mercoledì 29 gennaio 2020

Antisemitismo e  modernità

Chiunque conosca la storia europea, e ovviamente  sia  intellettualmente onesto, sa bene che l’antisemitismo ha radici profonde. Per secoli  le  comunità ebraiche  sono state discriminate dalla Chiesa cattolica e da una cultura, anche quando apparentemente  laica,  che culturalmente  risentiva della  condanna religiosa.
Del resto stabilire storicamente quando l’antisemitismo si sia laicizzato non è facile. Probabilmente, la legislazione post Rivoluzione francese, che favorì l’integrazione degli ebrei, provocò la reazione dei nemici della società aperta (per dirla con Popper) di destra e di sinistra, che vedevano nell’ebreo un pericoloso  portatore  dello spaventoso  germe  del  modernità.
Sotto questo profilo  l’antisemitismo  catalizza  tuttora quei movimenti politici  che alla società liberale e aperta,  vogliono sostituirne una autoritaria e chiusa.  E qui si pensi al nesso politico profondissimo tra  razzismo e antisemitismo,  il cui trait d’union  novecentesco   è caratterizzato dal tremendo effetto di ricaduta istituzionale della dottrina nazionalsocialista. 
La Shoah, nasce all’interno di una “operazione” ben congegnata (si fa per dire) dal modernismo reazionario. Ossia da un’ideologia contraddistinta  dall' uso  di mezzi moderni rivolti però a fini reazionari. In sintesi:  Camere a gas  +  Società chiusa. 
Modernismo reazionario che ancora oggi affascina  a  livello di massa. Si pensi ad esempio  alla nostalgica vulgata ecologista,  ossia  all’idea  assai diffusa   che la modernità sia pericolosa.  Idea che, nella sua genuinità, risale al tratto bucolico (trasversale sia al cristianesimo delle origini che al paganesimo) del pensiero controrivoluzionario. L’ecologismo, non solo nelle sue correnti estreme, ritiene  di poter cancellare la modernità  utilizzando i suoi stessi mezzi.  Semplificando:  Bicicletta  + Società chiusa.  Ovviamente le due ruote, o le quattro di un'automobile elettrica,  non sono paragonabili alle camere a gas.  Però la forma mentis  è la stessa.  Il che perciò  non esclude, almeno in linea di principio,   che un bel giorno anche i "portatori" del germe capitalistico  possano, secondo gli auspici di una medicina purificatrice dell'ambiente e della razza,  essere messi sui treni...
Parliamo insomma di sentimenti collettivi, segnati da quella ciclica motilità ricondotta  da Geiger nell'alveo del concetto di una pericolosa "democrazia emotiva".  E ciò vale a maggior ragione per l’antisemitismo, vero sedimento emotivo che cova sotto la cenere delle nostre società.  Il che  spiega  perché si teme  giustamente  che  esso   possa  di nuovo  diffondersi. 
Per farla breve, poiché l’antimodernismo è piuttosto diffuso a livello collettivo, nulla esclude che l’antisemitismo, come sua importante componente,  possa un giorno, come per l’ecologismo nostalgico,   fare di nuovo il suo ingresso nell’agenda politica.  
Si pensi all’ impazzimento collettivo in atto sulla “crisi climatica”, recepito però  dai politici  per paura di perdere consensi.  La stessa cosa potrebbe accadere con un fenomeno,   emotivamente coivolgente,  che  viene da ancora più lontano,  come l’antisemitismo.     
Di qui la necessità  di  invigilare, cominciando da se stessi, per dirla con Croce,   per contrastare la velenosa diffusione collettiva  della  menzogna antisemita.   
A tale proposito, quel che  va assolutamente evitato,  soprattutto da chiunque conosca bene la letteratura storica e sociologica in argomento,   è   minimizzare il pericolo  antisemita,   soffermandosi fin troppo sui rischi della  strumentalizzazione politica.
Rischi che ovviamente esistono, ma sono qualcosa che viene dopo: fanno parte della "cosa" ma non sono la cosa".  E qui pensiamo all’intervista di Alessandro Campi in argomento (*).  Dove si parla sì, di complessità della storia,  senza però chiarire in cosa consiste,  per poi attaccare subito  la sinistra, trovando il tempo  di  chiedere persino  monografie critiche su Almirante…  Certo,  queste sono le cose importanti... 
Siamo davanti a un professore, che pur non essendo antisemita, invece di offrire elementi di riflessione, inquadrando  la questione dell’antisemitismo in un contesto più “complesso”,  si presta con leggerezza  all' inutile chiacchiericcio politico.  

Carlo Gambescia