mercoledì 14 febbraio 2018

Mancati bonifici  
Cinquestelle si è incartato



L’amico Carlo Pompei,  pubblicista di grande valore,  vittima designata di  quel  miserabile buco del giornalismo postfascista (dove si  mendicano  stipendi e "stipendiucci", con la stessa acribia che Jünger schierava nel classificare gli insetti ), ieri ha ottimamente indagato il  “caso” dei “bonifici mancati” che ha investito Cinque Stelle come un transatlantico felliniano (1). Quindi, non abbiamo nulla da aggiungere.  Sul piano “tecnico” il commento di Carlo è perfetto.
Un considerazione sociologica -   tanto per cambiare -  non possiamo però non avanzarla.  
Come si legge  in  quel   libro-gioiello  del  giornalismo politico di una  destra, magari con il rimpianto del Duce, ma colta e intelligente che non esiste più, superbamente  incarnata da Gianfranco Finaldi: “I deputati e senatori del Pci si tassano (con involontario entusiasmo) versando al Partito una discreta percentuale del loro stipendio. Lo stesso fanno i giornalisti de “l’Unità” e i funzionari” (2).
Anno di grazia  1974. Parliamo  della Prima Repubblica, ingloriosamente andata a fondo, nel  1992-1994, sotto i colpi, non sempre leali,  dei magistrati più onesti della storia d’Italia dalla caduta dell'Impero Romano d'Occidente.  
Dove  vogliamo  andare a parare?  Che negli anni Settanta  nessuno  si  sognò di  investigare, neppure per un attimo,  se il quaranta per cento dello stipendio (perché questa era la percentuale) veniva regolarmente versato dai senatori e deputati comunisti. Perché?
Uno, perché erano comunisti, quindi blindati per professione (anche di fede),  Due, perché la lotta politica, si conduceva su altri fronti, qualcuno le chiamava idee.  Tre,  perché c’era un tacito  patto di non aggressione, tra democristiani e comunisti,  sulla forma partito. Certo,  non era il massimo, ma impediva che la politica si trasformasse in una ridicola, terrificante, moralistica  caccia alle streghe.
Dopo Tangentopoli invece è cambiato tutto. Il giustizialismo è diventato una risorsa politica, anzi "la" risorsa politica. Sicché,  niente patti, niente idee, niente di niente.  Solo larghe  nuotate nei cassonetti della spazzatura dei partiti. Ovviamente sotto i riflettori dei mass media. E di quel giornalismo scandalistico tipo Iene, prontissimo a gettare palate di merda (pardon) su tutto e tutti,  pur di  sfondare il tetto degli ascolti. 
Risultato? Facile.  “So' tutti uguali, Signora mia”.  Ora,  non vorremmo spezzare una lancia a favore di Cinque Stelle, movimento politico che detestiamo, ma il fatto che alcuni “portavoce” non abbiano versato (con  “l’involontario entusiasmo” dei comunisti di una volta) parte del loro stipendio è questione di diritto  privato, civile,  come quando un condomino è indietro con le quote.  Quisquilie, direbbe Totò.  E invece no.  Gli stessi pentastellati, non potendo fare marcia indietro sullo sbandierato modello politico-ideale  “conti della serva”,  si sono inevitabilmente  incartati.   E così i Social  si sono ritrovati  ad ammirare la foto  che ritrae  Di Maio, in compagnia di un maresciallo dei carabinieri e di un appuntato delle Iene,  tutti compunti,  come Mussolini e generali  piegati sulle carte del fronte greco. Per  verificare  che cosa?  Gli estratti conto bancari.  Capito?  Roba da assemblea condominiale...
Per citare  la bellissima canzone di Van de Sfroos: “Sandokan  ha imparato a pilotare le infradito”. Diciamo che ognuno ha il Duce che si merita. O meglio il  Sandokan…

Carlo Gambescia              

(2) Gianfranco Finaldi e Massimo Tosti, Guida ai misteri e piaceri della politica, Sugarco Edizioni, Milano 1974, p. 219.