“Gli Usa non onoreranno più
le parti non vincolanti dell'accordo di Parigi ”
Trump, difensore della libertà?
Trump
ha annunciato l’addio all’accordo di Parigi sul clima: è un suo pieno diritto. Non viviamo forse in un mondo tuttora articolato in stati nazionali, importante retaggio dell’ordine politico vestfaliano? E per giunta si tratta di un diritto ben sostanziato dalla forza
politica ed economica degli Stati Uniti.
Insomma, Trump può permetterselo. Se poi darà concretamente seguito a una decisione, come vedremo, da difensore della libertà, è un’altra storia.
Comunque
sia, l’Italia, potenza assai inferiore, non potrebbe mai permetterselo. E di
conseguenza è costretta a fare di
necessità virtù, schierandosi regolarmente - anche per la forte cultura anticapitalistica
che da sempre anima lo Stivale, come conferma la lettura dei giornali di oggi - con i “difensori del pianeta”: in pratica, la sinistra mondiale
nella sue varie tendenze: comuniste,
post-comuniste, ecologiste, cristiano-sociali, socialdemocratiche, liberal.
Usiamo
la sciabola di una retorica triviale? Siamo concettualmente grossolani? Forse. Ma non possiamo non esserlo, perché chiunque ami la libertà, non può non
considerare l’ecologismo una specie di continuazione del comunismo con altri
mezzi. Siamo davanti a un esempio da "manuale del costruttivismo politico". Che cos’è però il costruttivismo? Facciamo
subito un esempio.
Il
capitalismo, per usare un termine chiaro a tutti, non
è nato per caso: nessuno, un bel giorno, si è svegliato, decidendo di edificarlo dal
nulla. Il capitalismo è frutto di un processo di selezione istituzionale,
originato a sua volta, dall’interazione di milioni di individui, attraverso il
quale esso si è consolidato perché
ritenuto migliore di altre forme
istituzionali. Il capitalismo, insomma, ha vinto sul campo.
Ben
diverso il discorso, per quelle forme istituzionali, come il comunismo,
costruite “a tavolino”, nel tentativo
di imporle dall’alto, perché si pretende di conoscere quale sia il bene di ogni singola persona. Sicché l’ecologismo non è altro,
che una forma di costruttivismo, qualcosa che si vuole imporre in modo
verticistico "per il bene del pianeta", come un tempo il comunismo "per il bene dell'umanità": comunismo ed ecologismo condividono una comune radice anticapitalistica.
Del resto si pensi al “benicomunismo” ecologista e al vincolismo socialdemocratico e liberal, imperniato sulla favoletta dello "sviluppo possibile", fenomeni, in realtà, ideologicamente parlando, di stampo comunistoide e statolatrico, presentati come progetti di salvazione planetaria. Fenomeni che si propagano alla velocità del suono grazie a un catastrofismo pseudoscientifico largamente
recepito dai mass media. E, cosa più grave, che rischiano di trasformarsi, sulla falsariga della perversa ottica di un erigendo stato mondiale, in vincolanti accordi e trattati: gli stessi respinti, e giustamente, da Trump. Per inciso: che certa destra anticapitalista, condivida, la vulgata ecologista è tutto un programma. Costruttivista. I totalitarismi, anche se di ideologia opposta, finiscono sempre per toccarsi.
In
fondo, gli argomenti catastrofisti dell’ecologia, ai quali, come per il comunismo,
viene data “una botta” di vernice scientifica, sono gli stessi dell’Ottocento,
già ben presenti e diffusi in tutte le correnti romantiche, anche reazionarie, non solo utopiste e socialista quindi, tutte ugualmente contrarie al libero sviluppo economico. Se
avesse vinto il romanticismo politico,
oggi, obbligatoriamente, ci nutriremmo di radici, o quasi. Altro che la libera scelta vegana e la spesa alimentare alternativa al supermarket del biologico sotto
casa…
Si
dirà, ma allora la scienza economica? Non è un’imponente “costruzione”? Sì e no. Perché si è sviluppata molto lentamente, consolidandosi
dopo la “vittoria” del capitalismo: in definitiva, si
tratta di una razionalizzazione ex post, per quanto geniale. Quando Adam Smith scrisse il suo
capolavoro, ancora non si parlava di
capitalismo: il “sistema” era in tumultuosa costruzione, senza che nessuno sapesse cosa stesse nascendo. Saranno
Marx, intorno alla metà dell’Ottocento, Weber e Schumpeter, nella prima del Novecento, a coniare il termine capitalismo (Marx a
dire il vero parlò di “modo di produzione”, in chiave, ovviamente negativa,
come del resto, anticipandolo, alcuni utopisti socialisti).
Che
poi oggi si difenda il capitalismo, magari talvolta esagerando, è un altro
discorso, certo criticabile. Come lo è, la discussione, spesso oziosa, sul fatto che il capitalismo non sia un “sistema” perfetto. Ma cosa c'è di perfetto in questo mondo? (come
insegna il razionalismo critico di Popper). Il
punto è che finora il capitalismo ha provato di saper “funzionare”
meglio di altri sistemi economici. E probabilmente ciò è dovuto alle sue radici libertarie, spontaneistiche, che
comunismo, ecologismo,
socialdemocratismo burocratico non hanno, e che per reazione tentano di recidere ovunque attecchiscano. Applichiamo al capitalismo la logica del successo?
Sì, che c’è di male? La logica della verità lasciamola ai teologi.
Quel
che però è ancora più importante, almeno dal nostro punto di vista, è la comprensione della differenza sociologica tra ordine
spontaneo, che poi non è solo quello del mercato ma di tutte le
autentiche istituzioni sociali ( dal linguaggio al diritto), e ordine costruito, come nel caso delle artefatte teorizzazioni politico-sociali del comunismo e
dell’ecologismo. L’ordine spontaneo è
indice di libertà, l'ordine costruito di schiavitù.
In
qualche misura, per tornare al presidente americano, la scelta di Trump è una scelta di
libertà. Almeno in questo ambito. Che
poi egli sia un protezionista è un' altra
storia. Come dicevamo all’inizio, è un diritto di Trump ( e degli Stati Uniti) esserlo, salvo precisare, da parte nostra, che anche il protezionismo è una “costruzione
a tavolino”. Qualcosa che si vuole imporre dall’alto. Pertanto, quanto agli effetti di ricaduta burocratici, con una sua pericolosità sociale.
Che
dire? Contraddizioni della politica:
arte del possibile, quindi tentativo, sempre “a tavolino”, di conciliazione degli opposti, mediando, implementando, contrastando, permettendo, eccetera: l'esatto contrario di un ordine spontaneo. Per usare
una metafora che chiama il causa il linguaggio (altro esempio di ordine
spontaneo), la politica, soprattutto di governo, sta al mercato, come la grammatica degli
accademici alla lingua viva, che muta continuamente, sull’onda sempre incalzante della libera interazione tra liberi
individui.
Al
lettore le conclusioni.
Carlo Gambescia