Grillo e la libertà di stampa
Il fascista digitale
Spaventa il feroce odio di Grillo e dei suoi accoliti
verso giornalisti e giornalisti.
Del resto non passa giorno senza che il leader pentastellato non
lanci pesanti insulti a questo o quel giornalista, chiedendo pene
esemplari.
Diciamo che in Italia il giornalismo ha sempre avuto vita difficile. Il cammino della libertà
di stampa è iniziato da poco più di due secoli. In Italia, intorno alla metà dell’Ottocento
la stampa libera, come la si intende nei
manuali americani di giornalismo, perfino nel Piemonte, che captava esuli da
tutti Italia, era ancora un sogno. Nell’Italia liberale le cose andarono un pochino meglio, ma per i giornali "sovversivi" (anarchici,
socialisti e cattolici), la vita era molto dura. Inoltre, in un paese con un tasso di analfabetismo altissimo, giornali e giornalisti parlavano a se stessi
e alle élites. Comunque sia, soprattutto all’inizio del Novecento, il
giornalismo degli Albertini, dei Bergamini, dei Frassati, visse una stagione di modernizzazione e sviluppo.
Dopo
di che la Guerra
(la prima ), per ragioni propagandistiche e soprattutto il fascismo, addirittura capeggiato un buon giornalista, distrussero totalmente la libertà di stampa in Italia. Libertà che riprese il suo cammino nel secondo dopoguerra. Ma ormai il danno era
fatto: nell’immaginario collettivo italiano, il giornalista rimaneva un propagandista ben pagato al servizio del potere economico: soprattutto per cattolici e comunisti, libertà di stampa non era mai sinonimo
di libertà dal denaro.
Di
qui, nell’arco del dopoguerra, una serie di iniziative da parte di chi aveva
subito l’elitismo giornalistico liberale e la durissima censura fascista. Si volle favorire lo sviluppo di un stampa libera, a partire dai piccoli giornali, introducendo i finanziamenti statali diretti e indiretti. Si tentò, insomma, di liberare i giornali dal denaro dei privati,
iniettando denaro pubblico. Come poi finì, tra Tangentopoli e Post- Tangentopoli, tutti sappiamo. Inutile rigirare il coltello nella piaga. Oggi,
più o meno, si vendono meno copie di ottant’anni fa. E gli editori, tra l’altro
investiti dalla bufera del digitale, non
possono non arrangiarsi.
Pertanto,
quando Grillo si scaglia contro giornali e giornalisti non ha del tutto torto. Ciò che invece preoccupa è
come possa in lui conciliarsi il peana alla libertà di stampa con la visione totalitaria, assolutamente illiberale, della
politica e del Movimento 5 Stelle (visione fascistoide tra l'altro condivisa anche dai Casaleggio). A volte, per certi toni, sembra di rivedere il remake di Mussolini, quando criticava e faceva
bastonare i giornalisti che non la
pensavano come lui. Ad esempio, il fatto che un esponente pentastellato additi al ludibrio del popolo una lista di giornalisti “nemici”,
chiedendo alla Federazione della Stampa di intervenire è di una gravità inaudita. Perfino Mussolini, fu costretto a “digerire”, almeno inizialmente, il liberale Bergamini, fondatore del famoso "Giornale d’Italia" alla presidenza della Federazione della
stampa, salvo poi farlo bastonare e costringere alle dimissioni come direttore
e presidente.
Grillo non ha alle dipendenze squadristi,
ma dispone di un'arma probabilmente ancora più potente: lo squadrismo dei Social, il nuovo fascismo digitale che denigra e manipola, galvanizzando e aizzando la web-folla. Gli appelli e le polemiche di questi giorni su ”bufale”, “fake
news” e quant'altro, ad opera soprattutto dei membri dell’establishment
politico e giornalistico, indicano che si inizia a capire che il pericolo
di una manipolazione squadristica della
realtà è incombente, forse andato già oltre il segno, come del resto, cosa ancora più grave, la virulenza della minaccia grillina alla libertà di
stampa. Certo,
il giornalismo italiano, come abbiamo rapidamente ricostruito, ha tradizioni zoppicanti. E tende a schierarsi, dopo aver fiutato l'aria, con i possibili vincitori, magari per pura sopravvivenza. Quindi l’establishment, soprattutto quello editoriale, potrebbe non essere in buona fede. Anche quando ribatte a Grillo.
Indro Montanelli, giornalista autentico, ripeteva spesso, citiamo a memoria: "Sì, difendiamo la libertà di stampa e di mercato, ma teniamoci alla larga da editori e imprenditori...". Eppure nemmeno Montanelli riuscì a farcela. Negli ultimi anni dalla padella Berlusconi finì nella brace post-comunista. E oggi i personaggi come Travaglio (ex "il Giornale" che seguì Montanelli a " La Voce") sono schierati, calzando gli stivaloni digitali, dalla parte di Grillo. Il che vorrà dire pure qualcosa. O no?
Carlo
Gambescia