Politica, governo e magistratura
Le parole di Mattarella…
Mattarella parlò: “Se
i partiti politici e i gruppi parlamentari sono favorevoli a un Consiglio Superiore della Magistratura formato
in base a criteri nuovi e diversi, è necessario che predispongano e approvino in
Parlamento una legge che lo preveda”. Perfetto. Da prendere alla lettera.
Dal
punto di vista generale dello stato di diritto, il
concetto di divisione di poteri dovrebbe rinviare alle
istituzioni, mai al governo. Pertanto la magistratura dovrebbe essere sempre messa nelle condizioni
istituzionali, stabilite dalle costituzioni, di non subire pressioni
governative.
Perché
usiamo il condizionale? In Italia, - sia dia una scorsa all’articolo 104 della
Costituzione (dal Titolo IV, sull’Organizzazione della Magistratura) - il Governo, che è emanazione del Parlamento, sui
cui banchi siedono i gruppi politici di
maggioranza, vota in seduta comune la nomina di un
terzo dei componenti del
Consiglio Superiore della Magistratura, ( con funzioni di autogoverno della
magistratura). Che a sua volta è presieduto dal Presidente della Repubblica, organo costituzionale eletto dal Parlamento in seduta comune e integrata, quindi,
ripetiamo, anche dai gruppi politici di maggioranza. Come si
può intuire, la
Magistratura , quanto meno per una parte dei componenti il suo
organo direttivo, nonché nella sua figura apicale, non è realmente indipendente dalla maggioranza di governo e comunque sia, sociologicamente parlando, dallo scambio politico-parlamentare. Altro che divisione dei poteri...
Del
resto l’articolo 110, sempre dal Titolo IV, è una specie di capolavoro di oscurità: “Ferme le competenze del Consiglio
superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia
l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia”.
Il senso e significato dei “servizi relativi” è in pratica rimesso nelle mani del Governo e
della maggioranza su cui si regge, nonché dei giuristi-virologi - se ci si passa la battuta - che non mancano né mancheranno mai. Parliamo di una situazione vischiosa prodotta dalla stessa Costituzione: uno strumento giuridico che invece dovrebbe tutelare istituzionalmente
la Magistratura
dalle sempre possibili pressioni politiche del Governo.
Ciò significa che va rivista la
Carta , a cominciare dagli articoli 104 e 110. Proprio per salvaguardare lo stato di diritto e la divisione dei poteri. Altrimenti
sarà sempre difficile, se non impossibile, garantire la reale indipendenza della
magistratura. Necessità di cui il Presidente Mattarella, come riferito all'inizio, sembra rendersi perfettamente conto. Il che è lodevole.
Un ultimo punto,
non secondario. Al magistrato, quanto meno nell’esercizio
delle sue funzioni si imporrebbe l’assoluta
apoliticità. Cosa ovviamente difficile, se non impossibile, sul piano
antropologico e sociale. Tuttavia
in Italia, crediamo si sia andati ben oltre la fisiologia
politica. Al riguardo si dia un’occhiata alle cronache politico-giudiziarie
degli ultimi venticinque anni. Altro che magistratura indipendente dalla
politica…
Anche su questo punto, molto importante sarebbe auspicabile una decisa presa di posizione del Presidente Mattarella, ovviamente ufficiale.
Carlo Gambescia