martedì 23 gennaio 2018

Politiche 2018

Il programma del Centrodestra? 
Il nulla,  strutturato


A memoria,  ci sembra  sia  la sesta rivoluzione liberale proclamata dal Cavaliere. Credergli, oppure no?  
Il programma del Centrodestra (1)  è  un fritto misto, dove sono giustapposte  misure  peroniste (“azzeramento della povertà assoluta”,  “pensione alle mamme”,  “raddoppio dell’assegno minimo”) e  liberali ( “flat tax”,  senza però indicare quanto e come,  abolizione   dell’ imposta sulle donazioni, dell’ imposta di successione, delle tasse sulla prima casa,  del  bollo sulla prima auto e delle tasse sui risparmi).  
Berlusconi, insomma,  non rompe con il paternalismo, né evoca, ancorché fuori tempo massimo,  rivoluzioni reaganiane. Per giunta -  suo vecchio pallino antipolitico - vuole introdurre il vincolo di mandato, che,  trasformando il parlamentare in schiavo del partito,  assume solo  il bieco significato  di una resa definitiva  alla partitocrazia.     
Inoltre, sull’immigrazione, pur  con toni più soft  (fino a  un certo punto),  il Cavaliere si allinea  alle idee del “buttiamo la chiave, chiudiamoci in casa”  di  Salvini  & Co.  Con un tocco finale ( altro suo vecchio pallino):  un bellissimo  “Piano Marshall per l’Africa”.  I dittatori locali si preparano a ringraziare.  Quanto all'Europa,  diciamo che il suo è un "sovranismo" rivisitato, del tipo "Sì all'Europa, ma Italia sovrana". Insomma, il  "sì, ma..." che scontenta tutti,  da Juncker a Salvini.
Non che i programmi del Pd, del M5S, LeU e minori,  siano più brillanti.  Diciamo, che tutti insieme, non prevedono un taglio alle tasse, per ora solo annunciato,  nelle proporzioni indicate da Berlusconi (al 23 per cento, per tutti: questa la novità).   L’unica - eventuale -  differenza economica  sarebbe qui.
Però, ecco il punto,  anche vincendo -  cosa che è tutta da vedere - Berlusconi avrebbe un numero sufficiente di  senatori e deputati per dettare la linea liberale  ai suoi alleati di destra, che liberali non sono?  L’ultima volta che il Cavaliere vinse le elezioni, il Pdl (con Fini dentro)  era quasi al 38 per cento e la Lega Nord a poco più dell’8 (2). Ora invece le proporzioni, stando ai sondaggi, rischiano di essere quasi paritarie, come del resto prova l'accordo su una  realistica  distribuzione interna dei collegi tra Fi, Lega, FdI e centristi: 40-35-15-10  (3).  
Per giunta  il micro-partito di Fratelli d’Italia (che naviga intorno al 5/6 percento), già statolatrico (pardon, sovranista...) di suo,   una volta al governo, pur di acquisire visibilità, non potrà non tentare di differenziarsi dai due soci di maggioranza, o comunque, di gravitare, secondo la bisogna, dall’uno all’altro, accrescendo così la conflittualità interna. Infine, contare sulla fedeltà governativa della cosiddetta "quarta gamba" democristiana rasenta il puro atto di fede.
Come si può notare  il Centrodestra, che stando ai sondaggi potrebbe arrivare primo, non  ha però  la necessaria compattezza politica per governare,  ammesso e non concesso che riesca a perseguire un numero congruo di seggi (4). Insomma,  ricatti e minacce di abbandonare la maggioranza da parte degli  pseudo-alleati  sarebbero all’ordine del giorno.  Il che quindi  spiega  il programma  fritto misto, esito di una tregua armata  tra Berlusconi,  Salvini, Meloni e post-democristiani.Tregua, fino a un certo punto: si vedano le reazioni di oggi degli "alleati" leghisti (pardon, sovranisti...), al tour timidamente semi-europeista  del Cavaliere a Bruxelles. 
Alleati infidi, programmi politici, a dir poco confusi,  verdetto delle urne,  nella migliore delle ipotesi, da maggioranze risicate:  il Centrodestra  naviga verso il nulla.  Diciamo un nulla strutturato,  intorno a promesse irrealizzabili.  Altro che rivoluzione liberale... 

Carlo Gambescia


(4)  Qui un nostro articolo in argomento:   http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.it/2017/12/elezioni-politiche-2018-non-vincera.html        

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