giovedì 1 febbraio 2018

Nessuno ne parla

Il volto tecno-umanitarista di Cinque Stelle


All’inizio di gennaio Di Maio ha partecipato a un incontro organizzato da Cinque Stelle a Biella,    in occasione  della presentazione di una ricerca previsionale, uscita nell’ottobre 2017  ( per Marsilio), sull’evoluzione del lavoro nel prossimi dieci anni ( “Lavoro 2025”).
Indagine diretta da Domenico De Masi,  sociologo organico  ai pentastellati, su modello Delphi: semplificando al massimo,  si fa la media  delle opinioni espresse  dagli esperti nelle varie fasi di una discussione, svoltasi all’oscuro (nel senso che gli esperti, ignorano chi siano gli altri  e il committente). E poi si "scodella" il tutto nella solita ottica  dello scenario medio. Sempre meglio che lavorare... 
Difatti, in sé, la ricerca non dice nulla di nuovo (*): le solite banalità visionarie  su formazione e investimenti tecnologici, da Centrosinistra senza Renzi.  Se  il M5S  vi ha investito denari, come probabile,  - nulla però è trapelato  -  li ha sprecati.  Ma non è questo il punto.
Piuttosto interessanti i nomi di coloro che hanno partecipato alle discussioni: Leonardo Becchetti, Federico Butera, Nicola Cacace, Luca De Biase, Donata Francescato, Fabiano Longoni, Walter Passerini, Umberto Romagnoli, Riccardo Staglianò e Michele Tiraboschi:  economisti, giuristi, informatici, giornalisti, sociologi dell’organizzazione, psicologi,  perfino un prete-sociologo ( spesso la peggiore specie),  Longoni.
Sono le classiche "seconde file",  però  dotate di un' affilata  visione tecnocratica e umanitaristica della realtà.   Spieghiamo la differenza.
Il tecnocrate, non ha remore morali: la sua unica morale è fare bene il proprio lavoro, applicando regole tecniche il cui valore è ritenuto assoluto. Di qui la “crazia” della tecnica. Come si capisce, la tecnocrazia  diventa  pericolosa, quando impiegata, senza alcuna forma di controllo politico.  Classico caso di prevalenza dei mezzi sui fini. In questo senso il governo degli scienziati, “tecnici per eccellenza” (perché specialisti nelle proprie materie)  è assai pericoloso. 
Il tecno-umanitarista, invece ha remore morali. Di qui, la pretesa di umanizzare la tecnica, se non addirittura di "salvare" o "redimere l’umanità”,  puntando su di essa.  Si vuole mettere insieme tecnica e umanità, imbrogliando però i mezzi con i fini.  E dal momento che esistono molteplici  visioni “morali” dell’umanità, il rischio inevitabile è  di porre  la tecnica al servizio di un'ideologia particolare.  Sotto questo aspetto il governo  dei tecno-umanitaristi è ancora più pericoloso di quello dei tecnocrati puri.
In realtà, la politica, come realtà autonoma da qualsiasi morale ("tecnologica" o umanitaria ), non può non  consultare i tecnici, per poi però  riservarsi di decidere, proprio per evitare, dal momento che il concetto di umanità o è vuoto o è ideologico,  qualsiasi deriva, come si dice oggi, buonista.
Ecco, nel caso di Cinque Stelle, come testimonia l'incontro biellese (e altri che lo hanno preceduto o seguito)  siamo dinanzi  a una svolta  tecno-umanitarista . Le "banalità medie", di cui sopra,  sono poste al servizio della visione grillina dell'umanità.  Che, solo per dirne una, contrariamente  a quanto fin qui ha sostenuto il Movimento (il famigerato  “uno vale uno"),   impone invece l’ “uso”  di tecnocrati della peggiore specie,  animati da idee umanitarie. Cosa dire?  Vendetta postuma di Roberto Michels.
Nessuno, inoltre,  sembra essersi accorto della transizione dal catastrofismo di un  Casaleggio Padre al buonismo-ottimismo tecnologico di un De Masi & Co. Perché? 
Purtroppo,  l’ideologia -  perché di questo si tratta -  tecno-umanitarista    è largamente  condivisa  sia a destra che a sinistra. Le sue origini risalgono al positivismo ottocentesco , quello costruttivista  ("Conoscere per prevedere e provvedere"), un sapere ciò che è bene per l' "umanità" che ha contaminato il fascismo, il nazismo,  il comunismo, il welfarismo nei suoi  aspetti catto-socialisti e perfino certo liberalismo sociale macro-archico:  tutti animati  dal  sogno -   sempre  a rischio di trasformarsi in incubo  totalitario -  di gestire la vita  umana, dalla culla alla tomba.
E i Cinque Stelle ci riprovano.  Qual è  il motto dell’incontro biellese? “Prevedere per programmare”.  Un incubo.
Ma di questo in campagna elettorale non si parla, né pro né contro.

Carlo Gambescia

(*) Si veda il resoconto sul “Sole”. Tra parentesi, dai toni benevoli, perfino melliflui, che  provano il  riorientamento politico-editoriale di Confidustria  nei riguardi  del Movimento Cinque Stelle: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-01-17/lavoro-2025-m5s-prova-ad-allungare-sguardo-064002.shtml?uuid=AExcYYB