Trump e la politica estera da reality show
Generale Soleimani, you’re fired!
Invitiamo
i lettori a non seguire le false piste, che in questo caso sono tre: la prima
di magnificare Trump, “vindice” degli Stati Uniti e dell’Occidente sovranista, tesi che piace tanto ai populisti;
la seconda,
di qualificarlo come una specie di machiavellico stratega del terrore a stelle
e strisce, come lo immagina la sinistra; la
terza di ridurre “il licenziamento” del generale Soleimani (poi spiegheremo il perché del termine…) a un tentativo di spostare l’asse
della politica americana, dall’interno, dove incombono impeachment ed elezioni, all’esterno in chiave Stars and Stripers Forever . Insomma, di
buttarla in caciara politologica, come di solito amano fare gli americanologi, lontani parenti
dei dotti cremlinologi, incapaci però di prevedere la dissoluzione dell’Unione Sovietica.
Allora
qual è la chiave giusta? Che gli Stati Uniti, con Trump al potere, navigano a
vista. Come nel reality, “The Apprentice”,
che lo ha reso famoso, Trump, con una decisione improvvisa, ha licenziato, riducendolo in cenere, un
candidato- generale iraniano, esperto in sicurezza (non la propria
ovviamente…). Prossima puntata di
Apprentice-Iran, prossimo candidato. E così via.
Si rifletta su un punto, da manuale del naive in politica estera e realismo politico: Trump,
invece di stare zitto, puntando sulla cupa incertezza di una escalation
militare Usa, ha subito dichiarato, che
non vuole guerre con l’Iran, escludendo pubblicamente l’unica forma
totale di deterrenza polemologica che può impedire agli iraniani di alzare la
posta.
Il
che accade perché Trump, come ogni isolazionista, a differenza di Obama, Bush e Clinton, non ha
una strategia per il Medio Oriente (come per il resto del mondo), ma solo per la politica interna americana (ammesso e non concesso che la si possa ritenere tale).
In realtà, l’isolazionista tipo è come lo struzzo: mantiene la testa nascosta nella sabbia, per tirarla fuori solo per
commettere stupidaggini. Gli Stati Uniti tra le due guerre non che amassero Hitler, ma
non avevano una politica precisa da opporgli, se non quella di
pavoneggiarsi, però dall' alto sulla famosa collina, con l'abito della domenica dei migliori nel mondo.
Per restare al
Novecento, vanno registrate almeno due tipologie di isolazionismo Usa: moraleggiante, come quello degli anni Venti e
Trenta e populisteggiante, come quello
di Trump.
In
quest’ultimo personaggio però prevale la chiave pop-televisiva dello sbalzo umorale del giudice da talent o reality, che non bada alle conseguenze delle
proprie decisioni, ma solo all'applauso del pubblico in quel momento.
Qui
il vero problema è che Trump ha polverizzato
un generale iraniano perché gli girava così. Non ha strategie, tattiche, risorse politiche e culturali,
Trump è il nulla. Un nulla, come per tanti famosi personaggi
televisivi, neppure strutturato. Una miseria umana e politica. Trump è pericoloso perché confonde gli studi televisivi con la realtà. Sicché, gli viene facile licenziare chi sia intorno a lui. E lontano da lui, in modo ancora più spiccio. Due razzi e via...
Insomma, Generale Soleimani you’ re fired. Avanti un altro concorrente... E giù applausi.
Non c’è altro da scoprire…
Purtroppo.
Carlo Gambescia