martedì 21 gennaio 2020

Reddito, intelligenza, disuguaglianza
Altro che complotti


Un mondo di disuguaglianze? Bah… A tale proposito consigliamo la lettura del  libro di Hans Rosling,  Factfuless. Dieci ragioni per cui non capiamo il mondo e perché le cose vanno meglio di come pensiamo (2018). Infatti, come prova Rosling (nella foto), la povertà e la disuguaglianza  non sono  mai state in remissione come oggi. 
Sul  pianeta Terra  rispetto a cinquant’anni fa si vive meglio e  di più. Non solo:  si guadagna anche più.   Si pensi soltanto a come  si vive, e splendidamente, in un’  Europa uscita semidistrutta dalla  Seconda Guerra mondiale. Un conflitto provocato   -  attenzione -.  dagli stessi  nemici del capitalismo,  a destra come a sinistra, che oggi  con grande faccia tosta  agitano il bugiardo  vessillo della disuguaglianza crescente. 
I ricchi, i veri ricchi, come insegna la curva (storica) dei redditi di Pareto,  sono sempre stati pochi. E soprattutto oggi,  come prova Rosling,  non  a  sfavore dei  poveri. Che non sono pochi, ma assai  meno che in passato.
Purtroppo l’odio dei nemici del capitalismo si addensa sui ricchi, perché pochi.  In realtà, la curva normale  della  distribuzione dei redditi, che  collima con la curva normale del quoziente di intelligenza umano,  riflette una curva a campana:  la cosiddetta gaussiana che  è definita normale,  non perché  sia giusta o sbagliata moralmente,   ma perché  ha  natura probabilistica, dal momento che rimanda a una distribuzione che rappresenta la  "norma"  per qualsiasi distribuzione statistica di valori sociologici o meno. Tradotto: i ricchi sono pochi perché non possono essere che pochi. Così è nella "natura"  delle cose, "fotografata" dalla statistica.  Come del resto  asserisce  anche  la distribuzione "naturale", in senso statistico,  dell'intelligenza.   

A quest'ultimo proposito consigliamo la lettura del magnifico libro di Richard J. Herrnstein e Charles Murray, The Bell Curve. Intelligence and Class Structure in American Life (1994), dove si mostra chiaramente, sviluppando la relazione tra curva del redditi e curva del QI. che Pareto  “tenía razón” .   
Di più:  vi si  evidenzia, la pericolosa truffa, non solo dei moderni Gracchi, (che, a differenza degli antichi tra l’altro puntano alla soppressione e non alla redistribuzione della proprietà),  ma delle politiche pubbliche  in sé.
Infatti, la promozione sociale dei meni dotati -  frutto di un’istruzione di massa assai indulgente -  ma non per questo meno furbi,  favorisce purtroppo l’infiltrazione  in alto  delle cosiddette volpi, per dirla sempre con Pareto.
Fenomeni come il populismo, la speculazione finanziaria, il conformismo pietista diffusi tra i più abbienti, sono purtroppo legati al cattivo funzionamento del "setaccio" sociale, ad opera del welfare, anche nell’ambito dell’istruzione.
Il pessimo  funzionamento del filtro sociale spinge verso  l'alto persone non  solo  indegne del proprio ruolo, ma addirittura traditrici del proprio ceto.
I ricchi, per ora non tutti fortunatamente,  a causa delle interferenze welfariste  e dell' imperversante  clima culturale, così  appiccicoso e dolciastro, mancano di  quel che oggi in termini giornalistici si chiama “pride”.
Probabilmente, la diminuzione della disuguaglianza, in atto, che favorisce, e giustamente, l’avvicinamento di popoli e nazioni, determina però  all’interno della stratificazione sociale mondiale del reddito e dell’intelligenza, una diminuzione della qualità delle élite dirigenti, sia sul piano politico sia su quello economico. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Siamo davanti a un altro caso di effetto perverso, negativo (o comunque almeno in parte) delle azioni sociali positive:  quelle  a fin di bene, come si dice.
Il vero problema, insomma, è rappresentato dalla sempre più ridotta consapevolezza del proprio ruolo di comando  nella classe dirigente mondiale.  Si assiste, ripetiamo, all'effetto indesiderato  della  progressiva  prevalenza  tra i ricchi  delle volpi rispetto ai leoni.
Altro che complotti…
                                                                                                                          Carlo Gambescia                                                                                                                                                      

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