Donald Trump,
Charles Wright Mills e la tesi del complesso militare-industriale
Rieccolo!
Ogni
volta che forti venti di guerra oltreoceanici rischiano di spazzare via il mondo, salta fuori, come quei
pupazzetti a molla delle scatole a
sorpresa di un volta, la tesi del complesso
militare-industriale statunitense coniata da Charles Wright Mills negli
anni Cinquanta, dando alle stampe un libro forse fin troppo celebrato, The Power Elite (1956), soprattutto da
noi in Italia (1).
Quel
saggio è una fotografia, neppure
perfetta, degli Stati Uniti negli anni
Cinquanta, non un docu-film definitivo sulla società americana. Purtroppo, ogni testo ha i lettori che si merita,
ed evidentemente quelli di Mills,
sociologo, per alcuni libertario, per altri filocomunista, continuano, come quei serpenti, il cui corpo, dopo che viene mozzata la testa, continua a muoversi: un' immagine tosta, che sarebbe piaciuta a Mills, nato a Waco (Texas), luogo oggi tristemente famoso e apprezzatissimo dai complottisti di tutto il mondo. Ma questa è un'altra storia.
Insomma, per tornare a Mills, siamo davanti a una specie di pistolero della sociologia, anche per i modi ombrosi e l’aspetto fisico, corpulento. Un John Wayne al contrario. Che lesse Marx e Lenin (elettrificandoli con Weber e Mannheim). Almeno come continuano a vederlo (con simpatia) gli anti-americani (sociologi o meno) di tutto il mondo (2).
Insomma, per tornare a Mills, siamo davanti a una specie di pistolero della sociologia, anche per i modi ombrosi e l’aspetto fisico, corpulento. Un John Wayne al contrario. Che lesse Marx e Lenin (elettrificandoli con Weber e Mannheim). Almeno come continuano a vederlo (con simpatia) gli anti-americani (sociologi o meno) di tutto il mondo (2).
Che vogliamo dire? Ammesso e non
concesso, che le tesi di Mills cogliessero allora nel segno, tratteggiando il ritratto di un’America,
armatissima, perché reduce da due guerre mondiali e in piena Guerra Fredda,
dove militari e industria pesante, non potevamo non giocare un ruolo decisionale significativo, il suo quadro, come del resto gli venne fatto
notare, era statico, perché non teneva conto, oltre che del fenomeno più
generale della circolazione delle élite, dell' importantissima dinamica burocrazia-potere politico.
Insomma,
tirare fuori, come il pupazzetto di cui sopra,
a proposito dell’interventismo
(così pare) di Trump, la tesi del complesso militare-industriale, che continuerebbe a
decidere tutto, ignora una questione più sottile. Quale? Si omette di analizzare, il rapporto tra burocrazia militare (reiterativa) e potere politico, soprattutto decisionale (creativo). Nel caso di
Trump, parleremmo di cedimento politico, quindi decisionale, agli automatismi impliciti nell'interazione militare. Di qui, la
sua incapacità, per ora, di qualsiasi innovazione politica. E anche tutti i pericoli di una conduzione acefala (politicamente acefala) della politica estera americana. Cosa vogliamo
dire? Che esistono le strutture (il
"complesso" eccetera), ma esistono anche le funzioni, quindi gli
automatismi indotti, le pratiche iterative... I famigerati "protocolli" (in senso contenutistico)
del Pentagono. C’è una statica e una dinamica nei fenomeni sociali. mai dimenticarlo.
Infatti, per tornare Mills, nel suo libro si
insiste, non tanto su questi aspetti di contrasto, tra burocrazia e decisione
politica, ma su quelli tra burocrazia militare e burocrazia civile, attribuendo a
quest’ultima, un ruolo di controllo che essa avrebbe dovuto svolgere, al quale invece, per ragioni storiche, sempre secondo Mills, non poteva
adempiere Insomma, per Mills, come per i suoi epigoni
politici, sparsi nel mondo, il Presidente degli Stati Uniti era ed è un
burattino nelle mani del complesso militare-industriale. Secondo Mills, alla fin fine, il conflitto non era (ed è) neppure tra complesso militare-industriale e Presidente, bensì tra due burocrazie: una sempre vincente (militare), l' altra (civile) sempre perdente (3).
Diciamo che la sociologia di Wright ignora
l’indipendenza, o comunque gli ampi margini di autonomia, della decisione
politica. E, soprattutto, la sua natura creativa. Il solo fatto che Trump deleghi, significa che può o meno delegare qualcosa di suo, che gli
appartiene: il potere presidenziale, che viene prima di ogni burocrazia civile e militare. Potere esercitato dai presidenti post- eisenhoweriani, secondo modalità assai differenti e non da burattini del mitico
potere militare-industriale, come invece preconizzava la sociologia statica di Mills (4).
Insomma, il pericolo è negli automatismi della burocrazia militare o meglio ancora della burocrazia in quanto tale: nella funzione non nella struttura, ammesso che la struttura, anzi il "complesso" esista ancora. O addirittura, sia mai esistito (5).
Insomma, il pericolo è negli automatismi della burocrazia militare o meglio ancora della burocrazia in quanto tale: nella funzione non nella struttura, ammesso che la struttura, anzi il "complesso" esista ancora. O addirittura, sia mai esistito (5).
Carlo Gambescia
(1) Traduzione italiana: C. Wright Mills, La élite del potere, Feltrinelli 1959.
(2) Qui un mio profilo: http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.it/2006/05/profili27-charles-wright-mills-charles.html .
(3) Per una buona rassegna delle critiche alle tesi di Mills si veda I.L. Horowitz, C. Wright Mills. An American Utopian, The Free Press 1984, pp. 272-281. Per un' interpretazione alternativa, o comunque critica, si veda, per le pagine dedicate al saggio di Mills, T. Parsons, La distribuzione del potere nella società americana, in Id., Sistema politico e struttura sociale, Giuffrè 1975, pp. 241-262.
(4)
M. Del Pero, Libertà e impero. Gli Stati
Uniti e il mondo 1776-2006, Editori Laterza, 2006, Parte Terza.