Artisti di Regime?
Uno
dei fenomeni culturalmente più interessanti di questi difficili mesi rimanda all’improvviso
predominio di una cultura dell’autorità, subito largamente
maggioritaria, che ha spinto nell’angolo
la cultura
della libertà.
Un
esempio? Non si capisce perché molte
figure pubbliche, le stesse che prima
dell’epidemia difendevano qualsiasi
causa (semplificando) “liberal”, abbiano
invece appoggiato, quasi a prescindere, le misure autoritarie del Governo Populista. Ovviamente, la versione più accreditata, veicolata dai mass media resta quella di un ammirevole impegno civile per difendere provvedimenti
“presi per il nostro bene”.
Insomma,
nel giro di pochi giorni, il massimo del libertarismo si è tramutato nel
massimo dell’autoritarismo. Il fenomeno non ha riguardato solo l’Italia, ma l’intero
Occidente, e i primi a scendere in campo, spendendosi in favore del “confinamento”, sono stati, attori, cantanti, artisti in
genere: le cosiddette élite prive però
di un reale potere. Che in qualche
misura hanno obbedito, come colte da un riflesso
pavloviano, agli ordini non scritti del potere politico.
Hanno
agito allora senza alcuna consapevolezza? In realtà alcuni giorni fa, non
ricordiamo bene chi, comunque un noto cantante italiano, chiedendo un occhio di
riguardo, probabilmente fiscale, per “la
categoria”, ha rivendicato il ruolo
svolto, insieme ai suoi colleghi, durante la crisi, nel trasmettere un messaggio politico di coesione
e collaborazione a tutti gli italiani confinati in casa: “Senza
di noi - queste le sue parole, cito a memoria - il Governo non ce l’avrebbe fatta”.
Affermazione che rimanda alla cosiddetta riscossione dei
dividendi sociali. Dei sacrifici affrontati, durante la “guerra al virus” presentanti ufficialmente come patriottici, dietro i quali, come pare, si nascondevano invece non poche riserve
mentali.
La
metafora della guerra, introdotta dal governo, spiega, come per ogni conflitto, quel criterio, una volta vinta la guerra, antichissimo
criterio, della “spartizione del bottino”, alla quale evidentemente le “élite
senza potere” degli artisti desiderano comunque partecipare.
Di qui, evidentemente, la rivendicazione dei meriti dal punto di vista della partecipazione alla battaglie propagandistiche del Governo Populista. Artisti di Regime? Decida il lettore.
Di qui, evidentemente, la rivendicazione dei meriti dal punto di vista della partecipazione alla battaglie propagandistiche del Governo Populista. Artisti di Regime? Decida il lettore.
Comunque
sia, il fatto che la cultura della
libertà, per l’artista contemporaneo valga così poco, al punto di barattarla, per poche briciole, lascia veramente perplessi.
Il libertarismo, o meglio pseudo-libertarismo, del mondo dello spettacolo, sempre pronto a firmare manifesti per le più astruse e pittoresche forme di libertà, ha dato prova di non essere assolutamente consapevole del valore della libertà che invece pretende di difendere.
Il libertarismo, o meglio pseudo-libertarismo, del mondo dello spettacolo, sempre pronto a firmare manifesti per le più astruse e pittoresche forme di libertà, ha dato prova di non essere assolutamente consapevole del valore della libertà che invece pretende di difendere.
Il
che impone una riflessione su quanto le nostre società, a partire dalle élite, siano realmente liberali. Se in occasione dell'epidemia, la parte, per antonomasia, più libertaria,
quella della cinema, della televisione, delle grandi arene, sembra essere stata la prima a cedere, figurarsi il resto...
Carlo Gambescia
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