Trump contro Twitter (e Twitter contro Trump)
L’ipocrisia fa male alla libertà di
stampa
Le
libertà di stampa resta la rappresentazione
più alta della modernità. Se c’è una differenza tra la libertà degli antichi e
la libertà dei moderni, per riprendere
un storica diatriba, questa differenza è nella tutela della libertà di opinione, messa nero su bianco dai moderni.
Ovviamente, l’esercizio concreto della libertà di stampa è negato e criticato dai nemici della società aperta (o
moderna): fondamentalisti di ogni tipo, fascisti, comunisti, islamisti, populisti,
welfaristi, ecologisti. Tutti insieme evocano forme di libertà “più alte”, da opporre
alle false e corrotte libertà liberali schiave di un pugno di ricchi capitalisti.
La
reazione di Trump, che vuole chiudere la bocca a Twitter, è liberale o fondamentalista? Prima di rispondere, va riconosciuto che il
principio della libertà di stampa non può conoscere limiti. Certo, esiste il rischio della diffusione di notizie tendenziose o
false. Un rischio, che con l’avvento dei
social, si è moltiplicato. Che fare allora? Nulla. Perché, per dirla fuori dai denti, al di fuori dello stretto lavoro scientifico,
non esistono fatti ma solo opinioni. Di qui, il nostro scetticismo sull’ utopistica adozione da parte dei nuovi media, di alcuni criteri
come quello del fact checking per
combattere la disinformazione. Un fenomeno quest'ultimo, che purtroppo più che alla "natura" dei fatti resta legato alla "natura" umana: alla credulità degli uomini, che
al capire preferiscono sempre il credere. Insomma, siamo dinanzi a un fenomeno difficile, se non impossibile da contrastare, senza a mettere a rischio la libertà di stampa. Il che è un problema con il quale imparare, finalmente, a convivere.
Per tornare ai "fatti", Trump si è ritrovato sotto un suo tweet, l’invito ai lettori della Piattaforma di andare verificare su una apposita pagina, assemblata dai redattori di Twitter, la veridicità di quanto egli aveva scritto sul voto per posta, presentandolo come causa certa di brogli. Una pagina dove perciò si metteva in discussione la tesi di Trump.
Per tornare ai "fatti", Trump si è ritrovato sotto un suo tweet, l’invito ai lettori della Piattaforma di andare verificare su una apposita pagina, assemblata dai redattori di Twitter, la veridicità di quanto egli aveva scritto sul voto per posta, presentandolo come causa certa di brogli. Una pagina dove perciò si metteva in discussione la tesi di Trump.
Si
è trattato chiaramente di un atto
politico: Twitter è contro Trump, e Trump,
replicando da par suo, ha
minacciato, in sostanza, di introdurre una specie bavaglio
economico-legale contro quelle piattaforme “che vogliono mettere a tacere le
voci dei conservatori”. In pratica, Trump ha firmato un decreto, che ovviamente andrà discusso e votato, in cui si propone di ridurre l’immunità legale delle piattaforme,
esponendole, per ciò che terze parti vi scriveranno, al rischio di cause milionarie.
Diciamo
che la sproporzione tra quel che è successo e la reazione di Trump è evidente. Che le grandi piattaforme social siano poche, come afferma il
Presidente, quindi espressione di un’oligarchia mediatica (questo il concetto sotteso),
non è una buona ragione per limitare la libertà di stampa, perché un
provvedimento del genere, andrebbe a ledere la libertà dei piccoli editori social, che non sono pochi. Insomma,
Trump, uomo di estrema destra, si comporta come Allende, politico di estrema sinistra, che
negava la carta, per ragioni “ufficiali” di “pluralismo economico” ai giornali cileni di opposizione, anch’essi giudicati come longa manus dell’oligarchia. Quella di Trump, non è una reazione liberale...
Twitter
è contro il Presidente? Sì. E non c’è
nulla di male. Trump ne deve prendere atto in nome della libertà di opinione. Come Twitter del resto. Che però dovrebbe uscire allo scoperto, senza nascondersi dietro le regolette del fact checking. Come d'altra parte Trump, che invece si acquatta sotto le fresche frasche di norme
giuridico-economiche solo in apparenza neutrali.
La
libertà di espressione è un valore moderno, probabilmente fin troppo elevato per quella che è la natura umana. Dobbiamo prenderne atto. Ma resta,
come dicevamo, una grande conquista dei moderni, di poche nobili menti. Siamo dinanzi a
qualcosa che distingue, dalle altre, la nostra civiltà liberale e di cui andare fieri, qualcosa che
va difeso. E di certo,non con l’ipocrisia.
Carlo Gambescia