Luigi Di Maio e la morte del congiuntivo
Il Sessantotto: quelli del“volessimo tutto”
La
notizia del giorno sembra essere quella del congiuntivo sbagliato dell’
onorevole Di Maio. E non sarebbe la prima volta. Il passo incriminato è: “ Ho sempre detto che
noi volessimo fare un referendum sull’euro”, invece di avremmo voluto o meglio potuto eccetera, eccetera. Il leaderino miracolato dal grillismo ha usato il
congiuntivo imperfetto invece del condizionale passato. Diciamo un errore di consecutio. "Ho sempre detto che (se si fossero verificate le condizioni), noi (di Cinque Stelle) avremmo potuto fare un referendum sull'euro".
Quel
che però stupisce è che tra i giornalisti, tutti scopertisi all'improvviso accaniti difensori della lingua italiana, nessuno abbia corretto "l'Onorevole", indicando l’esatta formulazione della frase. Ciò
significa una sola cosa: che Di Maio si
esprime come capita, ma chi dovrebbe correggerlo, probabilmente, ne sa meno di lui.
In
questi giorni i mass media celebrano il
1968, inneggiando alla "svolta anti-autoritaria" di cinquant’anni fa. Si
assiste, un giorno sì l'altro pure, alle rituali interviste dei reduci, oggi con i capelli grigi, che, alla stregua dei granatieri di Napoleone, esaltano la gloriosa battaglia di Valle Giulia. In realtà, il ’68, condusse la sua battaglia più importante
contro qualsiasi forma di meritocrazia.
E in particolare contro lo studio della lingua e della grammatica italiana, definite come superate e
utili solo ai professori "fascisti" per bocciare.
Il
congiuntivo la sua guerra la perse allora, a causa di una generazione
di professori laureatisi a Valle Giulia, sul campo, che, negli anni successivi, una volta
in cattedra, non sapendo un cazzo
(pardon), non avrebbe insegnato un cazzo (aripardon) alle generazioni successive.
Di
Maio e i suoi avversari, che ridono e criticano sapendo ancora meno di lui, sono i nipotini del ’68: quelli dell' "assalto al cielo" e del “volessimo tutto”.
Carlo Gambescia