La bagarre sullo ius soli al Senato
Razzisti vs umanitaristi, la solita storia...
Chi
ha ragione? Chi torto?
Diciamo subito che sul piano organizzativo, la scelta dello ius soli, in un'Italia politica che si
rifiuta di controllare i flussi migratori, rischia di produrre conseguenze disastrose sul piano
economico e sociale: chi fugge in Italia non sceglie il Belpaese, dopo un
attento studio del mercato del lavoro italiano. Chi fugge, scappa e basta… Pertanto,
accogliere tutti, senza tenere
conto delle leggi della domanda e dell’offerta di lavoro fa tanto Mandela e Madre Teresa, ma resta decisamente pericoloso sotto il profilo della stabilità politica e
sociale. E lo ius soli, nessuno si
offenda, appare come un invito esplicito a
“scappare” in Italia. Al viaggio premio, insomma.
Mentre
sul piano morale, la difesa dello ius sanguinis, nel nome della supremazia
bianca in versione italiana, è francamente ripugnante. Ci riporta a certi anni bui della nostra storia. Ed è sociologicamente pericoloso, perché,come abbiamo più volte osservato, la riduzione, dell' "extracomunitario" a capro espiatorio, rischia di
trasformare il semplice mugugno collettivo nell’incubo, ben più pericoloso, della guerra razziale e civile. Occorre, insomma, più senso di responsabilità. E soprattutto, evitare vergognose sceneggiate come quelle di ieri in Senato, una manna per l'impolitico "cretino collettivo".
Il
vero problema è che né gli uni né gli altri sono autentici liberali. E
quindi hanno torto sia i razzisti, sia gli
umanitaristi. Nel senso che la
cittadinanza, la vera cittadinanza, non è un fatto di ius soli né di ius
sanguinis, ma esito di una libera scelta
individuale e soprattutto di grande rispetto verso i valori del paese in cui si decide di vivere: un principio di scelta ragionata che
ovviamente implica il suo contrario.
Ossia che si può "votare con i piedi", e trasferirsi altrove. Ubi bene, ibi patria.
Però - ecco il vero nodo della questione - il ragionare, il valutare, lo scegliere, il decidere, sono atti ponderati e
individuali che non hanno nulla in
comune con atti necessitati dalla paura, dall’angoscia, dal timore, dal bisogno: sentimenti che
spingono profughi e clandestini alla fuga dalle terre di
origine, sfidando le acque del Mediterraneo. Insomma, che c’entra tutto questo con il diritto di cittadinanza? Che, ripetiamo, deve essere una libera scelta. Frutto della ragione, non della paura.
Certo,
nell’emergenza, li si può, anzi si deve, accogliere e sfamare. Fermo restando che le emergenze
sono temporanee per definizione. E che pertanto si dovrebbe ragionare su come
mettere fine allo stato di emergenza. In che modo? Puntando sul radicale controllo dei flussi e su precise scelte geopolitiche e militari. Decisioni però, che nessuno, da destra a
sinistra, ha il coraggio di prendere. E così si ripiega sulle sceneggiate in Parlamento e nelle piazze. Del resto, molto meglio, anzi più facile, "giocare" a razzisti contro umanitaristi. A telecamere accese e riunite, ovviamente.
Carlo Gambescia