mercoledì 5 aprile 2017

La scomparsa di un Maestro
Il realismo democratico di Giovanni Sartori



Con Giovanni Sartori (1924-2017), scompare uno scienziato politico puro, dalla levatura di un  Pareto, un Mosca, un Michels, pensatori da lui smontati e rimontati più volte, senza alcuna remora o sudditanza. Magnifico. 
Per fare il nome di un altro italiano della secondà metà del Novecento,  conosciuto  e apprezzato internazionalmente, si può citare Norberto  Bobbio, più filosofo delle politica però, realista, in qualche misura come Sartori, ma molto più sensibile del professore fiorentino  al richiamo dell’umanitarismo.  Ce ne sarebbe un terzo, di italiano, notissimo all’estero, anche lui scomparso, Umberto Eco. Ma il semiologo, per alcuni tuttologo,   apparteneva  al mondo delle mode culturali e non della severa scienza politica o addirittura, come si  sostiene,  della scienza tout court.
Intorno a Sartori, bon vivant,  circolavano aneddoti incoraggiati da lui stesso  e dal suo gusto, tutto fiorentino, per l’epiteto e lo stile icastico, essenziale perfino nella fraseologia.  Oltre che eccellente studioso, grandissimo editorialista che non gratificava, spesso con furia sistematica, i suoi interlocutori politici.  In particolare, da ultimo, Sartori  si divertiva a  fustigare i finti liberali come Berlusconi, per i quali, da elegante studioso del liberalismo italiano e  anglo-americano, aveva antenne sensibilissime. Insomma riconosceva i magliari della politica a distanza... E andava giù di taglio con la sciabola.
Autore di libri sulla democrazia, sull’ingegneria costituzionale, sulla teoria e il metodo nelle scienze sociali, volumi  imprescindibili, alcuni pubblicati direttamente in inglese e tradotti in più lingue. Per un ottimo quadro bio-bibliografico  si veda La scienza politica di Giovanni Sartori, a cura di Gianfranco Pasquino (il Mulino 2005). Di notevole aiuto una visita al suo sito (http://www.giovannisartori.it/ ).
Di Sartori desideriamo ricordare la  difesa del realismo cognitivo  e le considerazioni  sui pericoli del semplicismo politico. 
Realismo cognitivo: 

«Dunque non c’è nessuna contraddizione tra una visione realistica e una fede democratica, per la buona ragione  che il "realismo" sta, indifferentemente, per tutte le parti nec cubat in ulla. Vi può essere  un realismo democratico, esattamente come c’è un realismo non democratico. Ne consegue che difendere la democrazia scomunicando il realismo è difenderla male,e  anzi danneggiare la democrazia. Perché regalare il realismo ai nemici? Perché non impadronirsene sotto la specie di realismo democratico? Il realismo che è davvero tale è un puro e semplice realismo cognitivo. Se è così, accertare il fatto è indispensabile anche per il democratico» ( Democrazia Cosa è, Rizzoli 2007, p. 38, corsivi nel testo).

Semplicismo politico:

«Mentre le soluzioni semplicistiche escogitate dalla “immaginazione al potere” si sono dissolte da sole, al loro eredità si perpetua tra noi sotto forma di un negativismo semplicistico. C’è sempre tanto di sbagliato nel mondo che non si sbaglia mai nello scegliere la via del “criticismo”. Sia. Ma è il criticismo un fine in se stesso? Per i negativisti, sì. Il negativista non si chiede mai: qual è lo scopo? Dove mi porta o approda la mia critica? E nemmeno si chiede quali sono le alternative? Il sospetto che le alternative potrebbero essere peggiori,o del tutto inesistenti, raramente attraversa la sue mente. Il risultato del “semplicismo” - la combinazione di democrazia infantile e di crudo negativismo - è che il vecchio macchinario della politica riceve continue mazzate, ma nessun serio consiglio su come ripararlo o cambiarlo in meglio. In effetti, più lo scassiamo e meno siamo capaci  di aggiustarlo (…)  Così per molti decenni abbiamo pressoché dimenticato che alla fine la democrazia è, e non può non essere, un sistema di governo. E dal trascurare la funzione del governare si ottiene soltanto di peggiorarne il funzionamento» (Ingegneria costituzionale comparata, il Mulino 2013, p. 158, corsivi nel testo).

E così il cerchio teorico sartoriano di chiude.  Ci spieghiamo meglio.  
Il realismo cognitivo si fa, e non può non farsi, realismo democratico, quale  rifiuto  dell’utopistica democrazia diretta. E in nome di che cosa?  Di un' analisi - il momento cognitivo -   volta a "registrare",  per migliorarli,  i meccanismi della democrazia indiretta - il momento democratico: l'unico possibile, costituito dalla democrazia rappresentativa.  Il realismo democratico, insomma, non vagheggia la democrazia astratta e utopistica, ma studia  istituzioni e procedure di una democrazia esistente e funzionante, piaccia o meno, sotto i nostri occhi.   
Ecco  il "succo" del realismo democratico, il grande lascito di Giovanni Sartori: perché  trascurare ciò che è  per ciò non potrà mai essere?  

Carlo Gambescia