La scomparsa di un Maestro
Il realismo democratico di Giovanni Sartori
Con
Giovanni Sartori (1924-2017), scompare uno scienziato politico puro, dalla levatura di un Pareto, un Mosca, un Michels, pensatori da lui smontati e rimontati più volte, senza alcuna remora o sudditanza. Magnifico.
Per fare il nome di un
altro italiano della secondà metà del Novecento, conosciuto e apprezzato internazionalmente, si può citare Norberto Bobbio, più filosofo delle politica però, realista, in qualche misura come
Sartori, ma molto più sensibile del professore fiorentino al richiamo dell’umanitarismo. Ce ne sarebbe un terzo, di italiano,
notissimo all’estero, anche lui scomparso, Umberto Eco. Ma il semiologo, per alcuni tuttologo, apparteneva al mondo delle mode
culturali e non della severa scienza politica o addirittura, come si sostiene, della
scienza tout court.
Intorno
a Sartori, bon vivant, circolavano aneddoti incoraggiati da lui stesso e dal suo gusto, tutto fiorentino, per l’epiteto e lo stile icastico, essenziale perfino nella fraseologia. Oltre che eccellente studioso, grandissimo editorialista che non gratificava, spesso con furia sistematica, i suoi interlocutori politici. In particolare, da ultimo, Sartori si divertiva a fustigare i finti liberali come Berlusconi, per
i quali, da elegante studioso del liberalismo italiano e anglo-americano, aveva antenne sensibilissime. Insomma riconosceva i magliari della politica a distanza... E andava giù di taglio con la sciabola.
Autore
di libri sulla democrazia, sull’ingegneria costituzionale, sulla
teoria e il metodo nelle scienze sociali, volumi imprescindibili, alcuni pubblicati
direttamente in inglese e tradotti in più lingue. Per un ottimo quadro bio-bibliografico
si veda La scienza politica di Giovanni Sartori, a cura di Gianfranco
Pasquino (il Mulino 2005). Di notevole aiuto una visita al suo sito (http://www.giovannisartori.it/ ).
Di
Sartori desideriamo ricordare la difesa del realismo cognitivo e le considerazioni sui pericoli del semplicismo politico.
Realismo cognitivo:
«Dunque
non c’è nessuna contraddizione tra una visione realistica e una fede democratica,
per la buona ragione che il "realismo" sta, indifferentemente, per tutte le parti nec
cubat in ulla. Vi può essere un
realismo democratico, esattamente come c’è un realismo non democratico. Ne
consegue che difendere la democrazia scomunicando il realismo è difenderla
male,e anzi danneggiare la democrazia. Perché
regalare il realismo ai nemici? Perché non impadronirsene sotto la specie di
realismo democratico? Il realismo che è davvero tale è un puro e semplice realismo cognitivo. Se è così, accertare il fatto è indispensabile
anche per il democratico» ( Democrazia
Cosa è, Rizzoli 2007, p. 38, corsivi nel testo).
Semplicismo
politico:
«Mentre
le soluzioni semplicistiche escogitate dalla “immaginazione al potere” si sono
dissolte da sole, al loro eredità si perpetua tra noi sotto forma di un
negativismo semplicistico. C’è sempre tanto di sbagliato nel mondo che non si
sbaglia mai nello scegliere la via del “criticismo”. Sia. Ma è il criticismo un
fine in se stesso? Per i negativisti, sì. Il negativista non si chiede mai:
qual è lo scopo? Dove mi porta o approda la mia critica? E nemmeno si chiede quali sono le alternative? Il sospetto
che le alternative potrebbero essere peggiori,o del tutto inesistenti, raramente
attraversa la sue mente. Il risultato del “semplicismo” - la combinazione di
democrazia infantile e di crudo negativismo - è che il vecchio macchinario della
politica riceve continue mazzate, ma nessun serio consiglio su come ripararlo o
cambiarlo in meglio. In effetti, più lo scassiamo e meno siamo capaci di aggiustarlo (…) Così per molti decenni abbiamo pressoché
dimenticato che alla fine la democrazia è, e non può non essere, un sistema di governo. E dal trascurare
la funzione del governare si ottiene soltanto di peggiorarne il funzionamento»
(Ingegneria costituzionale comparata,
il Mulino 2013, p. 158, corsivi nel testo).
E così il cerchio teorico sartoriano di chiude. Ci spieghiamo meglio.
Il realismo cognitivo si fa, e non può non farsi, realismo
democratico, quale rifiuto dell’utopistica democrazia diretta. E in nome di che cosa? Di un' analisi - il momento cognitivo - volta a "registrare", per migliorarli, i meccanismi della democrazia
indiretta - il momento democratico: l'unico possibile, costituito dalla democrazia rappresentativa. Il realismo democratico, insomma, non vagheggia la democrazia astratta e utopistica, ma studia istituzioni e procedure di una democrazia esistente e funzionante, piaccia
o meno, sotto i nostri occhi.
Ecco il "succo" del realismo democratico, il grande lascito di Giovanni Sartori: perché trascurare ciò che è per
ciò non potrà mai essere?
Carlo Gambescia