Draghi si muove molto. Ora è in Israele. Incontri ad alto livello. Evoca megaprogetti per sottrarsi al condizionamento energetico (in realtà ricatto) russo. Che però impongono tempi lunghi… Ripete per ogni dove che bisogna portare Russia e Ucraina al tavolo della pace e includere nella famiglia europea l’Ucraina. Cose, in verità, molto generiche.
Sul punto dell’inclusione sembrano essere d'accordo anche Macron e Scholz. L’ingresso in Europa – i cui termini non sono però ancora definiti – potrebbe essere merce di scambio per convincere Kiev a cedere le province invase dalla Russia. Infatti, si parla di una prossima visita a Kiev dei tre uomini politici, dal comune sentire liberalsocialista e contrattualista. Non c’è ancora data sicura però.
Inoltre Draghi, in luglio, sembra voglia recarsi ad Ankara: tenterà, si dice, con l’appoggio turco e israeliano di sbloccare la cosiddetta guerra del grano. In che modo? Ancora non è noto.
Lo studio della metapolitica insegna che l’attivismo diplomatico può essere di due tipi: propagandistico e reale. In realtà, spesso, gli stessi attori politici non si rendono conto del piano sul quale si stanno muovendo: la linea divisoria tra realtà e sogni, diciamo pure tra mezzi e fini, è sempre molto sottile. Va però notato che la diplomazia, quella che produce risultati, è sempre segreta. Difficilmente finisce sulle prime pagine dei giornali e dei telegiornali.
La svolta cinese di Nixon e Kissinger – il famoso viaggio in Cina – venne preparata attraverso abboccamenti tenuti accuratamente nascosti. L’ingresso dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale fu il portato di protocolli segreti. La spartizione di Jalta dell’Europa orientale e centrale fu frutto di accordi segreti, decisi addirittura al momento. Per non parlare della Quarta spartizione della Polonia approvata in segreto da Molotov e Ribbentrop. E potremmo continuare.
Piaccia o meno, il segreto in diplomazia è essenziale.
Sotto questo profilo Draghi sembra lavorare alla luce del sole. “Sembra”, perché è impossibile che non siano in corso anche trattative segrete.
Comunque sia, in che cosa consiste la tela di Draghi? Nel convincere, come dicevamo, l’Ucraina a cedere alle rivendicazione russe. In cambio, sarebbe ammessa in Europa, magari con uno statuto speciale, per non scontentare i russi. Quanto all’ingresso nella Nato, sarebbe rinviato a tempo indeterminato.
Tuttavia per tessere la sua tela – opera certosina probabilmente condivisa da Macron e Scholz – Draghi avrebbe bisogno del consenso degli Stati Uniti. Che potrebbe giungere come non giungere.
La diplomazia americana, non solo sotto Biden, sembra procedere a tentoni. Però il silenzio di questi giorni del Presidente potrebbe essere un silenzio assenso. Oppure potrebbe coprire l’opera della diplomazia segreta americana che in concorrenza con la diplomazia italiana, francese e tedesca Italia si muove nella stessa direzione europea. Quale? Di una ricomposizione fondata – per dire le cose come sono – sulla spartizione dell’Ucraina tra Occidente euro-americano e Russia.
Il vero punto della questione è come convincere russi e ucraini. I russi fin dall’inizio dell’invasione hanno conservato l’iniziativa e non vogliono assolutamente perderla. Gli ucraini, a loro volta, sebbene provati, per ora non sembrano decisi a cedere.
La riprova che la pace sia lontana, o comunque non dietro l’angolo, è rappresentata dal perdurante atteggiamento di neutralità di Papa Francesco. Che, se avesse fiutato la svolta, avrebbe subito cercato, di farla propria. La volontà di riconoscimento di Papa Francesco non è inferiore a quella di Draghi.
Draghi, allora, avrebbe più fiuto di Papa Francesco? Difficile dire. Perché qui ritorniamo a quel discrimine tra realtà e sogno: tra la voglia di riconoscimento di Draghi (l’uomo è ambiziosissimo) e i pochi mezzi deferenziali a disposizione (la Russia non riconosce a Germania e Francia il titolo di pari interlocutore, figurarsi all’Italia…).
Concludendo, miracoli a parte, la tela di Draghi, non sembra molto consistente. Perciò, il suo attivismo potrebbe essere solo propagandistico, magari a uso e consumo della politica interna . Nel senso di guadagnare meriti come perfetto statista e uomo di pace, da investire sul mercato politico italiano.
Malo hic esse primus quam Romae secundus ? In realtà, non sembra un comportamento da Draghi. Come detto, uomo assetato riconoscimenti. L’ambizione fatta persona.
Vedremo
Carlo Gambescia
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