martedì 4 aprile 2017

La crisi della democrazia italiana
Bisogna saper perdere



La democrazia liberale impone una regola fondamentale, non politica ma psicologica, che  si trasforma in morale, o meglio  in regola di comportamento, anche politico.  Però si tratta, ripetiamo di una regola pre-politica. Quale?  L’accettazione della sconfitta. Per dirla con una celebre canzone di Lucio Dalla: "Bisogna saper perdere, non sempre si può vincere".
Insomma, la democrazia liberale, rappresentativa, quindi parlamentare, si regge e fortifica sul principio dell’alternanza. Ergo,  dove c’è alternanza al governo c’è democrazia.  Parliamo di una  tesi largamente comprovata dalla letteratura politologica.  Ora, il principio dell’alternanza, si regge sui voti ricevuti, che decretano vincitori e sconfitti, e soprattutto la possibilità futura per il vincitore di provare  la sua capacità di governo, e per il perdente di fare opposizione,  in Parlamento si intende,  e di prepararsi a "vincere" le successive elezioni,  se riuscirà a  "convincere"  i cittadini circa la "bontà" dei suoi programmi politici.
Pertanto quel che non si deve mai fare  è delegittimare moralmente il vincitore ( e viceversa il perdente).  Insomma,  non va mai creato, un clima di sospetto morale, venato magari di complottismo, clima  che rischia  di favorire la  delegittimazione  reciproca: va assolutamente evitato di tirarsi le famigerate  “palle di fango” (se non di peggio),  triste  spettacolo, sovente mediatico,  con i politici in prima fila, pronti a sbranarsi. E che agli occhi degli elettori si trasforma regolarmente  nel  “sono tutti uguali”, "tutti ladri" e, quel che è peggio,  in una  pericolosa ondata di  disprezzo verso le istituzioni parlamentari.  Pensiamo alla classica  tendenza antipolitica, chiaramente a sfondo  demagogico,  che prepara il terreno alla facile  ascesa del  tiranno di turno. O addirittura a  qualcosa di peggio: la critica dei partiti e delle istituzioni rappresentative  favorì la vittoria dei totalitarismi  nazionalsocialista, comunista e della  dittatura fascista. Bisogna aggiungere altro?     
In Italia,  il superamento di  questa soglia, pericolosissima,  rinvia all’avvento della cosiddetta Seconda Repubblica. Si tratta di una dinamica sociologica, fin troppo  semplice e lineare:  i giudici delegittimarono i partiti moderati; Berlusconi, da nuovo leader dei moderati delegittimò i partiti progressisti  e  i giudici; i giudici e i partiti di sinistra delegittimarono Berlusconi.  E ora, Grillo, con lo stesso linguaggio di Hitler, Mussolini, Lenin,   si prepara, delegittimando moderati e progressisti,  a raccogliere i frutti di quasi venticinque anni di fango  gettati a piene mani sulla democrazia dell’alternanza, dagli stessi partiti, moderati e progressisti, che avrebbero dovuto difenderla, invece di arroventare, insieme a certi magistrati,  le antipolitiche piazze televisive.
Si pensi solo,  alle fantasiose accuse di fascismo, comunismo, golpismo, eccetera, che si sono rivolte per anni, mettendo in dubbio  la rispettiva  legittimità a governare l’Italia,   un Berlusconi e un Prodi,  un Bossi e un D’Alema.  E così via fino al sabotaggio   - attenzione,  dopo anni di discussioni mediatico-populiste sui costi della politica -  dell’unico tentativo di tagliarli, rappresentato dalla riforma costituzionale di Renzi. Evocata e ridipinta  dagli avversari  come  un complotto  fascista o comunista...  
Un vergognoso  gioco politico al rialzo,  frutto avvelenato dell’ incapacità di saper perdere -  il sale della democrazia rappresentativa -   che continua nonostante tutto  e che rischia di consegnare l’Italia a un movimento politico, come Cinque Stelle,  che, per quando diluiti, possiede invece i caratteri,  se si vuole addirittura il Dna,  del fascismo e del comunismo messi insieme.  E che se agguantasse il potere distruggerebbe la democrazia rappresentativa e ogni tipo di alternanza politica. Inutile qui  ricordare l'assenza di qualsiasi forma di democrazia all'interno del movimento pentastellato. 
Insomma, la farsa, degli ultimi venticinque anni di politica,  rischia di trasformarsi in tragedia a cinque stelle.  E solo perché i Berlusconi, i Prodi, i D’Alema, i Bossi, e altri protagonisti minori, hanno mostrato di non saper perdere. 

Carlo Gambescia