domenica 4 febbraio 2018

Il tiro a segno razzista per le vie di Macerata
Si fa presto a dire folle…



Probabilmente il  compito  più difficile per il sociologo è quello di stabilire una relazione, certa,  se non addirittura automatica,  tra   credenze e comportamenti sociali.
Il che, per dirla francamente, è probabilmente impossibile.  Tuttavia,  gli studi sociologici,  in assenza di parole definitive,  hanno individuato  la pericolosa "contiguità di clima"  - semplificando -  tra parole e fatti. Anche gli studi  storici parlano di  quei fenomeni di massa, noti come  “grande paura”,  che precedono e segnano a intervalli regolari, gravi conflitti sociali e politici,  rivoluzioni,   e guerre civili. 
La paura, alimentata dalla diffusione di stereotipi nei riguardi dell' avversario, si diffonde, fino al punto che  i comportamenti sociali possono incrudelirsi,  trasformando l’avversario in nemico da distruggere.   Quindi, per venire all’oggi, e in particolare a quel che è accaduto a Macerata,  i mezzi di comunicazione sociale, di regola,  dovrebbero fare da filtro, per evitare che il clima sociale si  appesantisca fino a  trasformarsi  in alibi collettivo all’eliminazione  violenta  del presunto nemico.
Il che in Italia  non  sta accadendo. Per scoprirlo, basta buttare un occhio sulle prime pagine della stampa di destra  dei giorni scorsi, trasudanti  razzismo nel trattare un fatto cronaca certamente grave - quello della diciottenne  uccisa e mutilata, sembra,  da uno spacciatore nigeriano -  ma,  in realtà,  esito di comportamenti criminali,  da manuale di sociologia della devianza, che con il colore della pelle non hanno  nulla a che vedere.
Non vogliamo però sostenere che  i politici, soprattutto di estrema  destra come Salvini, non abbiano precise responsabilità politiche e morali. Come è innegabile che pre-assunti fascisti e nazisti, come quelli condivisi (così pare) dal giovane di Macerata,  facilitino certi comportamenti.                
Il punto è che 1) infuocate dichiarazioni politiche, 2) subcultura radicale, 3) prime pagine di impianto razzista,  costituiscono una miscela esplosiva  che può condurre una persona, con  4) probabili  frustrazioni  esistenziali,   a salire in automobile, armato di pistola,  per  usarla contro coloro che ideologia e propaganda dipingono come invasori.
Il fatto che il giovane, dopo aver sparato a sei persone, per fortuna  ferendole,  si sia avvolto nel tricolore, indica fino a che punto, anche in termini di persuasione e percezione collettiva,  nella propaganda mediatica e politica di destra,  patriottismo e razzismo siano rappresentati e percepiti come  un blocco unico. Si tratta dello stilema,  portato alle estreme conseguenze dal nazionalsocialismo, della  “patria” come serbatoio della razza. 
Tutto ciò,  a prescindere dai contenuti reali della questione immigrazione. Insomma, delle valutazioni squisitamente tecniche su come affrontarla. Qui siamo ben oltre: parliamo di  un fenomeno -  l’immigrazione clandestina o meno  -   che  ha finito per assumere nell’immaginario, per ora di destra, un significato leggendario da “grande paura”.  
E questi sono i primi frutti. Velenosi.

Carlo Gambescia