Lo sciopero dei trasporti di ieri
Ci vorrebbe "Maggie"…
Che
c’entra Margaret Thatcher con lo sciopero dei trasporti di ieri? C’entra,
c’entra… Perché in Italia, ancora aspettiamo, almeno a far tempo dall’Autunno
Caldo, anno di grazia 1968, un politico della sua statura, in grado di ridimensionare drasticamente il potere dei sindacati, come fece la
Lady Ferro , in modo memorabile, in
occasione dello sciopero del Sindacato nazionale dei minatori, il NUM (National
Union of Mineworkers), nel lontano 1984-1985.
Arthur
Scargill, marxista professo, che ne era a capo, pretendeva che lo stato
continuasse a foraggiare, a spese di contribuenti, le miniere di carbone,
totalmente fuori mercato.
Margaret
Thatcher, allora Primo Ministro, che
invece giustamente voleva chiuderle, usò
contro gli scioperanti che
difendevano antieconomici privilegi welfaristi, la stessa determinazione usata
nelle Falkland e contro l’Ira, potendo
però contare su magistrati e poliziotti, fedeli alla istituzioni, non quinte colonne del sindacato come in Italia.
Alla
fine “Maggie” vinse su tutta la linea. Spezzando la spina dorsale del sindacalismo
britannico. Ecco il valore simbolico della sua azione, miniere o meno. Ne uscì vittoriosa, lavorando
su tre fronti: delegittimazione, prevenzione-repressione, isolamento sociale.
Alla
magistratura lasciò il compito di verificare la rappresentatività interna del NUM, già ridotta rispetto al resto del
sindacato, dove, tra
i duecentomila lavoratori delle miniere, sussistevano divisioni sulla necessità o meno dei "picchettaggi"; alla polizia affidò il compito di prevenire e reprimere, se e quando necessario, qualsiasi atto di violenza degli scioperanti verso coloro che invece volevano presentarsi al lavoro; al resto della Gran
Bretagna di giudicare, con i propri occhi, la natura eversiva, retrograda e corporativa
delle idee professate da Scargill e dai
suoi pittoreschi "compagni", di nome e di fatto (*).
Margaret
Thatcher era nemica giurata di qualsiasi forma di assistenzialismo, soprattutto nei riguardi di attività decotte
come le miniere di carbone. Il tentativo di difenderne la gestione pubblica fu un errore colossale. Sicché i minatori persero lavoro e faccia. Non soldi però, o
almeno non del tutto, perché le
liquidazioni non furono ingenerose.
Oggi, nonostante l’immaginario di sinistra
presenti Margaret Thatcher
come il Conte Dracula, il sindacato
britannico, pur leccandosi
le ferite (molti ancora tremano al solo udire il nome della Lady di
Ferro), giustifica la decisione di chiudere le miniere.
Grande “Maggie”, povera Italia. Nelle mani degli autoferrotranvieri, nemmeno marxisti e che votano pure Cinquestelle...
Grande “Maggie”, povera Italia. Nelle mani degli autoferrotranvieri, nemmeno marxisti e che votano pure Cinquestelle...
Carlo
Gambescia
(*) Margaret Thatcher, The Downing Street Years,
Harper Collins Publisher, London
1993, pp. 339-378 (“Mr Scargill’s Insurrection”).