Salvini e Di Maio si baciano, ma
gli Italiani non si vogliono bene
Esistono la
Francia, la
Spagna, la
Germania, la Gran Bretagna dei moderati, ma non l’Italia.
In Spagna governa il placido liberale Rajoy, in Francia un serio liberal come Macron, in Germania una rassicurante coalizione
tra socialdemocratici e democristiani, e non per la prima volta. In Gran Bretagna, patria della democrazia
rappresentativa, Theresa May, del partito conservatore, sta gestendo, come meglio può, un' uscita a sorpresa dall'Ue. Comuque sia, in questi paesi-chiave non governano gli estremisti di destra o sinistra. L'elettorato moderato, fortunatamente, sembra, come si dice, "tenere botta".
In
Italia invece, ci si appresta a regalare, gaiamente, la
Camera dei Deputati a una forza eversiva come il partito
delle Cinque Stelle, antidemocratico e anticostituzionale. Che ha ottenuto oltre il 30 per cento dei voti, con l'aiuto di un partito razzista e di estrema destra come la Lega, al 17-18 per cento.
Per inciso. Il
Presidente della Camera svolge un ruolo delicatissimo riguardo all’organizzazione dei lavori e
all’interpretazione del regolamento. Assegnarlo a uno sconosciuto ajatollah pentastellato ( si fa il nome di
Fraccaro) significa consegnare le chiavi di casa (della Camera) ai topi d’appartamento.
E
il Senato - non ce
ne siamo dimenticati - probabilmente, dopo quel che è accaduto ieri ( il colpo di mano di Salvini), potrebbe andare a un leghista ( o peggio ancora a un cinquestelle o a un compagno di strada...), votato da una maggioranza
Lega-M5S. Lo stesso potrebbe accadere, come già detto, alla Camera dei Deputati, salvo ripensamenti dell’ultima ora. E questo potrebbe essere solo l'antipasto, come alcuni paventano.
Del resto, il "senatore" Renzi, mostrando un’incoscienza degna
di Salvini, ride e scherza con i suoi dall'alto dello scranno, mentre l’Italia rischia di andare a
fondo. Anche Berlusconi, noto per i repentini cambiamenti di umore e idee, potrebbe fare un passo indietro, e accettare
la nomina della Bernini. O di un altro ascaro. Quindi i giochi sui nomi (ma non sulla sostanza del cedimento agli estremismi) non sono ancora fatti. Pura polvere ma di (cinque) stelle. Che il Cavaliere, sembra voler raccogliere di sotto il tappeto. Tutto fa brodo, anche un palco di provincia, per il rugoso chansonnier...
Il
lato peggiore della questione - sostanziale - è rappresentato dalla cecità della maggioranza ( o quasi) degli italiani - dai giornali a grande tiratura agli uscieri dei ministeri - dinanzi al pericolo di spianare la strada, anche sul piano governativo, ai nipotini dei goebbelsiani Grillo e
Casaleggio jr.
Questo comportamento - l'allegra cecità del "massì, proviamo a fare piazza pulita" - ha radici lontane: da quel mix di tarda statualità, ansia politica e bolsa retorica che ha distinto lo sviluppo politico italiano. Parliamo dell’estremismo italiano (anche di centro), parolaio ma con pesanti ricadute storiche: quel credere che possano esistere governi virtuosi
inviati dallo spirito santo. Evocati, sempre a parole, da politici, altrettanto estremisti e ciechi, capaci però, così facendo, di gonfiare le
aspettative e diseducare i cittadini alla normale democrazia liberale, certamente imperfetta ma l' punica praticabile. E come? Magnificando un' utopica democrazia perfetta e screditando risultati perseguiti. A prescindere.
La democrazia liberale consiste in un sistema di
regole condivise, che come in tutte le democrazie rappresentative, deve facilitare la circolazione delle élite. Qui da noi, ogni élite, papabile per il
governo, assume un carattere messianico,
insomma è per sempre. Programma minimo, dal post-Risorgimento in poi: fare e rifare l'Italia e gli italiani. Sicché elezioni e formazione del governo si trasformano regolarmente in una specie di Armageddon. Che ogni volta sfocia, semplificando, nel regime di salvezza
nazionale.
Forse semplifichiamo, ma fino a un certo punto. Perché così fecero i notabili dell’Italia
liberale, per difendersi da rossi e dai neri, nemici del Risorgimento. Così i fascisti, per difendersi dagli
anti-italiani, nemici delle camicie nere. Cosi i democristiani per difendersi
dai comunisti filosovietici. Così Craxi per difendersi dai catto-comunisti. Così Berlusconi, per difendersi dagli antiberlusconiani. Così i Cinque Stelle
per salvare - così dicono - l’Italia dai corrotti.
Talvolta
l’autodifesa si è resa necessaria, come nel Post-Risorgimento e agli inizi
della Prima Repubblica. Altre volte no,
come nel caso del fascismo, del
craxismo, del berlusconismo, e ora del grillismo.
Quel
che è sedimentato, il basso profondo collettivo, è l ’animus missionario, dirigista, ortopedico, costruttivista - la lotta tra puri e impuri, tra virtuosi e no - che si è impadronito
degli italiani: quella faziosità, della verità in tasca, che
impedisce di edificare, anche come prassi, istituzioni politiche che favoriscano la normale
circolazione delle élite e non - ogni santa volta - il governo dei buoni contro i cattivi, dei virtuosi contro i malvagi, e così via...
Come per l'appunto avviene nei paesi di tradizione liberale (anche di seconda generazione, come la Germania post-hitleriana), dove la saldezza delle
istituzioni conta più della monomania virtuista, di "purificare" tutto e tutti, che invece rischia di distruggere l’Italia. Come, ripetiamo, accade - beati loro - in Francia, Spagna, Inghilterra. O quando
necessario, nella forma di un governo consociativo, come in Germania, ma tra forze democratiche e costituzionali. E con il
plauso degli elettori moderati. In Italia, paese non meno culturalmente ed economicamente moderno, invece no. Le guerre o sono stellari o niente. L'ideologia dello scontro frontale continua a fare aggio sulla cultura liberale della mediazione. Ideologia, attenzione, che tende poi, considerata la fisiologica distanza tra parole e fatti, a tramutarsi in un regime dalla patologica, perché imprecisata, durata, come del resto impone ogni logica salvifica.
Per contro, nelle
democrazie liberali, quel che conta non è la virtù bensì il fatto che i governi
non virtuosi possano essere regolarmente mandati a casa dopo cinque anni. Non ci stancheremo mai di ripeterlo. Servono regole condivise da tutti e non usate come catapulte. Magari, davanti alla famigerata "gente", aizzata da giornalisti sconsiderati, che si sganascia e applaude.
In
Italia, invece, per riassumere, abbiamo avuto, il regime dei notabili liberali, il regime
fascista, il regime democristiano, con un pendant consociativo catto-comunista,
il regime craxiano, il regime berlusconiano. E l’Italia
estremista, del punto a capo ma in fondo conformista, di volta in volta, è stata
liberal-oligarchica, fascista, democristiana
e catto-comunista, craxiana, berlusconiana.
E ora sembra toccare al regime dei Cinquestelle.
E
non ci si venga a dire di non preoccuparsi, perché in Italia "tanto, tutto finisce a barzellette". Stronzate (pardon), perché i tre
cambi di regime che si sono succeduti dal 1861 sono
stati a dir poco traumatici: 1922-1926, 1943-1948. 1992-1994. Per non parlare della piaga del terrorismo,
rosso e nero, della guerriglia urbana, degli scontri di piazza, del banditismo, in nome
talvolta del localismo più sfrenato. E ora, potremmo essere al quarto cambio di regime.
L’Italia,
contrariamente a quel che si dice, non è
un paese per persone docili. La moderazione non è di casa. Gli
italiani non si vogliono bene.
Carlo Gambescia