È morto il professor Rodotà,
tarataratatà, tarataratatà …
Per
la sinistra, nelle sue varie sfumature,
il professor Stefano Rodotà, emerito di diritto civile, è roba da “Santo (laico)
subito”. Basta leggersi i
coccodrilli di “Repubblica”, “Il Fatto”, “il Manifesto”.
Quel
che però è curioso è che il giurista viene
celebrato quale difensore dei diritti individuali, per dirla in romanesco, sia dai
“quattrinari" di “Repubblica” sia dai
“manettari” del “Fatto”, che invece detestano i "quattrinari", (o "quatrinari"...). E dulcis in fundo, osannato, come profeta dei “beni comuni”, sorta di prosecuzione del socialismo con altri mezzi, dai “compagni” del “Manifesto”. Qualcosa, evidentemente non torna. Oppure
sì.
Soldi,
manette e benicomunismo - basta chiedere
a Salvini e Meloni - sono i must della sinistra al caviale. Della quale - è
verissimo - il professore non si perdeva
un vernissage, un manifesto da firmare,
una sdegnata denuncia pubblica, un richiamo tonitruante alla Costituzione "più bella del mondo".
Basta
così? No. Bisogna andare oltre reazioni tipo “ cuore a sinistra, portafoglio a destra”, degne di “Libero”, “Giornale”. “Tempo” e compagnia insultante. Si deve andare più a fondo. E per fare questo, consigliamo, a
chi desideri approfondire, di leggere due libri del professore: Il terribile diritto. Studi sulla proprietà privata (il Mulino, di recente riedito accresciuto di alcuni saggi à la page sui beni comuni) e La vita
e le regole. Tra diritto e non diritto (Feltrinelli), un must per il progressismo bioetico digitale, Il primo è del 1981 il secondo del 2006.
Ora, i due volumi, scritti a venticinque anni di distanza l’uno dall’altro,
compendiano molto bene, sul piano dell’approccio, il pensiero di Rodotà. E ci aiutano - ecco il punto fondamentale - a capire i tic cognitivi di una sinistra al
tempo stesso, "quattrinara", "manettara" e “benicomunistara”.
Secondo Rodotà, il diritto in
quanto forma giuridica deve rincorrere i contenuti della vita, che però cambiano in continuazione. E non sempre in meglio. Che fare? Ecco l'escamotage: il
diritto deve adeguarsi alla vita, ma
solo quando la vita, nel suo svilupparsi, quindi a
livello di contenuti, non entri in
conflitto con le moderne libertà
sociali. Di qui, secondo Rodotà, la necessità per la gente comune di seguire il
cammino indicato dalle élite illuminate, le sole in grado di correggere i vizi
dell’ ”uomo medio”, così volgare e reazionario, perché attaccato alla
proprietà: diritto “terribile” (la definizione è di Cesare Beccaria),
perché condannato a tramutarsi, lungo un percorso ascensionale che va, fortunatamente (però sull'avverbio Beccaria non sarebbe d’accordo), dal diritto liberale, proprietario, al diritto comunitario, collettivista, dove tutti hanno accesso a tutto. Insomma,
il socialismo che verrà, come prolungamento del liberalismo. Vecchia tesi, tuttora cara anche ai
reazionari. Quindi, detto per inciso, i due estremi finiscono sempre per toccarsi.
Ma se “l’uomo medio” (il
“buon padre di famiglia” del diritto civile, concetto avversato da Rodotà, perché vi scorge il rapace proprietario), non è capace di scegliere
“il progresso” giuridico, chi ne sarà in grado? Forse, la microsocietà “riflessiva” delle élite? Che stabilisce, in modo illuminato, ciò che è
giusto o sbagliato? Rodotà tace, quindi acconsente. Che dire? Viva la democrazia
socialista…
Ma torniamo alla dicotomia forma/contenuto, tema che Rodotà sviluppa particolarmente ne La vita e le regole. L’idea di libero sviluppo della personalità umana è forma o contenuto? E’ norma “giuridica” o fatto “sociale”? Sul punto Rodotà sembra tentennare, salvo alla fine propendere per l’ identità tra sviluppo umano e regola giuridica, ovviamente quando e se “illuminata”: l’uno rimanderebbe all’altra. E insieme all’idea di progresso giuridico e sociale, idea insita in quella di sviluppo umano… E che cos’è lo sviluppo umano? Ecco la la risposta di Rodotà: quel che impone il progresso...
Ma torniamo alla dicotomia forma/contenuto, tema che Rodotà sviluppa particolarmente ne La vita e le regole. L’idea di libero sviluppo della personalità umana è forma o contenuto? E’ norma “giuridica” o fatto “sociale”? Sul punto Rodotà sembra tentennare, salvo alla fine propendere per l’ identità tra sviluppo umano e regola giuridica, ovviamente quando e se “illuminata”: l’uno rimanderebbe all’altra. E insieme all’idea di progresso giuridico e sociale, idea insita in quella di sviluppo umano… E che cos’è lo sviluppo umano? Ecco la la risposta di Rodotà: quel che impone il progresso...
E’ evidente che siamo dinanzi a un ragionamento circolare. Non solo: si invoca un
principio extra-logico di autorità, quello del progresso. Una vera manna, sociologica, per "quattrinari", "manettari" e "benicomunistari"… Che dentro il sacco vuoto del progresso mettono tutto ciò che vogliono: il maggiordomo filippino, il magistrato d'assalto, i centri sociali, i compagni che sbagliano ("finanzievi" esclusi), eccetera, eccetera. E possono permetterselo, perché sono tutti rigorosamente di sinistra. Quindi, dalla parte progresso, delle manette e pure della
libertà, tarataratatà, tarataratatà. Proprio come
Rodotà, tarataratatà, tarataratatà.
A
proposito, dimenticavamo: che la terra gli sia lieve.
Carlo Gambescia