Il tiro a segno razzista per le vie di
Macerata
Si fa presto a dire folle…
Probabilmente
il compito più difficile per il sociologo è quello di
stabilire una relazione, certa, se non addirittura automatica, tra
credenze e comportamenti sociali.
Il che, per dirla francamente, è probabilmente impossibile. Tuttavia, gli
studi sociologici, in assenza di parole
definitive, hanno individuato la pericolosa "contiguità di clima" - semplificando
- tra parole e fatti. Anche gli studi storici parlano di quei fenomeni di massa, noti come “grande paura”, che precedono e segnano a intervalli
regolari, gravi conflitti sociali e politici, rivoluzioni,
e guerre civili.
La
paura, alimentata dalla diffusione di stereotipi nei riguardi dell' avversario, si diffonde, fino al punto che i comportamenti sociali possono incrudelirsi, trasformando l’avversario in nemico da distruggere. Quindi, per venire all’oggi, e in particolare
a quel che è accaduto a Macerata, i mezzi di comunicazione sociale, di
regola, dovrebbero fare da filtro, per
evitare che il clima sociale si appesantisca fino a trasformarsi
in alibi collettivo all’eliminazione violenta del presunto nemico.
Il
che in Italia non sta accadendo. Per scoprirlo, basta buttare un occhio sulle prime pagine
della stampa di destra dei giorni
scorsi, trasudanti razzismo nel trattare un fatto cronaca certamente grave - quello della diciottenne uccisa e mutilata, sembra, da uno spacciatore nigeriano - ma, in realtà, esito di comportamenti criminali, da manuale di sociologia della devianza, che con il colore della pelle non hanno nulla a che vedere.
Non
vogliamo però sostenere che i politici,
soprattutto di estrema destra come
Salvini, non abbiano precise responsabilità politiche e morali. Come è
innegabile che pre-assunti fascisti e nazisti, come quelli condivisi (così pare) dal giovane di
Macerata, facilitino certi
comportamenti.
Il
punto è che 1) infuocate dichiarazioni
politiche, 2) subcultura radicale, 3) prime
pagine di impianto razzista, costituiscono una miscela esplosiva che può condurre una persona, con 4) probabili frustrazioni esistenziali, a salire in
automobile, armato di pistola, per usarla contro coloro che ideologia e
propaganda dipingono come invasori.
Il
fatto che il giovane, dopo aver sparato a sei persone, per fortuna ferendole, si sia avvolto nel
tricolore, indica fino a che punto, anche in termini di persuasione e percezione collettiva, nella propaganda mediatica e politica di
destra, patriottismo e razzismo siano
rappresentati e percepiti come un blocco unico. Si tratta dello stilema, portato alle estreme
conseguenze dal nazionalsocialismo, della
“patria” come serbatoio della razza.
Tutto
ciò, a prescindere dai contenuti reali
della questione immigrazione. Insomma, delle valutazioni squisitamente tecniche su come
affrontarla. Qui siamo ben oltre: parliamo
di un fenomeno - l’immigrazione clandestina o meno - che ha finito per assumere nell’immaginario, per ora di destra, un significato
leggendario da “grande paura”.
E
questi sono i primi frutti. Velenosi.
Carlo Gambescia