sabato 25 gennaio 2020

Guaidó, Sánchez, Sassoli e il riflesso condizionato della sinistra

Juan Guaidó, il presidente eletto dall’opposizione democratica,  rischia la vita.  Il suo rientro in patria, dopo il breve viaggio europeo potrebbe essere molto rischioso.  
Che dire?  In Europa si scende in piazza per andare in pensione a sessant’anni,  mentre in Venezuela  chi osa protestare,  muore per mano degli squadroni della morte  di Nicólas Maduro, il dittatore  nazional-comunista.
Semplifichiamo? Diciamo che a semplificare per prima  è la sinistra europea.  In particolare quella  populista e radicale che  in modo più o meno aperto sta dalla parte di Maduro. 
Esemplare il caso spagnolo, dove Pedro Sánchez, a capo di un governo neofrontista e per un quarto repubblicano (la Spagna è una monarchia), non  ha voluto ricevere Guaidó, riconosciuto da sessanta paesi,  delegando all’incontro il Ministro degli esteri.
Stesso discorso per il Parlamento europeo. Guaidó si è incontrato con il precedente Presidente Antonio Tajani ma non con quello  attuale, David Sassoli.   
Parliamo di un ex  giornalista di “Telekabul” (soprannome del famigerato telegiornale pubblico di osservanza comunista), oggi  uomo di punta del Partito democratico in Europa. Tra l’altro a differenza della stampa spagnola, meno servile verso la sinistra,  quella italiana ha ignorato l'imboscamento di Sassoli.   

Si rifletta, però più in generale, su questo atteggiamento politico della sinistra europea, tipicamente illiberale, sempre  indulgente con i dittatori correligionari. E che - quando si dice il caso -   mostra di non  stimare un  politico liberale come Macron,  che invece ha ricevuto con tutti gli onori Guaidó.
Purtroppo, e non è questione di semplificazioni o meno, larga parte della sinistra, soprattutto quella postcomunista (in realtà, criptocomunista, neppure tanto cripto, quanto a statalismo), continua ad applicare due pesi due misure come durante la Guerra Fredda.  Vecchie etichette che non sembrano morire mai:  Guaidó è un mostro perché di destra e filoamericano, Maduro, un santo, perché socialista  e antiamericano.  
Sánchez e Sassoli, punte di iceberg di un retro pensiero politico diffuso, riconoscono ai dittatori di sinistra un surplus di innocenza e idealismo:  se “sbagliano”, sbagliano a fin di bene, perché "difendono" presuntivamente  l'uguaglianza.  Mentre un dittatore di destra è  presuntivamente colpevole, perché  nemico dei "lavoratori", senza alcuna attenuante.
In realtà, nell’Occidente liberale  tutti i dittatori,  rossi o neri,  non dovrebbero  godere di alcun passaporto di rispettabilità politica. E invece perdura un brutale doppio registro politico, come ai tempi di Stalin. 
Anzi oggi  le cose  vanno  addirittura peggio. Perché  ciò che è più grave  è che il comportamento di Sánchez e Sassoli  non è neppure dettato dalla realpolitik che caratterizzava il vecchio "Koba" (soprannome di Stalin). Ma come sottolineato, è il portato storico di quell’accozzaglia  di  relitti ideologici  rappresentata dal comunismo.   
O meglio ancora:  portato riflessologico.  Perché siamo dinanzi a un specie di riflesso condizionato Come il famoso cane dell'esperimento pavloviano,  appena si accende il lumicino  del comunismo,  Sánchez e Sassoli cominciano a  salivare…  E non c'è più ragionamento che tenga.  Purtroppo. 

Carlo Gambescia