FCA e sindacati in perfetto accordo sul prestito statale
Il patto corporativo
Al
“patto corporativo” tra gruppi di
pressione abbiamo dedicato alcune pagine finali di Passeggiare tra le rovine, dimostrando in un' ottica comparativa e scientifica che i nostri sistemi sociale e politici rischiano di morire di spesa
pubblica contrattata (e dilapidata) all’arma bianca.
Un
esempio? La richiesta di una garanzia
statale da parte di FCA appoggiata dai sindacati sul prestito da 6.3 miliardi… FCA ha sede all’estero, come è giusto che sia,
scelta di libertà per ragioni di tasse più basse, che chi scrive condivide.
Quel che invece non accettiamo è il furbo ripudio della libertà economica per
contrattare un prestito con lo stato italiano. Un liberalismo da straccioni…
Questa
gente rappresenta veramente la rovina
del libero mercato, ridotto a opzione, ovviamente se e quando conviene… Come mostra il perfetto accordo tra FCA e sindacati, un
gruppo di pressione, quest’ultimo, notoriamente autarchico, che infatti sembra credere o meglio vuole credere alla storiella che il prestito servirà a difendere il lavoro italiano... Roba da sindacato fascista...
Se
lo stato non regalasse soldi a nessuno, queste cose non accadrebbero. Come pure ne saremmo fuori se il prelievo fiscale sulle imprese fosse
più basso in Italia. Cosa che purtroppo non è.
Già
sentiamo la lagna: quale sarebbe la
sorte dei lavoratori, se lo stato rifiutasse l'aiutino? E giù lacrime, con un occhio solo...
La
verità è che si tratta di un duplice ricatto:
dell'imprenditore furbastro, liberale a corrente alternata, che vuole
intascare i soldi pubblici, e del sindacato parassita, che non si
preoccupa dei tassi stellari, non competitivi, di un costo del lavoro al metadone. Senza dimenticare gli effetti di traslazione finanziaria del prestito sul debito pubblico, che andrà a ricadere, in
termini di straripante pressione fiscale, sulle spalle dei cittadini, tutti i cittadini...
Ripetiamo:
si chiama patto corporativo, di cui lo stato è garante perché tira fuori il
soldi, togliendoli però dalle tasche di tutti cittadini. Insomma, alcuni, i furbi, si
avvantaggiano a spese di altri, gli stupidi...
Il
che può funzionare, seppure in modo costoso, finché il Pil cresce. Appena però la produzione cala, e la torta si fa più
piccola, il sistema non funziona più: perché le fette si fanno sempre più sottili.
Eppure,
come sta accadendo, i gruppi di pressione, fingendo di non capire, non rinunciano al dessert (a dire il vero, neppure
alle altre portate): costi quel che costi. Sicché il patto corporativo si trasforma in una specie di nodo scorsoio
che lentamente toglie il respiro alla società fino a farla
morire per mancanza d’aria…
C’è
un rimedio? Sì, libera concorrenza e lotta legislativa agli oligopoli non necessari, perché a danno dei consumatori. Ad esempio, il
costo delle autovetture FCA in Italia
(ma anche in Europa) non è concorrenziale.
O
comunque sia, stop ai finanziamenti pubblici di qualsiasi genere:
imprese e sindacati si rimettano al giudizio dei mercati. Già però sentiamo i “sindacalisti”: gli
eventuali licenziamenti? Che si fa?
Un
Pil crescente produce sempre nuovi posti
di lavoro. E di conseguenza in un sistema non governato da patti corporativi,
trovare lavoro diventa la cosa più facile del mondo...
Pecchiamo
di ottimismo? D’accordo. Allora non restano che due strade: patto corporativo
fino all’autodistruzione o trasformazione del patto corporativo in
corporativismo fascista vero e proprio. Però anch’esso, come prova la storia, conduce alla rovina.
Certo, dimenticavamo, resta l’ipotesi del glorioso cammino verso il luminoso socialismo, reale o meno. Auguri…
Carlo Gambescia