sabato 17 giugno 2017

Lo sciopero dei trasporti di ieri
Ci vorrebbe "Maggie"…



Che c’entra Margaret Thatcher con lo sciopero dei trasporti di ieri? C’entra, c’entra… Perché in Italia, ancora aspettiamo, almeno a far tempo dall’Autunno Caldo, anno di grazia 1968,  un politico della sua statura, in grado di ridimensionare drasticamente  il potere dei sindacati, come fece la Lady Ferro, in modo memorabile, in occasione dello sciopero del Sindacato nazionale dei minatori, il NUM (National Union of Mineworkers),  nel  lontano 1984-1985.
Arthur Scargill, marxista professo, che ne era a capo, pretendeva che lo stato continuasse a foraggiare, a spese di contribuenti, le miniere di carbone, totalmente fuori mercato.   
Margaret Thatcher, allora Primo Ministro,  che invece giustamente  voleva chiuderle,  usò  contro gli scioperanti che difendevano antieconomici privilegi welfaristi, la stessa determinazione usata nelle Falkland e contro l’Ira,  potendo però  contare su  magistrati e poliziotti, fedeli alla  istituzioni, non quinte colonne del sindacato come in  Italia.  
Alla fine “Maggie” vinse su tutta la linea.  Spezzando la spina dorsale del sindacalismo britannico. Ecco il valore simbolico della sua azione, miniere o meno.  Ne uscì vittoriosa,  lavorando su tre fronti: delegittimazione, prevenzione-repressione, isolamento sociale.
Alla magistratura lasciò il compito di verificare la rappresentatività interna  del NUM,  già ridotta rispetto al resto del sindacato, dove,  tra i duecentomila lavoratori delle miniere, sussistevano divisioni  sulla necessità o meno dei "picchettaggi"; alla polizia affidò il compito di prevenire e reprimere, se e quando necessario, qualsiasi atto di violenza  degli scioperanti verso coloro che invece volevano presentarsi al lavoro;  al resto della Gran Bretagna di giudicare, con i propri occhi,  la natura  eversiva, retrograda e corporativa delle idee professate da  Scargill e dai suoi pittoreschi "compagni", di nome e di fatto (*).
Margaret Thatcher era nemica giurata di qualsiasi forma di assistenzialismo,  soprattutto nei riguardi di attività decotte come le miniere di carbone. Il tentativo di difenderne la gestione pubblica  fu un errore colossale. Sicché i minatori  persero lavoro e faccia. Non soldi però, o almeno non del tutto,  perché le liquidazioni  non  furono ingenerose.
Oggi, nonostante l’immaginario di sinistra presenti Margaret Thatcher come il Conte Dracula, il  sindacato britannico,  pur  leccandosi  le ferite (molti ancora tremano al solo udire il nome della Lady di Ferro),  giustifica  la decisione di  chiudere le miniere.
Grande “Maggie”, povera Italia. Nelle mani degli autoferrotranvieri, nemmeno marxisti e che votano pure Cinquestelle...     

Carlo Gambescia   


(*) Margaret Thatcher, The Downing Street Years,  Harper Collins Publisher, London 1993, pp. 339-378 (“Mr Scargill’s Insurrection”).