Il falso conflitto politico tra populisti e anti-populisti
In
Europa, per la sinistra il populismo è frutto di "risentimento" ed "egoismo
sociale", gli stessi disvalori che condussero al fascismo; per la destra il populismo è esito del tradimento delle “élite globaliste”, nemiche dei sacri
valori della nazione.
Ma
esiste un partito populista, che si riconosca tale, fin dal nome? No. Esiste un
partito che si definisca nazionalista, anche nella “ragione sociale”? No. E
allora di che cosa stiamo parlando? Di niente. O meglio del conflitto intorno
alla divisione di una torta economica e sociale,
come se tutto il resto, quel che accade
fuori dei confini europei o nazionali, non ci riguardasse. Si chiamano conflitti redistributivi, sono
frutto e portato della "lotta per il benessere": sono le ultime "targhette politiche" dietro le quali si nascondono
i suoi competitori, i populisti e gli anti-populisti. Se però si pigia troppo l’acceleratore sui
conflitti redistributivi il Pil va a farsi friggere. Ma questa è un'altra storia
(*).
Il vero problema, come europei, riguarda la percezione della realtà, una percezione che conduce a un falso conflitto. In Europa lo scontro verte principalmente su tre questioni: sugli immigrati, sulla sicurezza, sulle
politiche economiche. Il problema però non rinvia alle soluzioni, che ovviamente possono divergere, più che altro nei particolari (redistributivi), bensì alla percezione della realtà: comune alla destra e alla sinistra, quella di
un’Europa, se unita, priva di una
politica estera, se divisa, parcellizzata in tante Francia First!, Germania First!,
Italia First!, eccetera, eccetera. E in ogni caso - ecco il punto di raccordo tra anti-populisti e populisti - un’Europa depoliticizzata, prigioniera però di occhiute
burocrazie dedite all'assistenzialismo, non importa se "sovraniste" o "globaliste", da Bruxelles a Roma,
Parigi, Berlino. O se si preferisce: burocrazie devote alla tutela dell'individualismo protetto (dalla culla alla tomba) dei cittadini (per la sinistra), del popolo (per la destra). Come dicevano i nonni, se non è zuppa e pan bagnato... welfarista ( quindi ciclo elettorale delle spesa pubblica, economia mista, corruzione, concussione, eccetera).
Insomma,
immigrati, sicurezza, economia, come questioni, vengono dopo.
Perché il primo problema
europeo, soprattutto alla luce dell’attivismo
trumpiano, per ora apparentemente acefalo, è di tornare a fare politica estera, per porsi come interlocutore vero (se ci si passa l'espressione, cazzuto), dinanzi a Stati Uniti e Russia. E non di
procedere in ordine sparso, fingendo di avere una politica estera comune, che
in realtà non va oltre la visione dolciastra di una specie di welfare state mondiale
che vuole andare d'accordo con tutti, belli e brutti.
Ovviamente, una politica estera forte, impone forze armate comuni e un vertice politico capace di prendere decisioni rapide, dirimenti e distruttive per i nemici esterni. Non burocrati europei o nazionali, ma uomini politici veri, realisti, ma veri. Abbiamo un sogno: vedere le portaerei europee solcare i mari del mondo. Non solo quelle di Trump o Putin. Sul punto - delle forze armate comuni - ricordiamo che non siamo poi così soli. Anche una vecchia volpe come Prodi, sul "Messaggero", sembra aver finalmente capito l'importanza della questione. Non è mai troppo tardi...
Ovviamente, una politica estera forte, impone forze armate comuni e un vertice politico capace di prendere decisioni rapide, dirimenti e distruttive per i nemici esterni. Non burocrati europei o nazionali, ma uomini politici veri, realisti, ma veri. Abbiamo un sogno: vedere le portaerei europee solcare i mari del mondo. Non solo quelle di Trump o Putin. Sul punto - delle forze armate comuni - ricordiamo che non siamo poi così soli. Anche una vecchia volpe come Prodi, sul "Messaggero", sembra aver finalmente capito l'importanza della questione. Non è mai troppo tardi...
Che
cosa impedisce tutto questo? Ripetiamo: la depoliticizzazione, che si nutre come un cancro di fratture, tipicamente (e pericolosamente) redistributive, tra competitori interni che mirano a ottenere fette sempre più grosse ("relativamente" più grosse), ma non a difendere la torta dal competitore armato esterno (si noti, armato). Come per l’appunto la falsa guerra tra populisti e anti-populisti, esito di contrasti corporativi, welfaristi, che di conseguenza impediscono la sostituzione del nemico esterno
con il nemico interno: un vero circolo vizioso dell'antipolitica.
Perché, ripetiamo, per fare politica estera serve l’individuazione del nemico esterno. E purtroppo in Europa, siamo al punto che nonostante il nemico esterno ci abbia designato - si pensi alla riscossa militare islamista - si gioca al welfare state totale (dalla culla alla tomba), discutendo di reddito di cittadinanza; dibattito che non è che il prolungamento - mai sazi di ripeterlo - del falso conflitto politico tra populisti e anti-populisti.
Perché, ripetiamo, per fare politica estera serve l’individuazione del nemico esterno. E purtroppo in Europa, siamo al punto che nonostante il nemico esterno ci abbia designato - si pensi alla riscossa militare islamista - si gioca al welfare state totale (dalla culla alla tomba), discutendo di reddito di cittadinanza; dibattito che non è che il prolungamento - mai sazi di ripeterlo - del falso conflitto politico tra populisti e anti-populisti.
L’Europa,
per un usare un’ abusata immagine, è una democrazia che ha
rinunciato ai cannoni, per il burro. Ma
senza cannoni, non si difende il burro. E neppure la democrazia.
Carlo Gambescia
(*) Si veda il Capitolo V (“Declino dell’Occidente?”)
del nostro Passeggiare tra le
rovine. Sociologia della decadenza, Il Foglio 2016.