Perdono le elezioni e inseguono la destra
razzista
I fascio-grillini
Ci piacerebbe capire il nesso causale tra i
campi Rom sulla Pontina e gli extracomunitari che attraversano il Mediterraneo,
dirottati verso i centro di accoglienza. La “Sindaca” Raggi, subito
allineatasi ai contrordini di Grillo, si giustifica
parlando “di forte pressione” migratoria su una Roma, già piena di
problemi (i Rom appunto).
Però, in fondo, perché stupirsi? Siamo davanti a
un comportamento politico prevedibile per una forza populista come Cinque
Stelle: il principio del capro espiatorio. Lo spostamento demagogico
dell’attenzione collettiva verso un bersaglio politico di
sicuro ( o quasi) successo. Tuttavia, per ora, nell' Italia degli anni Duemila, clandestini e Rom si "combattono" soltanto a colpi di
mugugno. Perché, ecco il punto, attaccarli evocando un casereccio Italy First, può portare voti.
Abbiamo usato il termine "mugugno" per una
precisa ragione: finora nonostante le ricorrenti “sparate”
di Salvini, della Meloni e ora di Grillo, il
fenomeno del razzismo non si è manifestato in tutta la sua estensione e
pericolosità sociale. Il "mugugno", al massimo è un fattore sociologicamente "climatico", eventualmente anticipa, precede l'atto, non segue. In qualche modo, ci informa sul fatto che il "temporale" non è ancora scoppiato. Certo, si addensano nuvoloni all'orizzonte, si scorge qualche lampo lontano tra i monti, tuttavia ancora non grandina o piove...
Innanzitutto, come informano gli studi in argomento, il razzismo, si diffonde tra quelle fasce di popolazione, dove è rilevabile deprivazione economica e culturale. Si pensi all'esempio statunitense dei cosiddetti “bianchi poveri” che vivono, annaffiando tutto con molto alcol, come i “neri poveri” di welfare pubblico, quando c'è, lavori marginali e carità privata o comunitaria. Inoltre, il razzismo si sviluppa e manifesta attraverso concrete forme di reazione organizzata (dall’intimidazione all'omicidio), comportamenti tesi a contendere risorse, a maggior ragione quando e se scarse, agli appartenenti a etnie diverse da quella dominante.
Innanzitutto, come informano gli studi in argomento, il razzismo, si diffonde tra quelle fasce di popolazione, dove è rilevabile deprivazione economica e culturale. Si pensi all'esempio statunitense dei cosiddetti “bianchi poveri” che vivono, annaffiando tutto con molto alcol, come i “neri poveri” di welfare pubblico, quando c'è, lavori marginali e carità privata o comunitaria. Inoltre, il razzismo si sviluppa e manifesta attraverso concrete forme di reazione organizzata (dall’intimidazione all'omicidio), comportamenti tesi a contendere risorse, a maggior ragione quando e se scarse, agli appartenenti a etnie diverse da quella dominante.
Se si volesse usare un' immagine, brutale ma
efficace, il razzismo si esprime sempre attraverso il linciaggio e
la persecuzione dei membri di un'altra etnia. In Italia,
fortunatamente, non siamo ancora a questo punto: la figura del “bianco povero”,
praticamente non esiste, dal momento che non ci sono italiani che contendono,
magari ricorrendo alla violenza, le elemosine all’ extracomunitario davanti ai
supermercati. Naturalmente, si registra una crescente
insofferenza sociale, il “mugugno”, al quale abbiamo accennato: si dice
che così non va, e che si dovrebbe fare qualcosa. Siamo davanti
all’atteggiamento, non di chi abbia perso tutto in favore di un
altro gruppo etnico, ma di chi teme, da un momento all'altro, di perdere qualcosa.
Di conseguenza, il “mugugno”
collettivo, in quanto atteggiamento, non
può essere assimilato al comportamento di fatto del gruppo organizzato
che punta all’eliminazione fisica, attribuendo al suo atto valore
esemplare e/o di risposta sistematica.
Sicché, proprio per impedire il passaggio
all’atto, si dovrebbe agire con decisione sul piano del controllo dei flussi o
comunque valutare il fenomeno realisticamente. Qui però si apre un intero
nuovo universo, quello dell'implementazione politica ( basata sulla "logica" del poche parole, molti
fatti), che esula da questa analisi. Quel che invece non ci
stancheremo mai di ripetere è che va assolutamente evitata la
retorica del “capro espiatorio”, tipicamente populista, sulla
quale invece fanno leva - non troviamo altra definizione
migliore - i fascio-grillini per riguadagnare i voti
perduti.
Gioco quindi molto pericoloso. Perché al “cattivismo” si oppone per reazione una contro-retorica “buonista",
propugnata, e non da oggi, da certa sinistra, altrettanto populista, che indica nel
“razzismo cosmico” un capro espiatorio di segno diverso.
Il “buonismo” progressista meriterebbe un altro articolo. Però l’accenno crediamo basti a far capire che tra
questi estremi, come dire, di tipo "espiatorio", si muovono gli italiani, che per ora mugugnano, e che
quindi, in fondo, non sono pro né contro. Ciò spiega l'assenza del passaggio all'atto. Fino a quando ?
Carlo Gambescia