lunedì 20 gennaio 2020

Sul populismo
Tempi della politica e logica tribale

I tempi della politica  non sono i tempi dei nuovi e vecchi  media. Nel senso che l’implementazione delle decisioni politiche,  soprattutto nei sistemi liberal-democratici (ad esempio l’Europa occidentale è liberal-democratica, Cina e Russia no), non sono mai immediate.  Esistono procedure da rispettare, spesso  però  usate come risorse  da tutte le forze politiche.  Il che non facilita...   
Sicché  i tempi si allungano e  il cittadino  finisce per non ricordare e  metabolizzare.  Anche perché sommerso dalla veloce  tempistica delle notizie e dei commenti. Un vero bombardamento mediatico incalza la gente comune   fornendo scenari previsionali il più delle volte catastrofici, però romantici e avvincenti per i più. Sicché il serpentone informativo si morde la coda dell'audience. Più ha successo, più cresce l'inorientamento collettivo della percezione distorta della realtà.         
Infatti,  in un clima del genere le reazioni collettive non possono che andare dallo scetticismo al pessimismo per sfociare inevitabilmente nel disprezzo verso le procedure e la tempistica  della liberal-democrazia.  Di qui,  la domanda, sempre più diffusa, di leader  decisionisti capaci di ignorare regole, oppure abili, fino addirittura a vantarsene, di sfruttare le procedure  a proprio vantaggio.  Il populismo, che oggi sta travolgendo psichicamente la destra come la sinistra,  si muove in questa direzione.   

Purtroppo  non esistono rimedi, o ricette sicure per combattere una deriva del genere.  Anche perché l’implementazione delle decisioni risente della complessità dei quadri sociali. Cioè  - semplificando - della quantità di persone, con status, ruoli e codici differenti coinvolte nel processo, prima di discussione, poi di decisione e infine, come dicevamo, di implementazione.  Insomma, che oggi  le comunicazioni, in senso fisico, siano rapidissime, non significa che in senso sociologico sia mutato qualcosa. Anzi la moltiplicazione delle specializzazioni, non presente in altre epoche,  rende tutto più  difficile sul piano sociale.  

C'è però dell'altro.  Se in passato la decisione di un imperatore aveva effetto immediato, la sua realizzazione, risentiva dei tempi lunghi del  sistema comunicativo e organizzativo arcaico. Oggi invece la decisione di un governo parlamentare, in fase ideativa,  risente   dei tempi lunghi  di discussione e approvazione.  Quindi primo stop, per così dire.  Dopo di che - ecco il secondo stop -   nella fase applicativa, nonostante la modernità dei sistemi comunicativi e organizzativi, la decisione  risente  del giudizio degli specialisti sul campo  e di un' opinione pubblica  oggi  legata  alla tempistica istantanea dei mass media e dei  social. 
Da questa discrasia tra decisione e implementazione, che pur per ragioni differenti,  persiste in contesti storici diversi,  nasce  quel senso di impotenza, che pur con coloriture ideologiche differenti, ha caratterizzato e caratterizza l’atteggiamento  ieri del suddito oggi del cittadino.
Quindi siamo dinanzi a una dinamica organizzativa e ideologica che attraversa la storia umana. Ovviamente, quanto più la catena di comando è ridotta  e le strutture organizzative limitate, tanto più i tempi tra decisione e implementazione tendono a ridursi.  

Una tribù ha un potere di effettività delle sue decisioni di gran lunga superiore a quello di una civiltà complessa. Storicamente parlando,  fu questo il segreto, a livello di antropologia sociale, dei Goti che premevano sul limes di Roma, degli Arabi fermati a Poitiers, dei Mongoli che si spinsero fino alle frontiere moscovite d’Europa, dei Turchi nella prima età moderna. Si chiama tribalismo.
Probabilmente però, al di là della tribù in quanto tale, sussiste una logica tribale transtorica ( o meglio metapolitica nella sua ricorrente opposizione all'universalismo). Quale?  Quella dell’obbedienza al capo che si presume dotato di superpoteri.  Logica che implica, per effetto di ricaduta,  una specie di crescente frenesia mobilitante, che possiamo ritrovare in forme politiche moderne come il  nazionalismo, incarnatosi nel razzismo dichiarato di un capo mitizzato come Hitler. Logica che vive in simbiosi con il culto del superuomo. Ma che ha forza sociologica propria. Si pensi alla Grande Armée napoleonica -  ma si potrebbe risalire fino alle imprese di  Cesare e Alessandro Magno -   che procedendo  di vittoria in vittoria,  moltiplicò, a livello di  gruppo sociale, il  potere  mobilitante dei soldati francesi e quello  dell’effettività decisionale, incarnata dal capo mitizzato, Napoleone.  effettività rafforzata dall'onda lunga dei rapidi successi. Fino a Mosca.     
Concludendo, dietro  l’invito a  “fare presto”  e la retorica del  “tutto e subito”,  due finestre sociali che oggi distinguono  la domanda politica populista,  si affaccia lo sguardo maligno della logica tribale. Che poi, per parafrasare  Montesquieu, è quella  del selvaggio che per raccogliere la  mela taglia l’albero. 

 Carlo Gambescia