sabato 6 gennaio 2018

 Sfascisti in  “Prima Pagina”
Aria di rivoluzione


Consigliamo  ai lettori di ascoltare, quando possibile,  “Prima Pagina” di  Rai Radio 3.  Ascoltare, sottolineiamo  il termine.  Per quale ragione?  Perché, intervenire sarebbe inutile.  La preparazione media, come ad esempio quella della  conduttrice di questa settimana, è modesta. Si potrebbe quasi  parlare di analfabetismo giornalistico.
Il pubblico che interviene, a parte qualche rarissima eccezione,  va ascritto alla categoria dei “mugugnatori": professionisti dello scontento, altrettanto privi di una visione generale, ad esempio di tipo storico, come del resto, ripetiamo,  i conduttori.
 Non ci sono fini reconditi. Un programma  come “Prima Pagina” non muove voti:  è uno sfogatoio radiofonico, che per un verso  raccoglie la rabbia sociale, frutto di risentimenti politici, razionalmente inspiegabili, "sfascismo" allo stato puro.   E per l’altro, amplifica quella   sindrome dell’ascoltatore aspirante (ma più spesso mancato)  giornalista "sociale",  in cerca del suo mezzo minuto di gloria.   
Ecco perché, (quando si ha tempo),  un attento ascolto,  può   permettere  di scoprire gli umori profondi, se non dell’Italia,  di una parte di essa, probabilmente, quella più politicizzata o che comunque segue la politica. 
Purtroppo - ecco la vera questione -   seguire la politica, non significa capirla,  soprattutto se scendiamo al   livello  della   gente comune:  quasi sempre  schiacciata tra ignoranza,  moralismo e gretto spirito di conservazione. Pertanto  servirebbero conduttori  preparati, in grado di indicare le coordinate generali di ogni problema, per poter così  inquadrare correttamente le questioni politiche e sociali. Il che, sia detto per inciso e francamente, potrebbe anche non bastare, considerando, piaccia o meno, il  ruolo spesso determinante  del pregiudizio nelle relazioni sociali, soprattutto collettive.   Comunque sia,   i conduttori, "anche"  per evidente impreparazione, restano quasi sempre aggrappati agli aspetti più immediati della realtà, addirittura istantanei… Seguono il mainstream, qualunque esso sia.
Facciamo subito  un piccolo esempio. Questa mattina ci si interrogava sulle cause della rivolta iraniana. Ebbene alcuni ascoltatori si lamentavano, dando per scontata la parità di  condizioni tra Iran e Italia, come mai  "qui da noi non fosse ancora scoppiata la rivoluzione".  La conduttrice come se l'è cavata?   Asserendo debolmente, senza approfondire - evitando  quindi di  fornire  le coordinate storiche -   che gli italiani "forse" godono di maggiore libertà, pur vivendo - ecco lo "sfascismo" mainstream  -  in condizioni economiche altrettanto difficili. 
Altro esempio è dato dalla lettura  degli SMS che giungono in redazione, in particolare  quelli  dove si parla rabbiosamente  di sollevazione, di prigioni, di gogne pubbliche, di farla finita con i politici corrotti:   quasi sempre letti  in modo impassibile,  come se evocare la ghigliottina  fosse la cosa più normale del mondo.  E non da questa settimana.  
Oltre, come detto,  all’impreparazione,  si rileva nei giornalisti conduttori -  non solo di “Prima Pagina”, purtroppo -   un atteggiamento compiacente verso lo sfascismo" degli  eversori.  Ha vinto il modello  Social del tanto peggio tanto meglio?   In parte sì.  Però va ravvisata, in particolare nei giornalisti,  anche la  paura di essere travolti da un tornado politico che sembra  avvicinarsi.   E così di perdere il lavoro.  Si respira aria di rivoluzione.

Carlo Gambescia            


      

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