La lettera d’addio del trentenne friulano suicida
Cosa
può dire il sociologo, dinanzi al suicidio di Michele, grafico di professione, trent’anni,
friulano, disoccupato? E soprattutto
della sua lettera d’addio, lucida, ben scritta, argomentata, dove si spiega il perché? (*).
Diciamo
che dal punto di vista statistico (si
veda il Pdf allegato **) la situazione di ripresa dell’occupazione nel Friuli, fascia 15-29 anni di età, a prima vista non giustificherebbe il suicidio. Anche se va sottolineato, come si può evincere dai dati, che la professione
di grafico, sotto il profilo delle
competenze, non è tra le più richieste
in quella regione. Così come per tutto ciò
che riguarda lavori che richiedono doti come l’intraprendenza e la creatività individuali (pp. 5-7-14
del Pdf).
Dal
punto di vista teorico (ossia della tipologia di suicidio, secondo le classiche
categorie durkhemiane), il suicidio di Michele (stando a quel che scrive
nella lucida lettera di addio), gravita
tra l’anomico e l’egoistico: tra la
mancanza di riferimenti normativi, che egli
imputa a una società, che promette e non mantiene (visione che però può essere frutto di una percezione soggettiva
errata), e il rifiuto (altrettanto
soggettivo) della vita, legato alla
stanchezza di vivere altre esperienze contraddittorie ( perciò percepite in
chiave anomica). Quindi un suicidio "celebrato" come un passo indietro, ma di libertà (ripetiamo, argomentando benissimo), verso una
ideale (ma tragica e "risolutiva") ricomposizione dell’ego. E pur non
ignorando, come si legge, che gli altri
ne soffriranno. Sotto questo aspetto le scuse di Vittorio per il dolore
provocato ai suoi amici e cari sono una forma di mascheramento altruistico,
attraverso la convenzione sociale (il chiedere scusa), di un atto comunque egoico, dettato da una insoddisfatta domanda di riconoscimento, come si legge, del suo "non conformismo" esistenziale e professionale. Perciò non è una (sola) questione di pane e lavoro.
Se Michele avesse trovato lavoro - il lavoro che sognava di fare - si sarebbe ucciso lo stesso? Probabilmente no. Le statistiche in materia ci dicono che nei periodi di crisi si registra un aumento dei suicidi. Il che però vale anche per i periodi di crescita economica. Insomma, i suicidi aumentano nei momenti di “cambiamento economico e sociale”, dove regole e punti di riferimento mutano rapidamente, provocando disorientamento, come dire, a prescindere dal contenuto positivo o negativo del cambiamento stesso. Va però evidenziato che non c'è prova di un nesso causale diretto tra suicidio e perdita del lavoro: dal momento che non tutte le persone che perdono e/o non trovano un lavoro si suicidano: la maggior parte di esse sviluppa la cosiddetta resilienza, riuscendo a riadattarsi. Il che però chiama in causa questioni come l’indole individuale dei soggetti: questioni che rinviano alla psicologia piuttosto che alla sociologia.
Se Michele avesse trovato lavoro - il lavoro che sognava di fare - si sarebbe ucciso lo stesso? Probabilmente no. Le statistiche in materia ci dicono che nei periodi di crisi si registra un aumento dei suicidi. Il che però vale anche per i periodi di crescita economica. Insomma, i suicidi aumentano nei momenti di “cambiamento economico e sociale”, dove regole e punti di riferimento mutano rapidamente, provocando disorientamento, come dire, a prescindere dal contenuto positivo o negativo del cambiamento stesso. Va però evidenziato che non c'è prova di un nesso causale diretto tra suicidio e perdita del lavoro: dal momento che non tutte le persone che perdono e/o non trovano un lavoro si suicidano: la maggior parte di esse sviluppa la cosiddetta resilienza, riuscendo a riadattarsi. Il che però chiama in causa questioni come l’indole individuale dei soggetti: questioni che rinviano alla psicologia piuttosto che alla sociologia.
Michele,
probabilmente, pur essendo dotato di grande creatività, soprattutto sotto l’aspetto
della capacità di argomentare, come prova la lucida lettera d'addio (lettere che di
regola sono brevissime o assenti), avrebbe dovuto insistere, magari provando a far valere altrove la sua professionalità. Ma la sua indole,
evidentemente, gli ha giocato un brutto
scherzo. E qui purtroppo il sociologo è impotente.
Carlo Gambescia
(*) Qui la lettera d’
addio di Vittorio: http://www.huffingtonpost.it/2017/02/07/lettera-precario-suicida_n_14634010.html
(**) Qui l'ottimo studio della Camera di Commercio di Udine: file:///C:/Documents%20and%20Settings/User/Documenti/Downloads/Giovani-e-lavoro%20(1).pdf