Mani pulite 25 anni dopo
Tragedia in una battuta
Chi
ricorda le tragedie in due battute di Achille Campanile? Ecco
la tragedia Mani pulite ha avuto un solo
personaggio decisivo, il giudice. E una sola battuta: “Noi incarceriamo la gente per
farla parlare. La scarceriamo dopo che ha parlato”… (Francesco Saverio Borrelli, cit. da M. Feltri, Novantatré, Marsilio 2016, p. 27).
Con
Campanile si rideva, con il giudice Borrelli si piangeva. Ben 32 suicidi. Alla
fine dell’uragano, soprattutto mediatico, quasi la metà dei processati e degli indagati
(in tutto 4500 persone), fu prosciolta
dalle accuse o assolta in tribunale (citiamo sempre dal libro di Mattia Feltri). Ciò
significa che molte persone subirono una
detenzione ingiusta, solo perché, secondo il giudice Borrelli, dovevano parlare... Alcuni non
ressero. Pertanto
crediamo ci sia poco da commemorare, se non la decapitazione dello stato
di diritto.
Si
dirà, ma allora i corrotti? La
corruzione non si combatte con le telecamere, i proclami giustizialisti e l’ingiusta prigione
preventiva. Ma ex ante, come provano numerose ricerche. E come? Riducendo le tentazioni. E in che modo? Evitando i contatti tra pubblico e privato. Detto brutalmente: privatizzando. O quanto meno provandoci. La
corruzione alligna e prolifera nella
zona grigia tra stato e mercato. Dove c’è un divieto, spunta il modo per aggirarlo. E più questa area progredisce, come in Italia, più la corruzione cresce, trasformandosi in "risorsa funzionale" per i burocrati e in costi "quasi" transazionali per imprenditori. Fermo restando, il "danno disfunzionale" per il sistema produttivo, perché i costi corruttivi verranno comunque trasferiti sui beni prodotti. E di conseguenza sui consumatori. Tra i quali ci sono quei cittadini indignati speciali, che, continuando a farsi del male da soli, chiedono, gridando, come nel 1992 davanti al Palazzo di Giustizia, più vincoli e controlli. Quindi più pubblico in economia, e perciò più corruzione. A Milano, si chiamano pirla, a Roma Grillini, a Bruxelles, populisti, a Washington, trumpisti.
Parliamo
di un meccanismo infernale, del do ut des, che una volta esteso all’intera economia, la paralizza per
poi corromperla, e così via, seguendo un processo a spirale, dove è difficile capire chi abbia iniziato per primo. Pertanto, ecco la ricetta per uscirne fuori: poche regole generali ex ante e controlli ex post.
Si
dirà, ma senza controlli preventivi (i vincoli di cui sopra) chi tutelerà i cittadini? Si tuteleranno da soli,
cautelandosi e informandosi. Più responsabilità individuale, meno mani tese. Dopo tutto,
l’esistenza di meno vincoli non implica, ad esempio, l’abrogazione del codice penale per chi costruisca palazzi che non stanno in
piedi. Però, ci si chiederà, perché sacrificare
delle vite? Se il male della corruzione si può prevenire?
In realtà, è proprio il
meccanismo della prevenzione che, se affascinante in linea di principio, lo risulta molto meno, in linea di fatto. E per una semplice ragione: perché la prevenzione in ambito economico e politico determina quella sovrapproduzione di vincoli
e controlli, che a sua volta, causa il
fenomeno, altrettanto inarrestabile, dell’ aggiramento dell'ostacolo in chiave corruttiva.
Quindi
bisogna "lasciar fare, lasciar passare". Piaccia o meno, ma qualcuno
si deve sacrificare. Certo, potrà apparire ingiusto dal punto di vista
morale e irragionevole da quello organizzativo.
Ma così stanno le cose. La questione - o se si preferisce, il dilemma - ha natura cognitiva. Come scrive Hayek,
“
l’uso della ragione mira al controllo e alla prevedibilità. Ma il progresso della
ragione procede sulle basi della libertà e della imprevedibilità. Chi esalta i
poteri della ragione umana, generalmente vede solo un lato dell’incontro tra
pensiero e azione umana, in cui la ragione è al tempo stesso utilizzata e
modellata. Non s’accorge che, perché un progresso si verifichi, il processo sociale da cui emerge lo sviluppo della mente
deve restar libero dal suo controllo. Non c’è dubbio che l’uomo deve alcuni dei
suoi maggiori successi del passato al fatto che non è riuscito a controllare la vita sociale. Il suo continuo
progresso può benissimo dipendere dalla sua cosciente astensione dall’esercitare
i controlli di cui oggi dispone.” (F.A.
Hayek, La società libera, Vallecchi
1969, p. 58, corsivo nel testo ).
Da
ciò si deduce che Mani pulite, come capita ai pessimi medici, curò i sintomi, scambiandoli per il male. E per giunta in modo rozzo, perfino feroce. Altro che stato di diritto. Sicché
non c’è proprio nulla da celebrare.
Carlo Gambescia