Vittorio
Feltri e Geppi Cucciari:
politicamente scorretto contro
politicamente corretto
Ieri
abbiamo criticato “Libero” che per demerito di
Vittorio Feltri è assurto a portabandiera della destra con la
bava alla bocca, quella che vola rasoterra. E come si usa dire,
“politicamente scorretta". Oggi
invece tocca a Geppi Cucciari, che rappresenta la punta dell' iceberg, di una
sinistra che ha reinventato il politicamente corretto per bacchettare tutti da
diecimila metri d’altezza. Vuoi mettere l’eguaglianza, che evoca Babeuf e Marx,
con lo spirito da caserma del colonnello Buttiglione?
Feltri
parla di patate bollenti? Quindi usa il registro basso. Geppi Cucciari, allora che fa? Scomoda
il Je suis
Charlie, celebrato dalla sinistra porgi-l'-altra-guancia, pennellando un Je suis patata bollente che, come piace
dire alla cultura di sinistra, fa ridere e pensare. Come il Totò, riveduto e corretto da Pasolini. Quindi registro
alto. Altissimo.
Si
dirà è solo un’ attrice comica: sbagliato! Era però al Festival di Sanremo (dieci milioni e
rotti di telespettatori). Oggi, come
provano indagini al riguardo, sono i comici alla Crozza ( pure lui ospite), tutti rigorosamente di sinistra, a spostare voti. E soprattutto a diffondere
quel clima di perfettismo morale, che nella pratica quotidiana, quella del
popolo sovrano che prende la metro, si traduce “nel signora mia è tutto un magna magna”. A
parte, naturalmente, il vecchio Pci, con tanto di Berlinguer aureolato e i cinque stelle del
beato Frate Grillo e di Santa Maria Virginia Raggi sindaco di Roma per grazia di Santo Casaleggio da Milano. Amen.
E
qual è il prodotto finale? Che politicamente, sempre tra il popolo sovrano della metro, viene meno qualsiasi forma di
deferenza nei riguardi della classe politica e delle istituzioni parlamentari.
Sicché, come sta avvenendo, rischia di stravincere, anche elettoralmente, la più stupida credulità in quei movimenti antipolitici che
rifiutano a priori - certo, a parole, come insegna Michels - le “oligarchie politiche”. Pertanto, per fare nomi e cognomi, il politicamente corretto dei
comici rischia di consegnare l’Italia al Movimento Cinque
Stelle che - quando si dice il caso
- ha come leader carismatico un comico.
Si
dirà, questa classe politica si è messa
nei guai da sola. I comici fanno il proprio mestiere. Giusto. E poi non si possono negare casi corruzione. Certo. Ma l’Italia non è mai stata una repubblica
delle banane, come la descrivono i Crozza, le Cucciari ( e compagnia cantante), di sicuro, almeno fino alla svolta giustizialista e populista del
1992-1994. E per scoprirlo basterebbe
leggere qualsiasi buona storia d’Italia, da Lanaro a Bedeschi (ma in metro oggi si naviga...). Però
rischia di diventarlo. E per sempre. Soprattutto,
se destra e sinistra accapigliandosi stupidamente sul contrasto politicamente corretto-politicamente scorretto (tradotto: patata bollente vs Je suis patata bollente), continueranno
a inseguire l’antipolitica. I comici possono, anzi devono far ridere: sta poi alla politica evitare il linguaggio da cabaret televisivo. E governare.
Il “tutto sbagliato, tutto da rifare”, ripetuto in modo ossessivo, da comici e politici insieme, rappresenta la ciccia dell' antipolitica (dai due registri, alto e basso). E se amplificato dai Crozza e dalle Cucciari e rilanciato dai Salvini-Meloni, dai Berlusconi, perfino dai Renzi e dalla vecchia guardia dei Pd, rischia di favorire Grillo. Il cui movimento, come ogni forza politica, che non ha mai
governato (a livello nazionale), assume davanti agli occhi degli elettori (il popolo sovrano della metro) una credibilità superiore a quella dei partiti che hanno governato negli ultimi
venti anni, il più delle volte male. Scienza politica? No, puro buonsenso: tra i due litiganti, il terzo gode...
Dimenticavamo:
Geppi Cucciari ha chiuso la sua performance invocando anche la “verità per Tullio Regeni”. Cosa dire? Che
un pizzico di quel sale complottista che piace tanto anche alla destra
populista non guasta mai. Solo
che a sinistra si chiama, pomposamente, ricerca della verità.
Carlo Gambescia