Antisemitismo e modernità
Chiunque conosca la storia europea, e ovviamente sia intellettualmente onesto, sa bene che l’antisemitismo ha
radici profonde. Per secoli le comunità ebraiche sono state discriminate dalla Chiesa cattolica e da una cultura, anche
quando apparentemente laica, che culturalmente risentiva della condanna religiosa.
Del resto stabilire storicamente quando l’antisemitismo si sia laicizzato non è facile. Probabilmente, la legislazione post
Rivoluzione francese, che favorì l’integrazione degli ebrei, provocò la
reazione dei nemici della società aperta (per dirla con Popper) di destra e di
sinistra, che vedevano nell’ebreo un pericoloso
portatore dello spaventoso germe del
modernità.
Sotto
questo profilo l’antisemitismo catalizza
tuttora quei movimenti politici
che alla società liberale e aperta,
vogliono sostituirne una autoritaria e chiusa. E qui si pensi al nesso politico profondissimo tra razzismo e antisemitismo, il cui trait
d’union novecentesco è caratterizzato dal tremendo effetto di
ricaduta istituzionale della dottrina nazionalsocialista.
Modernismo
reazionario che ancora oggi affascina a
livello di massa. Si pensi ad esempio alla nostalgica vulgata ecologista, ossia all’idea assai diffusa che la modernità sia
pericolosa. Idea che, nella sua genuinità,
risale al tratto bucolico (trasversale sia al cristianesimo delle origini che al paganesimo) del pensiero
controrivoluzionario. L’ecologismo, non solo nelle sue correnti estreme, ritiene di poter cancellare la modernità utilizzando i suoi stessi
mezzi. Semplificando: Bicicletta + Società chiusa. Ovviamente le due ruote, o le quattro di un'automobile elettrica, non sono paragonabili alle camere a gas. Però la forma mentis è la stessa. Il che perciò non esclude, almeno in linea di principio, che un bel giorno anche i "portatori" del germe capitalistico possano, secondo gli auspici di una medicina purificatrice dell'ambiente e della razza, essere messi sui treni...
Parliamo insomma di sentimenti collettivi, segnati da quella ciclica motilità ricondotta da Geiger nell'alveo del concetto di una pericolosa "democrazia emotiva". E ciò vale a maggior ragione per l’antisemitismo, vero sedimento emotivo che cova sotto la cenere delle nostre società. Il che spiega
perché si teme giustamente che esso possa
di nuovo diffondersi.
Per
farla breve, poiché l’antimodernismo è piuttosto diffuso a livello collettivo,
nulla esclude che l’antisemitismo, come sua importante componente, possa un
giorno, come per l’ecologismo nostalgico, fare di nuovo il suo ingresso nell’agenda politica.
Si
pensi all’ impazzimento collettivo in atto sulla “crisi climatica”, recepito però dai politici per paura di perdere
consensi. La stessa cosa potrebbe accadere
con un fenomeno, emotivamente coivolgente, che viene da ancora più lontano, come l’antisemitismo.
Di
qui la necessità di invigilare, cominciando da se stessi, per dirla con Croce, per contrastare la velenosa diffusione collettiva della menzogna antisemita.
A tale proposito, quel che va assolutamente evitato, soprattutto
da chiunque conosca bene la letteratura storica e sociologica in argomento, è minimizzare il pericolo antisemita, soffermandosi fin troppo sui
rischi della strumentalizzazione
politica.
Rischi che ovviamente esistono, ma sono qualcosa che viene dopo: fanno parte della "cosa" ma non sono la cosa". E qui pensiamo all’intervista di Alessandro Campi in argomento (*). Dove si parla sì, di complessità della storia, senza però chiarire in cosa consiste, per poi attaccare subito la sinistra, trovando il tempo di chiedere persino monografie critiche su Almirante… Certo, queste sono le cose importanti...
Rischi che ovviamente esistono, ma sono qualcosa che viene dopo: fanno parte della "cosa" ma non sono la cosa". E qui pensiamo all’intervista di Alessandro Campi in argomento (*). Dove si parla sì, di complessità della storia, senza però chiarire in cosa consiste, per poi attaccare subito la sinistra, trovando il tempo di chiedere persino monografie critiche su Almirante… Certo, queste sono le cose importanti...
Siamo
davanti a un professore, che pur non essendo antisemita, invece di offrire elementi
di riflessione, inquadrando la questione
dell’antisemitismo in un contesto più “complesso”, si presta con leggerezza all' inutile chiacchiericcio politico.
Carlo Gambescia