Virginia Raggi interrogata per otto ore
dai giudici
Le irrisolvibili contraddizioni del Movimento Cinque Stelle
Meno male, anche
Virgina Raggi, come Claudio Scajola, ex
Ministro, ha la fortuna di avere benefattori che si preoccupano del suo futuro.
Battutaccia? Diciamo che chi,
come la "Sindaca", ora pericolante, ha flagellato
tutto e tutti in nome dei più alti
valori morali, si meriterebbe anche di peggio. Ma preferiamo comportarci da gentiluomini. E del resto, come si dice, fino a sentenza definitiva eccetera, eccetera, Però,
che almeno le serva di lezione.
Tuttavia,
non c’è di che essere allegri. La
Raggi , in qualche misura, rappresenta l’area politicamente più duttile del
movimento pentastellato. Quella “entrista”, per usare il linguaggio trotzkista della sinistra dei "gruppetti" di una volta. Di conseguenza, la sua caduta (se caduta ci sarà) rafforzerà i duri e puri. Ad
esempio a Roma, tornerà sulla cresta dell'onda la fazione della Lombardi, teorica della profilassi anti-regime e, come spesso si legge, “nemica
giurata” della post-avvocatessa Raggi (del resto se c’è la post-verità…), che, da “civile”, di fatto, si occupava di recupero crediti e incidenti
stradali. E, con tale prestigioso curriculum è arrivata in Campidoglio. Tradotto: la "Sindaca" non sapendo leggere i bilanci, volente o nolente, ha dovuto rivolgersi a consulenti esterni, pescati tra i soliti noti, anche considerato, come vedremo, il vistoso analfabetismo economico dei pentastellati. Di qui, però le relazioni pericolose. Perché non ci si può accompagnare al Gatto e la Volpe, sperando di farla franca.
Le questioni della purezza giacobina e dei curricoli zoppicanti rinviano a una riflessione più generale sul M5S. Quale? Che i pentastellati rischiano di gravitare, e quindi impastoiarsi, tra la stupidità e l’impreparazione (nella migliore delle ipotesi) degli entristi, come mostra il caso Raggi e l’ottusa rigidità dei cosiddetti anti-sistemici, altrettanto impreparati come i primi, rappresentati dalla Lombardi. Impreparazione e paura di mostrarla, due fattori che spiegano (anche) quel bigotto disprezzo che accomuna tutti i cinquestelle nei riguardi del libero mercato e del mondo delle imprese: dallo sdegnoso rifiuto delle Olimpiadi alla bizzarra pseudo-teoria del “non consumo del territorio”.
Le questioni della purezza giacobina e dei curricoli zoppicanti rinviano a una riflessione più generale sul M5S. Quale? Che i pentastellati rischiano di gravitare, e quindi impastoiarsi, tra la stupidità e l’impreparazione (nella migliore delle ipotesi) degli entristi, come mostra il caso Raggi e l’ottusa rigidità dei cosiddetti anti-sistemici, altrettanto impreparati come i primi, rappresentati dalla Lombardi. Impreparazione e paura di mostrarla, due fattori che spiegano (anche) quel bigotto disprezzo che accomuna tutti i cinquestelle nei riguardi del libero mercato e del mondo delle imprese: dallo sdegnoso rifiuto delle Olimpiadi alla bizzarra pseudo-teoria del “non consumo del territorio”.
Pertanto
si potrebbe parlare di un circolo vizioso che si autoalimenta: 1) non si formano
quadri adatti, riformisti, né
si instaura un dialogo con la società economica, perché si ritiene inutile
cambiare dall’interno un sistema che va abbattuto; 2) però, non avendo al tempo stesso sviluppato (al di là di un impianto gerarchico che ricorda
quello di un’impresa privata gestita da due soci) le caratteristiche del
partito bolscevico dei professionisti della rivoluzione (del resto l'Italia non è la Russia zarista né il grillismo può essere ideologicamente paragonato al marxismo), Cinque Stelle finisce per lasciare l'iniziativa, soprattutto
sul piano locale, ai singoli, i quali si arrabattano in base all’indole ( frutto del caso), alla
cultura politica (di regola infima) e alla preparazione professionale (quasi
sempre scarsa, soprattutto di relazioni sociali); 3) di conseguenza, i fallimenti, non possono non generare, il
ritorno dei duri e puri, portatori vittoriosi del principio di separatezza, principio, che non essendo Cinque Stelle,
come detto, un partito leninista, impedisce la formazione dei quadri e di tutto quel che occorre per una metapolitica dell'azione sociale; 4) E così
via, in vista di quel miracoloso 51 per cento, che però non arriverà mai, perché gli elettori, prima o poi capiranno il vicolo cieco, in cui si sono cacciati, frutto avvelenato di un mito incapacitante ma pericoloso in politica: quella della purezza morale assoluta. Dicesi anche perfettismo.
Il
che non si significa auspicare che i pentastellati, mettendosi tutti fila, vadano a scuola da Lenin. Perché, se ciò accadesse, per la democrazia liberale italiana potrebbero essere guai seri. Ma che,
dal punto di visto sociologico ( e metapolitico) , non si può essere al tempo stesso rivoluzionari
e riformisti, o se si preferisce partito
di massa e partito rivoluzionario. Semplificando, di lotta e di governo.
Si tratta, insomma, di una contraddizione insolubile. Anche perché se non c' è riuscito Togliatti, figurarsi
Grillo e Casaleggio jr.
Carlo Gambescia