Se io fossi il direttore non titolerei mai: “Putin apre sul grano”, “ Putin, proposta per il grano (“Mattino” e “Messaggero”) , oppure sono “ Sono passati cento giorni: Questa guerra ha stufato tutti, sui social crollano le discussioni sull’Ucraina” (“Libero”) .
L’idea che passa, parliamo di giornali che si rivolgono a un elettore di centro, di centro-destra, insomma che parlano a un elettore moderato, non bellicista già di suo, è che la guerra in Ucraina sia inutile e che in fondo Putin sembra più che disposto a fare la pace. Ergo, “tutti a casa”.
Che dire? Due cose.
La prima. I social sono ondivaghi, è vero. Ma la guerra purtroppo continua: che stufi gente viziata che vuole andare al mare, può anche essere vero. Ma non basta per far cessare la guerra. Un titolo del genere alimenta, per così dire, i livelli collettivi di stupidità divertentistica. E di sicuro non il senso di responsabilità delle persone. Siamo davanti a un titolo stupido che rinvia al populismo mediatico. Nel senso che la gente, anche quando dice stupidaggini, ha sempre ragione eccetera. Hitler seppe cogliere bene l’occasione. Anche Grillo, diciamo, nel suo piccolo…
Seconda cosa. Quanto alla “proposta” di Putin, il titolo è addirittura fuorviante. Perché in realtà l’atteggiamento russo ricorda quello degli ufficiali nazisti, che dopo aver rinchiuso gli ebrei nel campi di sterminio, allungavano, magari di poco, la vita di coloro che potevano tornare utili, in cucina, in segreteria e altre attività lavorative che facevano risparmiare tempo e personale esecutivo ai nazisti. Detto altrimenti, i russi prima hanno messo a ferro e fuoco il porto di Mariupol, ora lo offrono come punto di attracco per garantire l’export di grano via mare. Ammesso e non concesso, che sia ancora agibile. Titolo più fuorviante di così…
Ecco, da un lato la noia che dilaga , si dice, verso la guerra, dall’altro, l’immagine – "Ma sì dai in fondo è un buon diavolo…" – di un Putin ragionevole.
Io, come avrei titolato? “Grano? Putin finge di fare una proposta”. “Sono passati cento giorni: in Ucraina si muore, in Italia ci si annoia”.
Carlo Gambescia
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