Campagna elettorale 2018
E tu di che statalismo sei?
E tu di che statalismo sei?
Non
ne usciremo più. Il punto non è come investire "bene" i soldi pubblici , come sostengono tutti i partiti in quella che si sta presentando
come una delle campagne elettorali più
disgraziate della storia repubblicana. E allora qual è il punto, si chiederà il lettore? Non investirli affatto. Ci spieghiamo.
Innanzitutto, che gli investimenti pubblici, se possono avere un senso storico nel momento di passaggio da una economia
tradizionale a un’economia di mercato, nelle fasi successive servono solo ad
appesantire il bilancio dello stato e
cosa più grave, nei paesi a tradizione paternalista come l’Italia, a creare aspettative
impossibili da realizzare. Insistere sugli investimenti pubblici in un’economia matura significa solo privilegiare il
paratissimo sociale. Al contrario,
andrebbero abbassate le tasse e favorite le privatizzazioni, costi quel che
costi.
Ma
chi se la sente di dire agli elettori, ad esempio ai dipendenti statali, che rischiano di essere licenziati? Oppure che il Welfare State è sotto tiro?
Nessuno. Scoppierebbe
la rivoluzione. E infatti, per evitare questo, si promette tutto a tutti, per poi
inevitabilmente scontentare tutti. Sicché si va avanti alla giornata, facendo promesse da mercanti. Però il
benessere è diffuso, gli stili di vita
non sono più quelli di sessanta-settant’anni fa: il che fa ritenere erroneamente che siano state le politiche di interventismo pubblico,
seppure costose, a cambiare la vita degli italiani.
In
realtà, la vita degli italiani è mutata grazie al gigantesco sviluppo economico
degli anni Cinquanta, prodotto da un’economia privata uscita dall’autarchia. Un'economia vivente, apertasi al mondo, che nonostante le
devastanti politiche di centrosinistra (anni Sessanta e Settanta), ha continuato a crescere per tutti gli anni Ottanta e Novanta, per entrare in crisi negli anni Duemila , nel momento in cui sarebbe invece servita una svolta liberale, puntando su bilanci in ordine e una moneta unica come l’Euro.
Si
è capito tutto questo? Che è il mercato ad apportare benessere e non le elemosine dello stato-padrone? No. Un solo esempio: in una campagna elettorale, all’insegna
dello statalismo più sfrenato, Renzi,
Berlusconi, Di Maio, Grasso (che vuole pure abolire le tasse universitarie) discutono di come introdurre il reddito
di cittadinanza, usando i nomi più diversi per definirlo. Un provvedimento che se realizzato distruggerebbe l’economia italiana.
Eppure
di questo si parla. Che tristezza. Sì, non ne usciremo più.
Carlo Gambescia