venerdì 16 giugno 2017

La bagarre sullo ius soli al Senato
Razzisti vs umanitaristi, la solita storia...


La Lega e i gruppuscoli neofascisti si battono per lo ius sanguinis, agitando il  vessillo della civiltà dell’uomo bianco. Sull’altra sponda,  sinistra e dintorni, si difende lo ius soli evocando, con pari forza,   un’altra bandiera, quella della battaglia di civiltà.
Chi ha ragione? Chi torto?
Diciamo  subito che sul piano organizzativo, la scelta dello ius soli, in un'Italia politica che si rifiuta di controllare i flussi migratori, rischia  di produrre conseguenze disastrose sul piano economico e sociale:  chi fugge  in Italia non sceglie il Belpaese, dopo un attento studio del mercato del lavoro italiano.  Chi fugge, scappa e basta…  Pertanto,  accogliere tutti,  senza tenere conto delle leggi della domanda e dell’offerta di lavoro fa tanto Mandela  e Madre Teresa, ma resta decisamente pericoloso sotto il profilo della stabilità politica e sociale.  E lo  ius soli,  nessuno si offenda,  appare come un invito esplicito a “scappare” in Italia. Al viaggio premio, insomma.
Mentre sul piano morale, la difesa dello ius sanguinis, nel nome della supremazia bianca in versione italiana, è francamente ripugnante. Ci riporta a certi anni bui della nostra storia.  Ed è sociologicamente pericoloso, perché,come abbiamo più volte osservato,  la riduzione, dell' "extracomunitario" a  capro espiatorio, rischia di trasformare il semplice mugugno collettivo nell’incubo,  ben più pericoloso, della  guerra razziale e civile. Occorre, insomma,  più senso di responsabilità. E soprattutto,  evitare vergognose sceneggiate come quelle di ieri in Senato, una  manna per l'impolitico "cretino collettivo".  
Il vero problema è che né gli uni né gli altri sono autentici liberali. E quindi  hanno torto sia i razzisti, sia gli umanitaristi.  Nel senso che la cittadinanza, la vera cittadinanza, non è un fatto di ius soli né di ius sanguinis,  ma esito di una libera scelta individuale e soprattutto di grande rispetto verso i valori del paese  in cui si decide di vivere:  un  principio di scelta ragionata che ovviamente implica  il suo contrario. Ossia che si può "votare con i piedi", e trasferirsi altrove.  Ubi bene, ibi patria.
Però  -   ecco il vero nodo della questione -  il  ragionare, il  valutare, lo  scegliere, il  decidere, sono atti ponderati e individuali  che non hanno nulla in comune  con atti necessitati dalla paura, dall’angoscia,  dal timore, dal bisogno:  sentimenti che spingono profughi e clandestini alla fuga dalle terre di origine, sfidando le acque del Mediterraneo. Insomma, che c’entra tutto questo  con il diritto di cittadinanza?  Che, ripetiamo,  deve essere  una libera scelta. Frutto della ragione, non della paura. 
Certo, nell’emergenza,  li si può, anzi si deve, accogliere e sfamare. Fermo restando che le emergenze sono temporanee per definizione. E che pertanto si dovrebbe ragionare su come mettere fine allo stato di emergenza. In che modo? Puntando sul radicale controllo  dei flussi e su precise  scelte geopolitiche e militari. Decisioni però, che nessuno, da destra a sinistra,  ha il coraggio di  prendere.  E così si ripiega sulle sceneggiate in Parlamento e  nelle piazze.  Del resto, molto meglio, anzi più facile, "giocare" a razzisti contro umanitaristi. A telecamere accese e riunite, ovviamente.   

Carlo Gambescia