sabato 18 gennaio 2020

Idee per un liberalismo politico


La modernità o è liberale  o non è
Come intuì Croce il liberalismo è una sorta di pre-partito filosofico, una specie di forma mentis che ha accompagnato la modernità fin dalle origini.
Come dire?  Un fondo intellettuale comune che caratterizza o dovrebbe caratterizzare  le  diversificazioni partitiche. Insomma, la  modernità o è liberale o non è. Dal momento che il liberalismo ne rappresenta l’ essenza. 
Libertà di pensiero e libertà di azione, intese in chiave di massima estensione, sono  ciò che qualifica  il liberalismo.  Una libertà che in ultima istanza può essere riassunta dal principio che l’individuo è l’unico soggetto che può conoscere ciò che sia bene per se stesso. Chiunque  accetti  questo principio è dentro il liberalismo, chiunque invece  lo rifiuti ne è fuori

L'immane conflitto
Il che spiega l'immane conflitto tra  liberalismo  e  mentalità collettivista.  Una forma mentis  che all’idea di opzione individuale del bene, antepone l’opzione collettiva di un' entità ipostatizzata (città-stato, impero,  chiesa,  feudalesimo, principati, signorie, stato, partito, sindacato, corporazione)  che presume di  conoscere ciò che sia  bene per l’individuo.
Di conseguenza, un reazionario nostalgico del papa-re, un comunista che deifica la dittatura del proletariato,  un fascista che vuole imporre lo stato etico,  un populista che santifica il popolo, un sovranista  che  ipostatizza la nazione non  hanno una forma mentis liberale. Perché antepongono  il bene di una istituzione collettiva al bene liberamente scelto dall’ individuo.

Liberalismo e società
Questo per il  piano filosofico. Su quello politico e sociologico,  il liberale “filosofico” deve fare i conti con la realtà sociale. Parliamo  di un universo, sempre pronto  vendicarsi,   che concretamente  si compone, per un verso  di individui che nutrono interessi e valori differenti e, per l’altro, di istituzioni, frutto di  accordi taciti o meno, contratti espliciti,  patti etnici, sempre  tra individui. 
Istituzioni - ecco il punto fondamentale -  che tendono però ad assumere - oggettivamente -  forza propria, andando oltre  gli interessi iniziali per i quali sono nate.  Assunzione che avviene  in chiave scalare,  ossia in base  al “tasso” - soggettivo -  di liberalismo “contenuto”  in una determinata società. Più è  basso più le istituzioni sono in grado di   osteggiare,  influire, condizionare e  infine addirittura proporsi di  determinare,  come in una società totalmente collettivista,  le scelte individuali.   


Libertà reale e libertà utopica
Attenzione però, a prescindere dal “regime” filosofico, nessuna scelta dell’uomo, stretto tra il caso e la necessità, è, e mai sarà,  realmente libera. Inutile inseguire le utopie  filosofiche. O enumerare le inevitabili e ricorrenti  contraddizioni tra libertà  utopica e libertà reale. Giochino intellettuale fin  troppo facile. 
Anche perché resta  il fatto che nella moderna società aperta, scaturita dall’idea liberale,  l’uomo gode di una libertà, ovviamente imperfetta,  che tuttavia  non ha precedenti storici.  E se vi fossero - i precedenti - rinvierebbero alla libertà praticata all’interno di ristretti gruppi sociali.

La libertà di massa
Oggi invece l’uomo gode di una libertà di massa, un fatto che ovviamente ha le sue controindicazioni.    Innanzitutto ciò  significa, che politicamente parlando, un vero liberale deve avere antenne sensibilissime  per poter  individuare i pericoli -  e opporvisi -  insiti  nelle visioni collettiviste del bene.  Il che non sempre è facile, perché la libertà di massa, che potremmo definire, non liberale ma democratica, proprio perché tale tende a nutrirsi di standard sociali semplificati e modelli di reiterazione di tipo collettivistico imposti a colpi di conformismo maggioritario.

Liberalismo politico
Le società, piaccia o meno,  si reggono sulle semplificazioni e una società di massa ne è forse l’espressione compiuta, perché favorisce il conformismo, dietro cui si nasconde la pigrizia mentale di un uomo mediocre - la maggioranza degli esseri umani (di qui la forza ideologica del democraticismo di massa)  -   che preferisce l’imitazione alla creazione. Anche perché, per dirla brutalmente,  intelligenza e genio sono doti che appartengono a pochi.     
Pertanto, tornando al liberalismo politico (non più solo filosofico, l' inglobante di tutte le forze moderne), si può dire che  sul piano economico un liberale non potrà non  favorire l’innovazione continua, mentre su quello sociale la crescente indipendenza dell’individuo dalle istituzioni.


Rischio e welfare
Per favorire ciò, insomma per mettere in difficoltà le istituzioni, occorrono libera circolazione di idee e uomini,  mercati aperti, vivacità imprenditoriale, amore per il rischio e gusto di mettersi in gioco. Tutti valori, a dire il vero non comuni, che una società welfarizzata, come l’attuale, tende  addirittura  a svilire e ottundere. Come?  Privilegiando quell’etica della  vittimizzazione che vede  nel  superstato lo strumento riparatore di presunti torti subiti.  Sotto questo aspetto il populismo non  è che una continuazione del welfarismo con altri mezzi (retorici), come  - attenzione -  era il welfarismo rispetto al comunismo e al fascismo.
Sono  tutte forme di costruttivismo sociale che hanno necessità, anche simbolica, di evocare entità collettive capaci di favorire l'identificazione del singolo con l'istituzione in termini di consenso a processi di costruzione e ricostruzione della realtà sociale progettati e diretti  dall'alto, ovviamente presentati e giustificati come frutto di scelte presuntivamente altruistiche.     

Gli effetti imprevedibili
Va sottolineato che un’altra caratteristica sociologica (non filosofica, quindi reale) delle società è rappresentata  dagli imprevedibili effetti di ricaduta delle azioni sociali.  Sicché per un verso abbiamo istituzioni sociali che assumono forza propria,  e che proprio per questa  ragione vengono idealizzate dai collettivisti; per l’altro sussiste invece l’impossibilità di prevedere l’esito, o ricaduta sociale, delle stesse  scelte istituzionali idealizzate. Ad esempio, il welfarismo, idolatrato dai collettivisti,  che si proponeva di assistere l’uomo dalla culla alla tomba,  ha invece prodotto  la crisi fiscale dello stato, il necessario taglio delle spese sociali, e la conseguente disaffezione di cittadini.  
Gli stessi cittadini  che   il welfare state si proponeva  di  "fidelizzare"...   Caso classico di eterogenesi dei fini. 
Il welfare state, per dirla con Hirschman, invece di loyalty,  ha prodotto voice e poi exit verso il populismo.  Un movimento politico che promette  addirittura di ampliare  gli obiettivi del welfare,  nonostante la  perdurante crisi fiscale dello stato... La quadratura del cerchio politico...


Destra e sinistra
Sotto questo di punto di vista il vero liberalismo politico oggi non può  che  essere antipopulista. Una scelta del genere è di destra o di sinistra? 
Il lettore non si lasci imbrogliare dall'antico  ritornello reazionario-rivoluzionario, che destra e sinistra sono invenzioni per ingannare il popolo:  un mantra intonato dai falliti storici della  modernità che ha costituito l'antipatico controcanto dell’intero sviluppo della modernità politica. I fascisti non hanno inventato nulla: hanno solo ubbidito a Joseph de Maistre. 
Di conseguenza, se la linea di demarcazione tra destra e sinistra è storicamente rappresentata dal ruolo da attribuire alla istituzione-stato,  o per essere più  chiari,  se tale confine,  che può essere mobile ma che comunque non si può ignorare, è segnato  dalla difesa liberale dell’individuo nei riguardi del  potere dello stato,  e dalla difesa  a sinistra  dei superpoteri  dello stato sociale,  il liberalismo non può che schierarsi a destra.

A destra  ma con prudenza
Una destra, ovviamente, come abbiamo visto,  che non può avere nulla in comune con i nemici filosofici della modernità, come i reazionari, “modernisti” o  meno,  o con i suoi finti amici, come ad esempio  i marxisti, che è bene ricordarlo -  ne parlava  in modo entusiasta il catoniano Pasolini -   continuano a  scorgere  nel liberalismo,  sulla scorta delle fantasie di Engels e  Marx,  la triste "preistoria" di un’umanità nuova che dovrebbe scaturire dalla rivoluzione comunista.  Infine, sui populisti, adoratori metafisici del popolo, e presunti "raddrizzatori" di altrettanti torti cosmici verso questa misteriosa entità collettiva, meglio stendere un velo pietoso.
Concludendo, liberali a destra, ma con juicio.

Carlo Gambescia