giovedì 18 gennaio 2018

L’editoriale del professor Cassese
Ma quali patti?
Qui siamo più divisi del 1946…




Oggi  sul “Corriere della Sera”, Sabino Cassese invita le forze politiche  a  recuperare il  “ talento smarrito per i patti” (*) .  Il succo dell’editoriale è  questo: piaccia o meno,  il proporzionale impone il ritorno a quel consociativismo che ha retto  l’Italia tra il 1946 e il 1993,   di conseguenza, sarebbe saggio fin d’ora,  pur mancando un partito perno come la Dc,  pensare  a una formula di governo inclusiva.  Tradotto: Renzi, Berlusconi e chi eventualmente ci stia.
Cassese è uno studioso di diritto pubblico, non uno storico o un politologo. E soprattutto resta un tecnico, di certo eccellente e dottissimo,  ma  ripetiamo un tecnico.  Diciamo pure  che la sua tesi  sulla necessità di mettersi d’accordo è scheletrica:   non ha buoni puntelli socio-culturali, se non, come si legge, alcuni vaghi riferimenti  al  buon senso togliattiano (svolta di Salerno ed epurazione soft)  e  al meritorio lavoro degli sherpa, come  mediatori nei grandi scenari internazionali, soprattutto conflittuali.
Ci spieghiamo meglio.
Il consociativismo, non solo e non sempre politico,  tra Dc e alleati (inclusi, in seguito, socialisti e comunisti),   rinviava a una cultura politica,  dove il terzo e il quarto potere, magistratura e mass media stavano al loro posto.  E il quinto potere, l’economia, si muoveva su un piano più nazionale che internazionale.  Infine il sesto potere, quello dei Social, padroni del risentimento sociale, era di là da venire.
Nell'Italia di oggi,  dove comandano,  contrastandosi a vicenda,  in un clima di caccia alle streghe, magistrati giustizialisti, giornalisti investigativi telecomandati, cocainomani della finanza digitale e forum di illetterati,  il  consociativismo rischia di restare una parola vuota. O peggio, considerati gli attori di cui sopra,  di essere  liquidato come uno strumento che le élite usano contro il popolo, pur  di comandare. 
Insomma,  dispiace per Cassese,  ma  per recuperare  il talento per i patti, non basta il talento pronto all’uso di un gruppo di tecnici dal passo felpato. Occorrono le condizioni culturali del buon senso, determinate dall’accordo di fondo tra i vari i poteri sociali, anche contro un pericolo comune.  Un giurista tedesco, grandissimo ma finito male,  definì questo accordo come l'altro volto della costituzione materiale.   
Quando Togliatti "sbarcò" a Salerno, ancora prima che la guerra finisse, il nemico comune  era il fascismo,  oggi potrebbe essere  un  altrettanto pericoloso  movimento   inventato da un comico, che però nessuno scorge come tale,  e che  tutti,  più o meno,  inseguono stupidamente, giocando al massacro della democrazia rappresentativa.    
Insomma, il consociativismo, rimanda  a  una  costituzione  materiale che non c’è più.  Perché, purtroppo, l’Italia di oggi è più divisa di quella del 1946. E se patto ci sarà, sarà una tregua armata: qualcosa di completamente diverso da quel che intende il professor Cassese.      

Carlo Gambescia