venerdì 21 aprile 2017

Micro-terrorismo agli Champs-Élysées
 Two è sempre meglio  che  three



“Non finisce mai”.  Ecco la reazione  di  Trump,  in compagnia di Gentiloni,  all'arrivo di  cattive nuove  da Parigi (*).  Purtroppo, il rischio c’è.  Ed è quello del micro-terrorismo, difficile da controllare ed evitare: piccoli nuclei, armati sommariamente,  lupi solitari alla guida di grossi autoveicoli, individui che brandiscono  coltellacci.  Ieri sera, sembra che agli Champs-Élysées i terroristi fossero due. 
L’Italia finora, a differenza della Francia e di altri paesi,  non ha ancora subito attacchi  micro o macro.  Il che però non significa che sia fuori pericolo.  Purtroppo, sembra,  che a prescindere dalla distruzione politica e militare dell' Isis,  si vada delineando  anche in Europa, lo scenario israeliano dello stato d’assedio permanente ( o quasi). Detto altrimenti:  del vivere, fin nel quotidiano, il più minuto,  la devastante esperienza dell’ improvviso  micro-attacco terroristico.
Esiste  una soluzione?  Sociologicamente  - non è un gran scoperta -  la paura porta paura e ispira le politiche dell’angoscia, ossia quel pretendere di  combattere con mezzi  limitati, soprattutto in una società libera,  qualcosa che cresce in misura illimitata come la paura diffusa, esito  di una crescente  angoscia collettiva, forzosamente basata sullo stereotipo del nemico occulto, pronto a essere trasformato  in capro espiatorio collettivo.  E non c’è nulla di peggio di una politica che si proponga di  assecondare, come nel caso dei movimenti populisti e xenofobi,  le paure collettive.  
Come è altrettanto pericoloso, sul piano politico, far finta di nulla e ridurre il micro e il macro terrorismo a questione psichiatrica e criminale, a puro problema di ordine pubblico, atteggiamento  che in qualche misura, rappresenta la versione  fisiologica, normalizzata, a sinistra,  della politica della paura, patologica, praticata, a destra, dai movimenti populisti.
Come si può capire si tratta di un problema di non facile soluzione,  perché sono in conflitto, sotto l’aspetto organizzativo, due logiche: a) quella della repressione, che nelle società liberali, incontra limiti, che però  a breve può funzionare, accettando di vivere,  come dire “all’israeliana", in attesa che la tormenta prima o poi passi da sola (cosa molto difficile); b) quella della secolarizzazione, nel senso di un laicizzazione culturale, che però presuppone un’integrazione economica e sociale riuscita, dell’Islam europeo: un  processo di socializzazione dai tempi più lunghi, e che  può anche non funzionare.  
Questa discrasia tra tempi repressivi (brevi) e tempi secolarizzanti (lunghi), rischia di complicarsi ancora di più  nell’ assenza di un freno ai processi migratori, la cui temporalità è più che breve, diremmo brevissima, verso l’Europa: politiche dell'accoglienza indiscriminata, da alcune parti politiche addirittura incoraggiate, senza alcuna considerazione, tra l’altro, delle inevitabili  e pericolose reazioni xenofobe, sul piano collettivo. Ci spieghiamo meglio: il  tentativo  di far coincidere temporalmente tre variabili  dai tempi differenti - della repressione (brevi), della secolarizzazione (lunghi) e dell’ accoglienza (brevissimi) -   rischia di provocare un corto circuito politico e sociale dalle proporzioni gigantesche e favorire l'ascesa  vittoriosa  dei movimenti populisti e xenofobi.       
Occorre perciò fare un scelta. E qui torniamo a Trump, alla sua  impazienza,  e soprattutto all’ingenuo (?) tentativo di Gentiloni di “scaricare” sugli Stati Uniti la questione libica,  respinto dal presidente americano (come del resto in precedenza da Obama). La questione  libica imporrebbe invece - la scelta cui abbiamo accennato - un impegno militare italiano ed europeo per riportare l’ordine e monitorare, sulla base delle tempistiche ricordate,  i flussi migratori verso l’ Italia e l’Europa.  E quindi, isolare la variabile dei tempi brevissimi (dell’accoglienza).  
Ovviamente rimarrebbe il coordinamento  delle due variabili dei tempi brevi (della repressione) e dei tempi lunghi (della secolarizzazione). Impresa non facile,  ma sicuramente più gestibile (più secolarizzazione meno repressione)  se non sottoposta  (soprattutto il fattore  secolarizzazione) a una crescente pressione immigratoria.  
In fondo, se ci si perdona la caduta di stile,  two è sempre meglio che three...  
Carlo Gambescia