giovedì 2 gennaio 2020

Papa Francesco “strattonato”
La prevalenza del profano



Come ne hanno parlato i  mass media ?   Che anche il papa  “si arrabbia” e che quindi è un essere umano.  
In realtà, l'intera  situazione, piuttosto che la sola  reazione del pontefice, può essere  letta come la metafora finale  di una chiesa, che  da Giovanni XXIII  in poi,   ha rinunciato all’esercizio sacrale della sua sovranità sui fedeli, fin dalla figura del papa stesso.  E perfino  nei minuti comportamenti. Una situazione avvilente che con Papa Francesco, che si comporta come un leader peronista, ha toccato il fondo.

Chi scrive non è un tradizionalista, né un seguace della teocrazia, né peggio ancora un clericale. Quel che  ci interessa è  il punto sociologico. E qual è? Che  l’autorità per essere sovrana impone  il sano esercizio della distanza sociale, unitamente alla  consapevolezza della distinzione tra status e  ruoli. Ad esempio,  un padre (status),  verso il figlio, deve comportarsi (ruolo) da  padre, non da amico; un professore non è un simpatico intrattenitore, ma un serio  docente.  E così via.  
Di conseguenza, anzi a maggior ragione,   un papa  più si espone, riducendo la distanza sociale, anche in senso  fisico, con i fedeli, più rischia di essere “strattonato” e poi di reagire, come ogni altro essere umano. Anche male. E quindi di risultare antipatico, se non odioso.  
Attenzione però,  qui  non è in gioco  l’attribuzione   collettiva al papa  di una natura metafisica.  Bensì la necessità sociologica, se si vuole fisica, materiale,  che il  papa faccia il papa, non il divo sul carpet di qualche festival del cinema o del canzone.  
Tutto ciò, ripetiamo, rimanda al rispetto del proprio ruolo e status.  Due figurazioni sociali  che nell’istituzione religiosa hanno per giunta  natura sacrale. Parliamo di  una condizione  che, già di per sé,  rinvia al rispetto sociale di una entità istituzionale in termini relazione tra superiore e inferiore. Figurarsi perciò in ambito sacrale...
Il nostro rilievo, sia chiaro, non è teologico ma sociologico. Insomma,  piaccia o meno, l’autorità, se la si vuole conservare,  funziona così. Impone distanza.  

Detto in altri termini:  quanto più la chiesa si mescola al mondo (altra cosa è il paolino parlare al mondo) tanto più si confonde con il mondo, rischiando irrispettose "strattonate"  e  reazioni altrettanto "mondane".
In qualche misura, siamo davanti a una forma di rinnovato clericalismo. Il papa che passeggia sul carpet di piazza San Pietro, toccando e facendosi toccare,  fa politica, in favore degli interessi mondani della  Chiesa, come ogni altro leader secolare,   che bacia i bambini, accarezza le nonne, sorride e ride, eccetera. Il papa cerca la popolarità come qualsiasi altro leader politico, finendo così per  reagire come qualsiasi altro leader politico.   
Ma c’è dell’altro.  In questo modo,  la differenza tra sacro e profano finisce per essere  un ricordo, dal momento che, come appare chiaro,  il papa può essere sfiorato, toccato, eccetera, ma può anche  reagire  come un nonno qualsiasi. E come un nonno qualsiasi  rischia di essere, oltre che giudicato,  sopportato e trattato con sufficienza.  Come accade a tutti  i vecchi nella nostra società. Ma questa è un’altra storia.
Tuttavia, il papa, almeno sulla carta,  non è un  nonno qualsiasi, dietro la sua figura si erge la Chiesa, istituzione bimillennaria, che però  rischia, anch'essa, per estensione,  l’emarginazione condiscendente.    

Se il vecchio clericalismo riduceva il papa  a uno stolido  monarca che non voleva comprendere che l’Ancien Régime era finito per sempre, e che voleva piegare il mondo moderno agli interessi della chiesa,  il nuovo clericalismo ha trasformato il papa  in un presidente repubblicano, fin  troppo entrato nel suo personaggio, che  usa il moderno contro il moderno, il profano contro il profano. 
Se il Papa-Re abusava, travisandola,  della sua sacralità, il Papa-Presidente ne fa tranquillamente  a meno.  Ma, attenzione,  in entrambi  i casi,  siamo davanti alla prevalenza del profano sul sacro.
Per far cadere il primo servirono  i bersaglieri, per il secondo basterà una strattonata…      

Carlo Gambescia