mercoledì 1 febbraio 2017

I compensi di  Carlo Conti e altre cose
Scene di lotta
di classe sul tram




Microsociologia: alcuni giorni fa su un tram, a bordo del quale viaggiava chi scrive, l' addetto al controllo dei biglietti contestava a un passeggero che ne era sprovvisto,  un fatto preciso:  che  il suo comportamento - il rifiuto di dare le generalità -   era offensivo nei riguardi del suo lavoro perché  non poteva multarlo e quindi lavorare...  “ E se anche lei venisse trattato così dal suo datore di lavoro? Insomma, messo nelle condizioni di non poter lavorare?”. Queste le lapidarie conclusioni del bigliettaio (chiamiamolo così per semplificare).  
Che dire?  Socialismo spicciolo: si pone al centro la sindacale  sacralità del lavoro, dove invece si dovrebbe porre l’accento  sul senso civico e sul principio di autorità.  In qualche modo, quel  bigliettaio, ricordando all’altro la comune qualità di lavoratore,  dava il suo piccolo contributo alla lotta di classe : il  lavoro  unisce, il padrone divide. 
Esageriamo? Altra osservazione microsociologica ( o quasi): si pensi agli attacchi dei Social a Carlo Conti  per quel che guadagna, come direttore artistico del festival di San Remo,  650 mila euro, cifra, in sé, sia detto per inciso, neppure troppo alta, per le mansioni che egli svolge e per gli elevati ritorni pubblicitari. Come però  ha  risposto  Conti  alle critiche?   Che sì, i soldi sono troppi, ma che lui fa tanta beneficenza. E che poi al Festival "si parlerà di sociale, come si è sempre fatto".  Queste le conclusioni di un artista, che come quel bigliettaio, dà il suo onesto  contributo alla lotta di classe, compiacendo le critiche socialistoidi.
Morale:  si celebra il lavoro, a prescindere da altri valori,  e ci si vergogna della propria ricchezza, come se fosse frutto di traffici illeciti o balzachianamente di un delitto... Cosa dire? Che si tratta di   socialismo spicciolo, molto diffuso,  che dilaga da almeno due secoli. E' l'andazzo.  
Nietzsche, esagerando, lo imputava al risentimento alimentato dal cristianesimo in nome dell’uguaglianza davanti a un dio potente e geloso.  Rivoluzione storica,  anche per  Augusto Del Noce. Il quale invece scorgeva nell' uguaglianza  una  fonte di libertà, frutto di un dio misericordioso,  ma anche di risentimento e invidia  in un uomo corrotto dal peccato originale. Emendando Nietzsche,  Del Noce forse non sbagliava, soprattutto se si pensa alle varie forme armate di socialismo cristiano, a fin di bene,  di cui la storia continua a far tristemente mostra.   
Fatto è che, da un paio di secoli a questa parte, i ricchi si vergognano e  preferiscono  nascondersi. E chi  invece, disgraziatamente, scelga di  squadernarla davanti agli occhi di tutti, come Berlusconi, rischia di  finire male.  Per contro, i ricchi, quelli più furbi del Cavaliere, preferiscono  “inciuciare” non tanto con i poveri  quanto con i rappresentati dei poveri:  la figura del ricco progressista, da Pareto in poi (il plutocrate umanitarista e mezzo socialista),  è diventata  una costruzione  classica della sociologia politica. E anche, a dire il vero, della propaganda populista.  Allegoria, quella del furbo epulone,  alla quale corrisponde, più in basso, quel più concreto  laburismo o socialismo quotidiano, spicciolo, che alimenta il vittimismo di “coloro che non ce l’hanno fatta"  Il che spiega  la filosofia laburista preventiva del bigliettaio e le concessioni consuntive di Conti al socialismo degli invidiosi.
Si dirà che non è colpa del cristianesimo e del fiacco  socialismo umanitario borghese,  ma del capitalismo che promette e non mantiene,  favorendo il “giusto”  risentimento dei perdenti.  Forse, ma il capitalismo, in quanto sistema meritocratico, sostanzialmente meritocratico -  ricevere ciò che si merita  -  è l’esatto contrario dell’idea di  uguaglianza - ricevere tutti lo stesso, a prescindere dal merito. Purtroppo, per le leggi dell’organizzazione sociale che vanno  oltre lo stesso capitalismo,  non si può diventare tutti vincitori, ricchi e famosi. Certo, non sempre il successo è meritato. C’è chi imbroglia, chi riceve dai padri, chi è fortunato.  Ma nell’insieme,  la stragrande maggioranza riceve esattamente ciò che ha meritato. Come insegna, la stabilità piramidale della curva di distribuzione dei redditi  (Piketty non ce ne voglia, ma non ha scoperto nulla di nuovo).  E' così che  la nave va (ed è andata), da che mondo è mondo.   
E forse è proprio questo -  la prova, finale ed effettiva di ciò che si è realmente "dentro" quella piramide; ciò che si vale "concretamente", come si  usa dire, "in soldoni"  -   che ferisce e provoca  il risentimento nell’individuo.  Che  reagisce in base al proprio carattere e cultura, lungo una scala di comportamenti che va dal risentimento alla rassegnazione. Il male perciò non è nel "sistema", che, di qualsiasi tipo sia (socialismo reale, docet), impone, per la sua stessa sopravvivenza, regole di selezione, contegno e ricompensa sociale,  ma nell’uomo, che aspira anche a quello che non potrà mai avere. Il che è la sua forza ma anche la sua debolezza.
Scoperta dell'acqua calda?  Forse. Però continua a ustionare...    

Carlo Gambescia                            

2 commenti:

  1. Una cosa è certa: i ricchi non prendono il tram.

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  2. Errore. Oggi, i poveri vanno in automobile. Chi prende il tram è cool...

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