Sociologia di Diego Fusaro
Ieri
sera, dopo aver indossato le vesti poco curiali del frequentatore di Facebook, per colloquiare
con i moderni (dei Social), ho inserito un post, tra il serio e il
faceto. Questo:
Dopo
di che, come si dice, mi sono voluto levare una curiosità: quanti file hanno su Google Fusaro
e Jünger? E così ho scoperto che tra i due
ci sono circa 50 mila file differenza in favore del secondo: Fusaro ne
ha 395 mila (1), Jünger
450 mila (2).
Ciò
significa che Fusaro è un pensatore
del calibro di Jünger? Certo che no! Però la differenza, piuttosto ridotta, rivela l'esistenza di ben altro: un dominante clima di sistematico livellamento dei valori culturali. Di chi è la colpa? Della cultura di massa? In parte sì. Storia vecchia, inutile negarlo: è la democrazia culturale, bellezza... Più si amplia il pubblico, più il messaggio deve essere semplice. Tuttavia, Internet e le pratiche Social hanno addirittura prodotto i cori da stadio, andando ben oltre le previsioni di McLuhan, il quale, benché si occupasse di media tradizionali non era poi così pessimista. O comunque, mai così ottimista come il Domenico De Masi in versione grillina, più futurista "che pria", che sta alla sociologia come Luciano De Crescenzo sta alla filosofia... Ma questa è un'altra storia.
Per fortuna, tornando sul discorso dei file, Marx
e Croce ne hanno milioni (3): quindi continuano ad essere seguiti e letti, anche in Rete. Però sconcerta che Jünger e Fusaro abbiano più o meno lo stesso numero di file: dal un lato, un Ribelle vero che si è gettato nell'infernale fornace totalitaria , e ne uscito vivo, o quasi, conseguendo risultati letterari pubblicamente apprezzati da
tutti; dall'altro, un ribelle in erba, cresciuto davanti ai Puffi, che scrive sempre lo stesso libro e che al massimo avrà preso qualche
contravvenzione.
Miracoli
dei Social? Sì e no. Per capire, bisogna fare un passo indietro. Quanti file ha Pier Paolo Pasolini, il ribelle
per antonomasia della cultura politica italiana? Circa 450 mila (4). Anche
qui, un secondo caso Jünger-Fusaro? Di sicuro, Pasolini, in particolare l’ultimo, diceva le stesse cose di
Fusaro. Magari in bello stile. Però - attenzione - le diceva a cinquant’anni. E a poco più di trenta aveva scritto due
capolavori come Ragazzi di Vita e Una vita
violenta, oltre a dar prova di essere, come si dice, sensibile
poeta.
Ciò che è interessante, dal punto di vista sociologico, è che la
“carriera” del “ribelle” Pasolini è più lenta di quella del "ribelle" Fusaro. Pasolini,
negli anni Cinquanta, esistenzialmente, si arrangiava: la fama arrivò dopo, lentamente, con il cinema, e solo con un certo cinema ( Il Decameron, I Racconti di
Canterbury, eccetera), che in qualche misura, anticipava, per un usare un
termine spagnolo, il landismo italiano degli anni Settanta (le commedie scollacciate, anche in costume).
Cosa vogliano dire? Che Internet e i Social, rispetto a un mezzo di comunicazione sociale come il cinema, hanno accorciato i tempi - massacrando la qualità - della canonica fase di transizione dell' "intellettuale di successo": dall’oscurità alla fama. Questo dal punto di vista tecnico. Poi, ovviamente, ci sono le doti personali ( talvolta carnivore): il saper cogliere l’attimo e la capacità di intrattenere le
relazioni giuste. Per dirla, più dottamente, con Bourdieu, occorre saper investire e accumulare le quantità necessarie di capitale culturale e relazionale ( non una di meno, non una di più), per farsi largo nella vita sociale ed accademica.
Ma, nel caso di Fusaro c’è anche un altro fenomeno sociologico che va ad aggiungersi all’anticapitalismo culturale, di principio, tipico di certa cultura italiana di
destra e sinistra e rilevabile anche in Pasolini e Fusaro. Che cosa? Il “gentismo”, la rivoluzione anni Novanta (che ancora persiste) della piazze televisive (non dei salotti, attenzione): piazze che gridano al Crucifige e che ai tempi di Pasolini non esistevano.
Si
potrebbe dire che Fusaro è un misto di pasolinismo e di gentismo, come del
resto provano le sue apparizioni televisive. Un mix di complottismo e populismo che dal punto di vista comunicativo funziona molto bene. Ma
anche, per ricaduta, sotto l'aspetto editoriale: dal
momento che il libro illeggibile viene comprato, semplicemente, perché contro, come impone la logica amico-nemico dei Social. Leggerlo o meno, è questione collaterale. Qui siamo oltre la cultura di massa. I tifosi digitali ( e non), ormai, i libri se li tirano in faccia, come proiettili. E gli editori lo sanno.
Insomma, Fusaro dice cose già dette e per giunta male. Non ha qualità letterarie: non è il Pasolini dei nostri
giorni, per non parlare del grande Jünger. Però ha iniziato a scrivere su "La Stampa ”.
Come
concludere? Che ogni epoca ha i ribelli che si merita.
Carlo Gambescia
P.S.
L’autore dell'articolo ha su Google 11 mila e seicento file: https://www.google.it/webhp?sourceid=chrome-instant&ion=1&espv=2&ie=UTF-8#q=carlo+gambescia .
Evidentemente
quelli che si merita…
(1) Diego
Fusaro, senza virgolette, Circa 395.000 risultati (0,52 secondi)
(2) Ernst Jünger , senza virgolette, circa 450.000 risultati (0,49 secondi)
(3) Karl Marx,
senza virgolette, circa 39.500.000 risultati (0,46
secondi
https://www.google.it/webhp?source=search_app&gws_rd=cr#q=karl+marx ; Benedetto Croce, senza virgolette,
Circa 11.400.000
risultati (0,53 secondi https://www.google.it/webhp?source=search_app&gws_rd=cr#q=benedetto+croce
(4) Pier Paolo
Pasolini, senza virgolette, circa
446.000 risultati (0,54 secondi)