A proposito di “Danza con me”
Le mille Bolle blu
Le mille Bolle blu
È così.
La cultura pop, popular, un tempo nazionalpopolare, è questa. Un Roberto Bolle che balla e “ciacola” con tutti, dal finto
camorrista televisivo di successo, all’imitatrice che più conosciuta non si può, fino al profugo siriano, due volte dannato: una, perché sfuggito ai tentacoli velenosi di Assad e, due, forse perché pure gay e belloccio, oggi come oggi, il top. Insomma, viva
le mille Bolle blu… Anche perché lo show è andato
benissimo.
Ovviamente,
chi capisce qualcosa di balletto - i poveri
figli di un dio minore, anime perse nella WhatsApp Society - ha dovuto fare le ore piccole per godersi
qualche passaggio elegante. Per contro, sui Social, i palati più fini, hanno notato che Bolle è una specie di Dio, perché danza, anzi “balla senza sudare”.
Attenzione, la nostra non è una reazione aristocratica. Non arricciamo il naso: va bene così. Siamo o non siamo in una società democratica? Bolle, che un tempo, sarebbe stato patrimonio visivo di pochi, oggi
grazie alle tecnologie mass- mediatiche può essere visto e rivisto da tanti. Forse troppi, per capire la differenza tra “La zia di Forlì,
che quando balla fa così” e la magica riforma dell’estetica della danza,
racchiusa nei fraseggi di Sherazade... Ma
ripetiamo, va bene così.
Concettualmente, il pop rappresenta, quell’ "andare verso il popolo" dei populisti russi, giunto finalmente a destinazione. Del resto, che c’è di più bello dell’estetica dell’assenza di sudore? Marx, che detestava i populisti, promise di eliminarlo per sempre. E invece fallì, dove poi sono riusciti i deodoranti. Dove ce l’ha fatta ciò che potremmo chiamare populismo tecnologico-mediatico: un mix di socialdemocrazia e Cristiano Malgioglio, altro idolo delle masse televisive. D'altra parte, oggi, sul “Corriere della Sera”, targato Cairo (pop-editore per eccellenza), c’è un’ intervista al cantante Albano: forse si candiderà alle prossime elezioni. Con o senza Romina, si chiedono, trepidanti, gli elettori?
Concettualmente, il pop rappresenta, quell’ "andare verso il popolo" dei populisti russi, giunto finalmente a destinazione. Del resto, che c’è di più bello dell’estetica dell’assenza di sudore? Marx, che detestava i populisti, promise di eliminarlo per sempre. E invece fallì, dove poi sono riusciti i deodoranti. Dove ce l’ha fatta ciò che potremmo chiamare populismo tecnologico-mediatico: un mix di socialdemocrazia e Cristiano Malgioglio, altro idolo delle masse televisive. D'altra parte, oggi, sul “Corriere della Sera”, targato Cairo (pop-editore per eccellenza), c’è un’ intervista al cantante Albano: forse si candiderà alle prossime elezioni. Con o senza Romina, si chiedono, trepidanti, gli elettori?
Comunque
sia, non solo Bolle: un ex amico mio,
professore di storia delle dottrine politiche, si presenta in televisione per parlare di
previsioni politiche, con una sciarpetta pride, fuori ordinanza, che in
facoltà, ci dicono, prima non indossava
mai. Non siamo ai livelli di Malgioglio
e neppure del Bolle con i bicipiti (brachiale e femorale) bene in vista, però il concetto è lo stesso.
Ecco, il problema non è la cultura pop, ma l’atteggiamento di “color che sanno”. Che dovrebbero, pur tollerando perché viviamo in una demoscopia, pardon democrazia, non farsi coinvolgere. Lasciare insomma che, come si dice, l’uomo di spettacolo faccia l’uomo di spettacolo e il professore, il professore.
Ecco, il problema non è la cultura pop, ma l’atteggiamento di “color che sanno”. Che dovrebbero, pur tollerando perché viviamo in una demoscopia, pardon democrazia, non farsi coinvolgere. Lasciare insomma che, come si dice, l’uomo di spettacolo faccia l’uomo di spettacolo e il professore, il professore.
Quindi,
ricapitolando, il problema non è la cultura di massa, ma il professore di
massa. O che aspira a diventare tale,
come quell’ex nostro amico che sogna di tramutarsi in un piccolo Bolle. Detto altrimenti, in bollicina...
Carlo Gambescia
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