Nessuno ne parla
Il volto tecno-umanitarista di Cinque
Stelle
All’inizio
di gennaio Di Maio ha partecipato a un incontro organizzato da Cinque Stelle a
Biella, in occasione della presentazione
di una ricerca previsionale, uscita nell’ottobre 2017 ( per
Marsilio), sull’evoluzione del lavoro nel prossimi dieci anni ( “Lavoro 2025” ).
Indagine
diretta da Domenico De Masi, sociologo organico ai pentastellati, su modello Delphi: semplificando al massimo, si fa la media delle opinioni espresse dagli
esperti nelle varie fasi di una discussione, svoltasi all’oscuro (nel senso che
gli esperti, ignorano chi siano gli altri e il committente). E poi si "scodella" il tutto nella solita ottica dello scenario medio. Sempre meglio che lavorare...
Difatti, in sé, la ricerca non dice nulla di nuovo (*): le solite banalità visionarie su formazione e
investimenti tecnologici, da Centrosinistra senza Renzi. Se il
M5S vi ha investito denari, come
probabile, - nulla però è trapelato - li ha sprecati. Ma non è questo il punto.
Piuttosto interessanti i
nomi di coloro che hanno partecipato alle discussioni: Leonardo Becchetti,
Federico Butera, Nicola Cacace, Luca De Biase, Donata Francescato, Fabiano
Longoni, Walter Passerini, Umberto Romagnoli, Riccardo Staglianò e Michele
Tiraboschi: economisti, giuristi, informatici,
giornalisti, sociologi dell’organizzazione, psicologi, perfino un prete-sociologo ( spesso la peggiore specie), Longoni.
Sono le classiche "seconde file", però dotate di un' affilata visione tecnocratica e umanitaristica della realtà. Spieghiamo la differenza.
Il tecnocrate, non ha
remore morali: la sua unica morale è fare bene il proprio lavoro, applicando
regole tecniche il cui valore è ritenuto assoluto. Di qui la “crazia” della tecnica.
Come si capisce, la tecnocrazia diventa pericolosa,
quando impiegata, senza alcuna forma di controllo politico. Classico caso di prevalenza dei mezzi sui
fini. In questo senso il governo
degli scienziati, “tecnici per eccellenza” (perché specialisti nelle proprie
materie) è assai pericoloso.
Il tecno-umanitarista,
invece ha remore morali. Di qui, la pretesa di umanizzare la tecnica, se non
addirittura di "salvare" o "redimere l’umanità”, puntando su di essa. Si vuole mettere insieme
tecnica e umanità, imbrogliando però i mezzi con i fini. E dal momento che esistono molteplici visioni “morali” dell’umanità, il rischio
inevitabile è di porre la tecnica al servizio di un'ideologia particolare. Sotto
questo aspetto il governo dei
tecno-umanitaristi è ancora più pericoloso di quello dei tecnocrati puri.
In realtà, la politica,
come realtà autonoma da qualsiasi morale ("tecnologica" o umanitaria ), non può non
consultare i tecnici, per poi però riservarsi di decidere, proprio per evitare, dal momento
che il concetto di umanità o è vuoto o è ideologico, qualsiasi deriva, come si dice
oggi, buonista.
Ecco, nel caso di Cinque
Stelle, come testimonia l'incontro biellese (e altri che lo hanno preceduto o seguito) siamo dinanzi a una svolta
tecno-umanitarista . Le "banalità medie", di cui sopra, sono poste al servizio della visione grillina dell'umanità. Che, solo per dirne una, contrariamente a quanto fin qui ha sostenuto il Movimento (il famigerato “uno vale uno"), impone invece l’ “uso” di tecnocrati della peggiore specie, animati
da idee umanitarie. Cosa dire? Vendetta postuma di Roberto Michels.
Nessuno, inoltre, sembra essersi
accorto della transizione dal catastrofismo di un Casaleggio Padre al buonismo-ottimismo tecnologico di un De Masi & Co. Perché?
Purtroppo, l’ideologia -
perché di questo si tratta -
tecno-umanitarista è largamente condivisa sia a destra che a sinistra. Le
sue origini risalgono al positivismo ottocentesco , quello costruttivista ("Conoscere per prevedere e provvedere"), un sapere ciò che è bene per l' "umanità" che ha contaminato il
fascismo, il nazismo, il comunismo, il welfarismo nei suoi
aspetti catto-socialisti e perfino certo liberalismo sociale macro-archico: tutti animati dal sogno - sempre a rischio di trasformarsi in incubo totalitario - di gestire la vita umana, dalla culla alla tomba.
E i Cinque Stelle ci
riprovano. Qual è il motto dell’incontro
biellese? “Prevedere per programmare”. Un
incubo.
Ma di questo in campagna
elettorale non si parla, né pro né contro.
Carlo Gambescia
(*) Si veda il resoconto sul
“Sole”. Tra parentesi, dai toni benevoli, perfino melliflui, che provano il riorientamento
politico-editoriale di Confidustria nei riguardi del Movimento Cinque Stelle: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-01-17/lavoro-2025-m5s-prova-ad-allungare-sguardo-064002.shtml?uuid=AExcYYB