I 70 anni del Movimento Sociale
Il ritorno della destra “pipparola”
La cosa non meriterebbe un pezzo, dal momento che non si può neppure parlare di storia minore, perché, a differenza
del fascismo di Mussolini, il Msi, alla stregua dei raffronti tra il Pci e il comunismo di Stalin, non ha dato, nel bene e nel male, alcun vero contributo storico. Come capita alle biblioteche di famiglia (i padri accumulano libri, le vedove donano, i figli vendono o gettano via), così il Msi ha gestito, e
male, un'eredità ideologica, discutibile quanto si vuole, ma che era tale. E come? Scegliendo di coniugare, per dirla con il geniale Maurizio Liverani di “Sai
cosa faceva Stalin alle donne?" (1969), elettrificazione e pensioni.
Naturalmente,
i missini, pur lottando come leoni per la parificazione
pensionistica del combattenti Rsi, non ebbero mai, durante la Prima Repubblica, l'imponente potere democristiano o comunista di
dispensare pensioni di guerra, pompe di benzina, posti e non lavori. Tuttavia, quando Craxi negli anni Ottanta schiuse loro le porte della lottizzazione Rai, gli sventurati risposero. Per non parlare della nobile e difficile arte del sottogoverno, in cui i post-missini hanno mostrato di essere particolarmente versati, quando sdoganati, pardon miracolati, da Berlusconi.
Il che vale per il pane. Quanto alle rose, crediamo che penoso sia l’unico aggettivo che si può riservare all’incontro che ha chiuso la
celebrazione dei 70 anni del Movimento
sociale (1946-2016) tenutosi il 10 febbraio scorso (*) , coordinato da Marcello Veneziani, ormai (come
si dice a Roma) cassamortaro ufficiale di ciò che restava (poco) dell' eredità della cultura fascista, da lui compendiata - quando si dice le "nuove sintesi"... - in dio, patria,
famiglia: sacra triade che
Veneziani considera proprietà privata del fascismo. Giusto. Perché tutti coloro che votano Renzi sono mangiapreti e seguaci dell' amore libero. Per non parlare di quanto fossero bacchettoni i comunisti togliattiani in
grisaglia.
Ciò che dispiace è che Battista e Lodoli, due intellettuali mai banali, i cui padri vestirono la camicia nera, si siano prestati a un’ operazione di bassa cucina
culturale… Come dire, di legittimazione un tanto al chilo. In pratica, si è applicato retroattivamente il
metodo Berlinguer (Enrico) anche al Msi di
Almirante e ascendenti: “ma quanto erano retti di qua, ma quanto erano retti di là”. Diciamo che, visto ciò che è successo dopo,
i missini pre-sdoganamento, non potendo sfiorare la marmellata, furono costretti ad
essere retti: c'era la volpe, ma non c'era l'uva. Del resto, come il dibattito chiarisce bene, e
all’unisono purtroppo, sempre meglio degli anni
Ottanta, quando l’untore Berlusconi, portò in Italia il morbo americano… Capito?
I soliti duri e puri
dell’anti-consumismo. Tutti d'accordo, insomma: si stava meglio moralmente quando si stava peggio politicamente: peggio, secondo la vulgata degli anticapitalisti rossi e neri. Passo del gambero, forever...
Il che è molto deludente. Anzi penoso, come detto. Perché,
passi per Veneziani, che eccetto gli anni alla scrivania da consigliere Rai, sta in
piedi tra le rovine da troppo tempo, e per Lodoli rimasto fermo, romanticamente, alle lucciole di
Pasolini, Battista sugli effetti
positivi delle trasformazioni culturali
degli anni Ottanta ha scritto cose non
banali.
Come concludere? Che la celebrazione ( o commemorazione...) dei 70 anni del Msi, poteva essere l’occasione per fare
almeno un convegno ( vero, non di partito) su Giano Accame: l’unico grande intellettuale della destra
neofascista. Giornalista, scrittore, storico, autore di libri che si dovrebbero
ristampare. Subito.
Giano Accame era un fascista, intelligente, creativo, dialogico. Oltre che una bella persona. E pure spiritoso. Ricordo che un volta a cena, con altri amici, scherzando ( ma fino a un certo punto), raccontava che esistevano due destre (fasciste), quella dei baciapile, che lui definiva “pipparola” e quella libertina, “scopereccia”. Ecco, quel che resta oggi del Movimento Sociale, anche culturalmente (parola grossa), ha sterzato in direzione della destra "pipparola".
Giano Accame era un fascista, intelligente, creativo, dialogico. Oltre che una bella persona. E pure spiritoso. Ricordo che un volta a cena, con altri amici, scherzando ( ma fino a un certo punto), raccontava che esistevano due destre (fasciste), quella dei baciapile, che lui definiva “pipparola” e quella libertina, “scopereccia”. Ecco, quel che resta oggi del Movimento Sociale, anche culturalmente (parola grossa), ha sterzato in direzione della destra "pipparola".
Carlo
Gambescia