Idee per un liberalismo politico
La
modernità o è liberale o non è
Come intuì Croce il
liberalismo è una sorta di pre-partito filosofico, una specie di forma mentis che ha accompagnato la modernità fin dalle origini.
Come dire? Un fondo intellettuale comune che caratterizza o dovrebbe caratterizzare le diversificazioni partitiche. Insomma, la modernità o è liberale o non è. Dal momento che il liberalismo ne rappresenta l’ essenza.
Come dire? Un fondo intellettuale comune che caratterizza o dovrebbe caratterizzare le diversificazioni partitiche. Insomma, la modernità o è liberale o non è. Dal momento che il liberalismo ne rappresenta l’ essenza.
Libertà
di pensiero e libertà di azione, intese in chiave di massima estensione, sono ciò che qualifica il liberalismo. Una libertà che in ultima istanza può essere riassunta dal principio che l’individuo è l’unico soggetto che può conoscere ciò che sia bene per se stesso. Chiunque accetti
questo principio è dentro il liberalismo, chiunque invece lo rifiuti ne è fuori.
L'immane conflitto
Il
che spiega l'immane conflitto tra liberalismo e mentalità collettivista. Una forma mentis che all’idea di opzione individuale del bene,
antepone l’opzione collettiva di un' entità ipostatizzata (città-stato, impero, chiesa,
feudalesimo, principati, signorie, stato, partito,
sindacato, corporazione) che presume di conoscere ciò che sia bene per
l’individuo.
Di
conseguenza, un reazionario nostalgico del papa-re, un comunista che deifica la
dittatura del proletariato, un fascista
che vuole imporre lo stato etico, un
populista che santifica il popolo, un sovranista che
ipostatizza la nazione non hanno
una forma mentis liberale. Perché antepongono
il bene di una istituzione collettiva al bene liberamente scelto dall’
individuo.
Liberalismo
e società
Questo
per il piano filosofico. Su quello
politico e sociologico, il liberale
“filosofico” deve fare i conti con la realtà sociale. Parliamo di un universo, sempre pronto vendicarsi, che
concretamente si compone, per un verso di individui che nutrono interessi e valori differenti
e, per l’altro, di istituzioni, frutto
di accordi taciti o meno, contratti
espliciti, patti etnici, sempre tra individui.
Istituzioni - ecco il punto
fondamentale - che tendono però ad assumere - oggettivamente - forza propria, andando oltre gli interessi iniziali per i quali sono nate. Assunzione che avviene in
chiave scalare, ossia in base al “tasso” - soggettivo - di liberalismo “contenuto” in una determinata società. Più è basso più le istituzioni sono in grado di osteggiare, influire, condizionare e infine addirittura proporsi di determinare, come in una società totalmente collettivista, le scelte individuali.
Libertà
reale e libertà utopica
Attenzione però,
a prescindere dal “regime” filosofico, nessuna scelta dell’uomo, stretto tra il caso
e la necessità, è, e mai sarà, realmente
libera. Inutile inseguire le utopie filosofiche. O enumerare le inevitabili e ricorrenti contraddizioni tra libertà utopica e libertà reale. Giochino intellettuale fin troppo facile.
Anche perché resta il fatto che nella moderna società aperta, scaturita dall’idea liberale, l’uomo gode di una libertà, ovviamente
imperfetta, che tuttavia non ha precedenti storici. E se vi fossero - i precedenti - rinvierebbero alla libertà
praticata all’interno di ristretti
gruppi sociali.
La
libertà di massa
Oggi
invece l’uomo gode di una libertà di massa, un fatto che ovviamente ha le sue
controindicazioni. Innanzitutto
ciò significa, che politicamente
parlando, un vero liberale deve avere antenne sensibilissime per poter individuare i pericoli - e opporvisi - insiti nelle
visioni collettiviste del bene. Il che
non sempre è facile, perché la libertà di massa, che potremmo definire, non
liberale ma democratica, proprio perché tale tende a nutrirsi di standard
sociali semplificati e modelli di reiterazione di tipo collettivistico imposti a colpi di conformismo maggioritario.
Liberalismo
politico
Le
società, piaccia o meno, si reggono
sulle semplificazioni e una società di massa ne è forse l’espressione compiuta,
perché favorisce il conformismo, dietro cui si nasconde la pigrizia mentale di
un uomo mediocre - la maggioranza degli esseri umani (di qui la forza ideologica del democraticismo di massa) - che preferisce l’imitazione alla creazione. Anche perché, per dirla brutalmente, intelligenza e genio sono doti che appartengono a pochi.
Pertanto,
tornando al liberalismo politico (non più solo filosofico, l' inglobante di tutte le
forze moderne), si può dire che sul piano
economico un liberale non potrà non favorire l’innovazione continua, mentre su
quello sociale la crescente indipendenza dell’individuo dalle istituzioni.
Rischio
e welfare
Per
favorire ciò, insomma per mettere in difficoltà le istituzioni, occorrono libera circolazione di idee e uomini, mercati aperti, vivacità imprenditoriale, amore per il
rischio e gusto di mettersi in gioco. Tutti valori, a dire il vero non comuni, che una società welfarizzata, come l’attuale,
tende addirittura a svilire e ottundere. Come? Privilegiando quell’etica della vittimizzazione che vede nel superstato lo strumento riparatore di presunti torti
subiti. Sotto questo aspetto il populismo non è che una continuazione del welfarismo con
altri mezzi (retorici), come - attenzione - era il
welfarismo rispetto al comunismo e al fascismo.
Sono tutte forme di costruttivismo sociale che hanno necessità, anche simbolica, di evocare entità collettive capaci di favorire l'identificazione del singolo con l'istituzione in termini di consenso a processi di costruzione e ricostruzione della realtà sociale progettati e diretti dall'alto, ovviamente presentati e giustificati come frutto di scelte presuntivamente altruistiche.
Sono tutte forme di costruttivismo sociale che hanno necessità, anche simbolica, di evocare entità collettive capaci di favorire l'identificazione del singolo con l'istituzione in termini di consenso a processi di costruzione e ricostruzione della realtà sociale progettati e diretti dall'alto, ovviamente presentati e giustificati come frutto di scelte presuntivamente altruistiche.
Gli
effetti imprevedibili
Va
sottolineato che un’altra caratteristica sociologica (non filosofica, quindi reale) delle società è rappresentata dagli imprevedibili effetti di ricaduta delle
azioni sociali. Sicché per un verso abbiamo istituzioni sociali che assumono
forza propria, e che proprio per questa ragione vengono idealizzate dai collettivisti; per l’altro sussiste invece l’impossibilità di prevedere l’esito, o ricaduta
sociale, delle stesse scelte istituzionali idealizzate. Ad esempio, il welfarismo, idolatrato dai collettivisti, che si proponeva di assistere l’uomo dalla culla alla tomba, ha invece prodotto la crisi fiscale dello stato, il necessario taglio delle spese sociali, e la conseguente
disaffezione di cittadini.
Gli stessi cittadini che il welfare state si proponeva di "fidelizzare"... Caso classico di eterogenesi dei fini.
Il welfare state, per dirla con Hirschman, invece di loyalty, ha prodotto voice e poi exit
verso il populismo. Un movimento politico che promette addirittura di ampliare gli obiettivi del welfare, nonostante la perdurante crisi fiscale
dello stato... La quadratura del cerchio politico...
Destra
e sinistra
Sotto
questo di punto di vista il vero liberalismo politico oggi non può che essere antipopulista. Una scelta del
genere è di destra o di sinistra?
Il lettore non si lasci imbrogliare dall'antico ritornello reazionario-rivoluzionario, che
destra e sinistra sono invenzioni per ingannare il popolo: un mantra intonato dai falliti storici della modernità che ha costituito l'antipatico controcanto dell’intero sviluppo della
modernità politica. I fascisti non hanno inventato nulla: hanno solo ubbidito a Joseph de Maistre.
Di conseguenza, se la linea di demarcazione tra destra e sinistra è storicamente rappresentata dal ruolo da attribuire alla istituzione-stato, o per essere più chiari, se tale confine, che può essere mobile ma che comunque non si può ignorare, è segnato dalla difesa liberale dell’individuo nei riguardi del potere dello stato, e dalla difesa a sinistra dei superpoteri dello stato sociale, il liberalismo non può che schierarsi a destra.
A destra ma con prudenza
Una
destra, ovviamente, come abbiamo visto, che non può avere nulla in comune con i nemici
filosofici della modernità, come i reazionari, “modernisti” o meno, o con i suoi finti amici, come ad esempio i marxisti, che
è bene ricordarlo - ne parlava in modo entusiasta il catoniano Pasolini - continuano a scorgere nel liberalismo, sulla scorta delle fantasie di Engels e Marx, la triste "preistoria" di un’umanità nuova che dovrebbe scaturire dalla rivoluzione comunista. Infine, sui populisti, adoratori metafisici del popolo, e presunti "raddrizzatori" di altrettanti torti cosmici verso questa misteriosa entità collettiva, meglio stendere un velo pietoso.
Concludendo,
liberali a destra, ma con juicio.
Carlo Gambescia