Liberalismo vs Costruttivismo
Una interessante nota di Massimo Maraviglia ( e la mia replica)
Una interessante nota di Massimo Maraviglia ( e la mia replica)
Caro Carlo,
Nel tuo articolo (*) viene tratteggiata una
importante linea di demarcazione politica tra una prospettiva costruttivista -
che culmina nella pretesa di ricostruire l'intera società degli uomini sulla
base dell'individuazione di un Bene astratto, in nome del quale si prescinde da
ciò che le persone considerano bene per sé - e una contraria al costruttivismo,
identificata nel liberalismo.
Leggendo il tuo intervento Carlo Gambescia - di
livello elevatissimo, come lo sono sempre i tuoi - mi veniva in mente Edmund
Burke e la sua critica alla rivoluzione francese. Poi, per associazione, sono
passato ai grandi pensatori controrivoluzionari e ho notato che essi, da punti
di vista non certamente liberali, hanno pure combattuto il costruttivismo
rivoluzionario.
Anzi, diciamo che il tratto fondamentale di
questi pensatori è la convinzione che la monarchia assoluta sia quella forma
“normale” di governo che, garantendo la pace, può lasciare che la società
sviluppi il più liberamente possibile le sue potenzialità. Perché “normale”?
Perché confermata dall’esperienza storica. Come Burke aveva di fronte a sé la
tradizione liberale - che, prima di affermarsi, aveva prodotto una guerra civile
e il taglio di qualche testa - De Maistre e Donoso Cortés avevano in mente la
tradizione continentale di una monarchia non certo innocente quanto a guerre e
devastazioni, ma ai loro occhi sviluppatasi proprio secondo quella logica di
lenti e secolari aggiustamenti che ne facevano il regime meglio funzionante
nella "realtà".
Sempre ai loro occhi il liberalismo, con la sua
ingegneria costituzionale e la sua separazione dei poteri, doveva apparire
un'assurda forma di costruttivismo, il costruttivismo di coloro che, da un
punto di vista borghese e in nome di diritti dalla formulazione astratta,
rifiutavano la naturale propensione delle società ad affidare a un certo gruppo
di uomini il comando e ad uno solo, il re, l'ultima istanza decisionale. Tutto
normale: c'è un potere sociale dell'aristocrazia e un potere politico della
monarchia, il tutto garantito dalla cornice di legittimazione offerta
dall'autorità religiosa della Chiesa.
Quest'ultima "giustamente" si
scandalizza per eresie come la libertà di espressione, di stampa e di
religione: cose appunto giustificate da una ragione astrattamente neutrale, ma
che poi, concretamente, significano che non si adora più il vero Dio, ci si
ribella alla sua giustizia e al fatto "naturale" che ogni autorità
proviene da Lui...di qui al Terrore, la strada è brevissima...
Quale novità è dunque mai questa di un potere
separato in tre organi, di un legislativo dove si discute e basta, di una
Chiesa spogliata della sua maestà, e di un re che, udite udite, regna ma non
governa??? Uno dei nostri realisti (in tutti i sensi) controrivoluzionari,
dando uno sguardo sulla storia, direbbe - ha detto - che una volta aperta la
porta al "costruttivismo" liberale, la via verso quelli democratici e
socialisti è ormai tracciata e diventa molto difficile trovare strade
alternative.
Ovviamente .... relata refero e ambasciator non
porta pena ...
Un abbraccio,
Massimo Maraviglia
(*) Qui l'articolo: http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2020/05/autobiografia-cognitiva-di-un-liberale.html Qui la discussione: http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2020/05/discussioni-liberalismo-e.html .
Caro Massimo,
trovo le tue osservazioni molto sottili, congrue e interessanti.
In
effetti, quale pensiero politico è
totalmente indenne dal costruttivismo? La politica, in quanto tale, oltre che pensiero è azione, quindi trasformazione
delle idee in istituzioni.
Il punto vero però è come intendere questo processo di trasformazione.
Ora, da un punto di vista sostanziale, sociologico, a prescindere insomma dalle etichette politiche, Burke, De Maistre, Donoso, hanno la stessa visione della dinamica
sociale, come esito di un naturale sviluppo delle istituzioni, Però mentre in
Burke (via Hume, come alcuni studiosi ritengono), le istituzioni sono frutto di
un’esperienza indotta da interazioni umane non finalizzate ( quindi istituzioni quale esito non intenzionale di
una specie di provvidenza intrasociale),
in De Maistre e Donoso, dietro le
istituzioni vi sarebbe sempre, per così dire,
lo zampino della provvidenza divina, un fattore extrasociale. Differenza che non è
da poco, perché tra due piani: immanente
e trascendente. Detto altrimenti: per Burke le istituzioni
sono un prodotto dell’esperienza, qualcosa di storico, per De Maistre e Donoso della tradizione, qualcosa di astorico (che - concedo - si fa storia, eccetera).
Ora se è vero, che il costituzionalismo (solo in
seguito definito liberale, soprattutto nel Novecento, certo con qualche
anticipazione, anche importante, ottocentesca…) è una forma
di costruttivismo, lo è come qualcosa che viene dopo e non prima del
processo sociale.
Ripeto: l’esperienza si forma storicamente, quindi è un fattore
storico, la tradizione invece è
metastorica, pur incarnandosi eccetera. Pertanto il costituzionalismo liberale
è un prodotto del (suo) tempo, che non è
venuto prima ma dopo secolari sommovimenti: a far tempo, per darsi un minimo sindacale di termine a quo, dalle
guerre di religione e dalle rivoluzioni inglesi, americane e francese. Attenzione: sommovimenti storici - è agli atti - che
erano liberali senza saperlo. Per contro,
la monarchia, con la sua natura divina, secondo il pensiero
controrivoluzionario, era invece lì da sempre.
Pertanto, riguardo ai pensatori citati, ci
troviamo dinanzi a due forme di critica del costruttivismo dai differenti fondamenti
cognitivi.
Ciò non significa negare la natura costruttivista
del costituzionalismo, ma soltanto
ricordare che viene “dopo”. E in quel “dopo” c’è una visione della dinamica sociale che
aprirà all’interno del pensiero liberale ( che come tale si costituisce solo alla
fine del ciclo rivoluzionario) una riflessione sul ruolo politico del
liberalismo nella gestione dei processi sociali che vedrà delinearsi posizioni differenti, archiche, micro-archiche, an-archiche, macro-archiche, quindi anticostruttiviste e costruttiviste. Nel quadro però di una migliore aderenza, in particolare del liberalismo archico e micro-archico, come scrivevo ieri, ai processi sociali
come dinamica interattiva e afinalistica (quanto al concepimento intenzionale delle istituzioni) tra individui.
Ricambio l’abbraccio,
Carlo Gambescia