Sulla razza
Pitirim Sorokin, dopo una serrata analisi delle “scuole antroporazziali”, giunge alle conclusioni che il concetto di razza sia una costruzione sociale e che, di conseguenza, sul piano scientifico, qualsiasi prova a favore o contro, finisca sempre per collidere con l’impermeabilità degli uomini - tenacemente attaccati alle credenze - al cambiamento cognitivo (1).
Detto
in altri in termini, si può giungere, come poi è accaduto, alla smentita
scientifica del concetto non solo di superiorità di una razza rispetto ad
altre, bensì dello stesso concetto di razza, senza per questo spostare di un
solo millimetro la consapevolezza collettiva nei diversi gruppi etnici - dunque una credenza - a proposito della superiorità morale degli uni sugli altri. Una "prevalenza" morale, in alcuni casi, come quando la modernità “bianca” parla
di “razza bianca”, fondata inevitabilmente
sulla presunta superiorità della scienza. Si tratta di un'osservazione importante: perché se è vero che l’etnocentrismo ha origini antichissime, è altrettanto vero che negli ultimi secoli, al culto della superiorità verso lo "straniero" e il "barbaro", si sono date basi scientifiche. Insomma, l’etno-scientismo rappresenta un fenomeno del tutto nuovo e devastante: che ha
dato vita a quella scienza della razza e del sangue, che il nazionalsocialismo, impregnato di torbido romanticismo, ha condotto alle estreme conseguenze.
Va sottolineato che per reazione nei moderni manuali di sociologia la voce razza è stata o espunta o marginalizzata per demolirla, confidando, forse troppo, nel classico trinomio scienza-conoscenza-virtù. Il che infatti, proprio per quella persistenza
delle credenze evidenziata da Sorokin, ha provocato contro-reazioni, addirittura di rigetto: contraccolpi che confermano quanto sia difficile cambiare la mentalità sociale, che come un "basso continuo" ci accompagna in modo apparentemente naturale: a tratti si sente di più, a tratti di meno, ma si sente.
Ad esempio, il fatto che il mondo di oggi sia nato da una guerra vittoriosa ma catastrofica contro il razzismo armato e che il culto collettivo della razza, nonostante tutto, sia ancora socialmente pericoloso, comprova quanto sia difficile, se ci si passa la metafora, non farsi trascinare dal moto ondoso dell’etnocentrismo: quel permettere che la nostra ragione individuale si addormenti, cullandosi, ignara della prossima mareggiata, al dolce dondolio collettivo della risacca dei luoghi comuni e delle frasi fatte. Purtroppo, non ci stancheremo mai di ripeterlo, l’uomo sociale al capire preferisce sempre il credere.
Ad esempio, il fatto che il mondo di oggi sia nato da una guerra vittoriosa ma catastrofica contro il razzismo armato e che il culto collettivo della razza, nonostante tutto, sia ancora socialmente pericoloso, comprova quanto sia difficile, se ci si passa la metafora, non farsi trascinare dal moto ondoso dell’etnocentrismo: quel permettere che la nostra ragione individuale si addormenti, cullandosi, ignara della prossima mareggiata, al dolce dondolio collettivo della risacca dei luoghi comuni e delle frasi fatte. Purtroppo, non ci stancheremo mai di ripeterlo, l’uomo sociale al capire preferisce sempre il credere.
Che
fare? Vigilare, e insistere, comunque
sia, sui processi educativi, senza però concedere nulla al nemico. Anzi ai due
nemici principali della civiltà liberale: 1) il nemico
esterno, il razzismo, di cui abbiamo
già detto, e quello 2) interno, che
nel suo assalto - in linea di principio giustificato - al razzismo, estende però le sue critiche all’Occidente, e in
particolare ai valori che lo hanno fatto grande: dalla democrazia liberale all’economia di mercato.
Un tempo, questa ideologia si autodenominava “terzomondismo”, oggi ha assunto il nome di “multiculturalismo”: una forma di
razzismo rovesciato, anti-occidentale, che identifica razza e cultura,
semplificando, liberalismo e razza
bianca. Quindi in ogni bianco ci sarebbe un liberale schiavista, quindi un
cripto-capitalista, insomma uno sfruttatore e un colonialista, di ritorno o meno.
In realtà, il peccato originale del multiculturalismo consiste nella presunzione di colpevolezza dell’Occidente liberale.
Come dire: tutti uguali, ma gli occidentali meno degli altri, l'odiata razza bianca.
Così però non può
andare. Anche perché, per reazione, i razzisti interni fanno il gioco dei razzisti esterni. Una miscela esplosiva.
Carlo Gambescia