La liberazione di Silvia Romano
Un popolo di bambini immaturi (ma per colpa
dello stato…)
A
differenza della "destraccia" rappresentata da “Libero”, “il Giornale”, “ La Verità” e
compagnia cantante non ci interessa affatto la conversione “spontanea”, come ha
dichiarato la stessa Silvia Romano al
suo arrivo ieri a Ciampino.
Chi scrive, a differenza di liberali per caso come
Sallusti, Feltri, Belpietro, rispetta
tutte le opinioni, anche religiose, persino le più radicali, Fino a quando, però, non si trasformino, nella pratica, in
atti di violenza o terroristici. E non sembra essere questo il caso di Silvia Romano. Si è convertita all'Islam? Auguri.
In realtà punto della questione è un altro.
Ufficialmente non si è parlato di riscatto. Di regola però, i gruppi fondamentalisti o di puri e semplici
briganti internazionali, per liberare un ostaggio non si accontentano di strette di mano, perché vivono economicamente dei sequestri e
del denaro, spesso tanto, che ne deriva.
Conte
e Di Maio, due autentici bulli
statalisti, vantandosi della liberazione, per ora, non hanno confermato né smentito.
Chi scrive crede invece che ai sequestratori, fondamentalisti o meno, sia stato verso un bel
gruzzoletto di miliardi. E questo
non è giusto. Perché, un conto è intervenire (anche se discutibile) nei riguardi di un
soldato italiano in missione, un altro nei riguardi un privato che per motivi
personali (non interessa se umanitari
turistici) si reca all’estero e per giunta in zone ad altro rischio.
Esistono
assicurazioni private, anche molto
buone, perciò prima di partire, non si
deve fare altro che stipulare una polizza vita o qualcosa di simile. Se troppo
oneroso, si può sempre evitare di
partire, oppure, in nome dei propri ideali (umanitari, turistici, eccetera), ci
si fa carico moralmente di tutti i rischi connessi, anche di perdere la vita.
Pagare un riscatto - proprio in questi giorni si celebra, per primo Mattarella, la fermezza dello Stato nei giorni del sequestro Moro - significa cedere a una perversa logica di sistema che ha generato e genera un’industria dei sequestri a livello internazionale, e non importa se per ragioni ideologiche o meno.
Per contro, lo stato che si rifiuta di pagare non crea precedenti e quindi non favorisce l’estorsione generalizzata e il rafforzamento, in caso di sequestri ideologici, del nemico naturale. Sociologicamente, si chiama, ripetiamo, logica di sistema.
Nel caso stesso del militare in missione, la reazione più naturale dovrebbe essere quella della ritorsione o del colpo di mano. Pagare è sempre segno di debolezza, figurarsi in ambito militare e geopolitico. Anche perché come ben sanno ( o dovrebbero sapere) i veri soldati, una divisa non può essere mai garanzia di lunga e tranquilla vita. Quindi prima di indossarla si deve sempre riflettere su concetti e valori come onore, coraggio, eccetera, eccetera.
Quanto ai privati cittadini, la riflessione, soprattutto su se stessi, sui propri principi e su cosa si voglia veramente dalla vita, dovrebbe essere ancora più profonda, una volta appurato, che in caso di sequestro lo stato non alzerà un dito. In parole povere, la libertà impone la responsabilità. E questa a sua volta, la maturità. Che implica una accurata analisi delle conseguenze dei propri atti. Esiste un detto popolare, che rende bene l'idea: "chi rompe paga... e i cocci sono suoi".
Certo, non è questo il caso di Silvia Romano, di cui nessuno vuole giudicare il senso di responsabilità (ci mancherebbe altro), ma, stando alle cronache, quasi sempre è andata così.
Certo, non è questo il caso di Silvia Romano, di cui nessuno vuole giudicare il senso di responsabilità (ci mancherebbe altro), ma, stando alle cronache, quasi sempre è andata così.
Certo, se si continuerà a ripetere, come fanno il Presidente del Consiglio e il Ministro degli Esteri, che “lo Stato non lascerà mai nessuno solo”, gli italiani, in divisa o meno, non cresceranno mai…
Rischiano di comportarsi, e per sempre, da bambini immaturi e capricciosi.
Carlo Gambescia