcuni osservatori dubitano delle capacità manovriere e della risolutezza del Presidente  Mattarella.  Il nostro augurio è che siano in errore.   
Certo,  il ridimensionamento elettorale  del PD, di FI  e delle forze centriste non gioca a favore  della  “trafila”, che necessita di un "lavorio" parlamentare interno a tutti i gruppi, anche quelli ufficialmente avversari.  Però, come si dice, mai  perdere l’ottimismo della volontà.   E il fatto che Renzi abbia congelato le dimissioni è  un segnale (come dire?) timidamente  positivo.


Carlo Gambescia