Mancati bonifici
Cinquestelle si è incartato
Cinquestelle si è incartato
L’amico
Carlo Pompei, pubblicista di grande valore, vittima designata di quel
miserabile buco del giornalismo postfascista (dove si mendicano stipendi e "stipendiucci", con la stessa acribia che Jünger schierava nel classificare gli insetti ), ieri ha ottimamente indagato
il “caso” dei “bonifici mancati” che ha
investito Cinque Stelle come un transatlantico felliniano (1). Quindi, non abbiamo nulla da aggiungere. Sul piano
“tecnico” il commento di Carlo è perfetto.
Un
considerazione sociologica - tanto per cambiare - non possiamo però non avanzarla.
Come si legge in quel libro-gioiello del giornalismo politico di
una destra, magari con il rimpianto del Duce, ma colta e intelligente che non esiste più, superbamente
incarnata da Gianfranco Finaldi: “I deputati e senatori del Pci si
tassano (con involontario entusiasmo) versando al Partito una discreta
percentuale del loro stipendio. Lo stesso fanno i giornalisti de “l’Unità” e i
funzionari” (2).
Anno
di grazia 1974. Parliamo della Prima Repubblica,
ingloriosamente andata a fondo, nel
1992-1994, sotto i colpi, non sempre leali, dei magistrati più onesti della storia
d’Italia dalla caduta dell'Impero Romano d'Occidente.
Dove vogliamo andare a parare? Che negli anni Settanta nessuno
si sognò di investigare, neppure per un attimo, se
il quaranta per cento dello stipendio (perché questa era la percentuale) veniva
regolarmente versato dai senatori e deputati comunisti. Perché?
Uno,
perché erano comunisti, quindi blindati per professione (anche di fede), Due, perché la lotta politica, si
conduceva su altri fronti, qualcuno le chiamava idee. Tre, perché c’era un tacito patto di non aggressione, tra
democristiani e comunisti, sulla forma partito. Certo, non era il massimo, ma impediva
che la politica si trasformasse in una ridicola, terrificante, moralistica caccia alle streghe.
Dopo
Tangentopoli invece è cambiato tutto. Il giustizialismo è diventato una risorsa
politica, anzi "la" risorsa politica. Sicché, niente patti, niente idee, niente di niente. Solo larghe nuotate nei cassonetti della spazzatura dei
partiti. Ovviamente sotto i riflettori dei mass media. E di quel giornalismo
scandalistico tipo Iene, prontissimo a gettare palate di merda (pardon) su tutto e tutti, pur di sfondare il tetto degli ascolti.
Risultato?
Facile. “So' tutti uguali, Signora mia”. Ora, non vorremmo spezzare una lancia a favore di Cinque Stelle, movimento politico che
detestiamo, ma il fatto che alcuni “portavoce” non abbiano versato (con “l’involontario entusiasmo” dei comunisti di
una volta) parte del loro stipendio è questione di diritto privato, civile, come quando un condomino è indietro
con le quote. Quisquilie, direbbe Totò. E invece
no. Gli stessi pentastellati, non
potendo fare marcia indietro sullo sbandierato modello politico-ideale “conti della serva”, si sono inevitabilmente incartati. E così i Social si sono ritrovati ad ammirare la foto che
ritrae Di Maio, in compagnia di un maresciallo dei carabinieri e di un
appuntato delle Iene, tutti compunti, come
Mussolini e generali piegati sulle carte del fronte greco. Per verificare che cosa? Gli estratti conto bancari. Capito? Roba da assemblea condominiale...
Per citare la bellissima canzone di Van de Sfroos: “Sandokan ha imparato a pilotare le infradito”. Diciamo che ognuno ha il Duce che si merita. O meglio il Sandokan…
Per citare la bellissima canzone di Van de Sfroos: “Sandokan ha imparato a pilotare le infradito”. Diciamo che ognuno ha il Duce che si merita. O meglio il Sandokan…
Carlo Gambescia