I compensi di Carlo Conti e altre cose
Scene di lotta
Microsociologia:
alcuni giorni fa su un tram, a bordo del quale viaggiava chi scrive, l' addetto al controllo dei biglietti contestava a un passeggero che ne era sprovvisto, un fatto preciso: che il suo comportamento
- il rifiuto di dare le generalità - era offensivo nei riguardi del suo lavoro perché non poteva multarlo e quindi lavorare... “ E se anche lei venisse trattato così dal suo datore di lavoro? Insomma, messo nelle condizioni di non poter lavorare?”. Queste le lapidarie conclusioni del
bigliettaio (chiamiamolo così per semplificare).
Che
dire? Socialismo spicciolo: si pone al
centro la sindacale sacralità del lavoro, dove invece si dovrebbe porre l’accento sul senso civico e sul principio di autorità. In qualche modo, quel bigliettaio, ricordando all’altro la comune
qualità di lavoratore, dava il suo piccolo contributo alla lotta di classe : il lavoro unisce, il padrone divide.
Esageriamo?
Altra osservazione microsociologica ( o quasi): si pensi agli attacchi dei
Social a Carlo Conti per quel che guadagna, come direttore artistico
del festival di San Remo, 650 mila euro, cifra, in sé, sia detto per inciso,
neppure troppo alta, per le mansioni che egli svolge e per gli elevati ritorni pubblicitari. Come però ha risposto
Conti alle critiche? Che sì, i soldi sono troppi, ma che lui fa
tanta beneficenza. E che poi al Festival "si parlerà di sociale, come si è sempre fatto". Queste le conclusioni
di un artista, che come quel bigliettaio, dà il suo onesto contributo alla lotta di classe, compiacendo le critiche socialistoidi.
Morale:
si celebra il lavoro, a prescindere da
altri valori, e ci si vergogna della propria ricchezza, come se fosse frutto di traffici illeciti o balzachianamente di un delitto... Cosa dire? Che si tratta di socialismo spicciolo, molto diffuso, che dilaga da almeno due secoli. E' l'andazzo.
Nietzsche,
esagerando, lo imputava al risentimento
alimentato dal cristianesimo in nome dell’uguaglianza davanti a un dio potente e geloso. Rivoluzione storica, anche per Augusto Del Noce. Il quale invece scorgeva nell' uguaglianza una fonte di libertà, frutto di un dio misericordioso, ma anche di risentimento e invidia in un uomo corrotto dal peccato originale. Emendando Nietzsche, Del Noce forse non sbagliava, soprattutto se si pensa alle varie forme armate di socialismo
cristiano, a fin di bene, di cui la storia continua a far tristemente mostra.
Fatto
è che, da un paio di secoli a questa parte, i ricchi si vergognano e preferiscono nascondersi. E chi invece, disgraziatamente, scelga di squadernarla davanti agli occhi di tutti, come Berlusconi, rischia di finire male. Per contro, i ricchi, quelli più furbi del
Cavaliere, preferiscono “inciuciare” non tanto con i
poveri quanto con i rappresentati dei poveri: la figura del ricco progressista, da Pareto in
poi (il plutocrate umanitarista e mezzo socialista), è diventata una costruzione classica della sociologia politica. E anche, a dire il vero, della propaganda populista. Allegoria, quella del furbo epulone, alla quale corrisponde, più in basso, quel più concreto laburismo o socialismo quotidiano, spicciolo, che
alimenta il vittimismo di “coloro che non ce l’hanno fatta" Il che spiega la
filosofia laburista preventiva del bigliettaio e le concessioni consuntive di Conti al socialismo degli invidiosi.
Si
dirà che non è colpa del cristianesimo e del fiacco socialismo umanitario borghese, ma del capitalismo che
promette e non mantiene, favorendo il “giusto” risentimento dei perdenti. Forse,
ma il capitalismo, in quanto sistema meritocratico, sostanzialmente meritocratico
- ricevere ciò che si merita - è l’esatto
contrario dell’idea di uguaglianza -
ricevere tutti lo stesso, a prescindere dal merito. Purtroppo, per le leggi
dell’organizzazione sociale che vanno
oltre lo stesso capitalismo, non si può diventare tutti vincitori, ricchi e famosi. Certo, non sempre il successo è meritato. C’è
chi imbroglia, chi riceve dai padri, chi è fortunato. Ma nell’insieme, la stragrande maggioranza riceve esattamente
ciò che ha meritato. Come insegna, la stabilità piramidale della curva di distribuzione dei redditi (Piketty non ce ne voglia, ma non ha scoperto nulla di nuovo). E' così che la nave va (ed è andata), da che mondo è mondo.
E
forse è proprio questo - la prova, finale ed effettiva di ciò
che si è realmente "dentro" quella piramide; ciò che si vale "concretamente", come si usa dire, "in soldoni" - che ferisce e
provoca il risentimento nell’individuo. Che reagisce in base al proprio
carattere e cultura, lungo una scala di comportamenti che va dal risentimento
alla rassegnazione. Il
male perciò non è nel "sistema", che, di qualsiasi tipo sia (socialismo reale, docet), impone, per
la sua stessa sopravvivenza, regole di selezione, contegno e ricompensa
sociale, ma nell’uomo, che aspira anche
a quello che non potrà mai avere. Il che
è la sua forza ma anche la sua debolezza.
Scoperta dell'acqua calda? Forse. Però continua a ustionare...
Scoperta dell'acqua calda? Forse. Però continua a ustionare...
Carlo Gambescia
Una cosa è certa: i ricchi non prendono il tram.
RispondiEliminaErrore. Oggi, i poveri vanno in automobile. Chi prende il tram è cool...
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