I dati del Cattaneo confermano la
possibilità di una “svolta” maggioritaria
Chiamalo se vuoi doppio turno…
Ieri parlavamo in
favore di una svolta maggioritaria per annientare sul piano elettorale il M5S,
oggi i dati dell’Istituto Cattaneo sembrano confermare la nostra tesi.
Il M5s si conferma, anche in
questa occasione, una “macchina da ballottaggio”: quando riesce ad accedere al
secondo turno, si trasforma in un partito pigliatutti, in grado di attrarre i consensi degli elettori dei
candidati esclusi dopo il primo turno. Pur essendo riuscito ad andare al
ballottaggio soltanto in 10 comuni su 159 (è escluso, per commissariamento, il
comune di Trapani dal conteggio), il M5s mostra un “tasso di vittoria” nel
secondo turno pari all’80%: il risultato più alto rispetto a tutti gli altri
schieramenti considerati. All’opposto, la coalizione di centrosinistra è quella
che soffre maggiormente nei ballottaggi. Il suo “tasso di vittoria” è del
40,5%: ciò significa che il centrosinistra è riuscito a vincere solo in 4
elezioni su 10.
E gli altri partiti? Intanto, il Pd e i suoi alleati
hanno un comportamento perfettamente speculare
rispetto a quello del M5s. Se questi ultimi faticano ad accedere al
ballottaggio ma poi si dimostrano quasi invincibili nel secondo turno, il
centrosinistra accede con relativa facilità ai ballottaggi ma poi ne esce
spesso sconfitto. Per dirlo in altri termini, il Pd (con i suoi
alleati) mostra, relativamente agli altri partiti, una crescente difficoltà a
vincere nel turno elettorale decisivo. Un trend, peraltro, che risulta particolarmente evidente nelle
regioni tradizionalmente “rosse”, dove il centrosinistra accede agilmente ai
ballottaggi, ma poi perde in numerosi casi (ad esempio, in Emilia-Romagna il
centrosinistra perde in tutti i cinque casi di ballottaggio).
Quanto ai partiti
di centrodestra,
il “tasso di vittoria” (55,8%)
indica che la coalizione riesce a vincere in più di un ballottaggio su due: un dato superiore di oltre 15 punti percentuali rispetto a
quello del centrosinistra. Anche le liste civiche, senza alcun legame con i
partiti nazionali tradizionali, mostrano una buona prestazione nei ballottaggi
(66,5%), inferiore solamente a quella del M5s.
Grazie al formato largo e
unitario della sua coalizione (da Forza Italia alla Lega, includendo talvolta
anche Fratelli d’Italia-AN), che gli permette prima di accedere e poi di
vincere con relativa frequenza nei ballottaggi, il centrodestra si attesta come
il vincitore certo di questa tornata di ballottaggi.
Riassumendo.
Il M5S, è forte nei ballottaggi, ma raramente riesce a superare il primo turno.
Il PD renziano, anche allargato, lo
supera agevolmente, ma perde ai ballottaggi, perché la figura di Renzi è
divisiva: vota contro di lui,
“l’antipatico”, anche l’elettore di destra. Per contro, il centrodestra unito, con un Cavaliere che
nonostante l’età impazza, come prima più di prima, vince alla grande.
Pertanto,
sulla base di questi dati, se si votasse con il maggioritario a doppio
turno, il M5S scomparirebbe ( o
quasi), il centrosinistra guadagnerebbe
i suoi bravi seggi in Parlamento, ma come forza minoritaria, il
centrodestra tornerebbe al governo.
Tutto
bene? Cinque Stelle, finalmente, messo a tappeto?
No. Il
punto è che Renzi ritiene di avere tutto
da guadagnare dal proporzionale (magari con liste imposte dall’alto e soglia),
perché in questo modo potrebbe regolare i conti con gli oppositori interni ed esterni. Per poi andare dove, difficile
dire…
Come del
resto il partito di Grillo e Casaleggio jr, che teme ancora più di Renzi, il maggioritario,
poiché da autentico nemico di qualsiasi forma di alleanza, rischia la riduzione allo
stato gassoso.
Per contro, il centrodestra avrebbe il suo bel tornaconto.
Però, due contro uno: probabilmente mancano i numeri in Parlamento. Senza considerare i troppi mini-gruppi e partitini che puntano alla
sopravvivenza proporzionalista. Perciò due (più "poltiglia") contro uno. Diciamo allora, "quasi tre" contro uno.
Quindi?
Alla distruzione elettorale del M5S, si
preferisce la coltivazione del proprio micro-orticello politico. La tesi
difensiva di Renzi e Berlusconi è
che, come si riteneva per fascisti e
nazisti (fatte le debite proporzioni storiche), il M5S sia un fenomeno politicamente evanescente.
Può
essere. Ma perché invece di sfidare la sorte, non mettere in sicurezza
l’Italia, con una bella legge
maggioritaria a doppio turno? Perché Renzi, per un volta, facendo forza su stesso
(parliamo di un malato grave di solipsismo), non decide di votare una legge maggioritaria in grado di annientare elettoralmente il M5S? Perché
Berlusconi, nonostante l’incoraggiante vittoria di domenica, invece di nicchiare, lui che ne fu il profeta, non torna a battersi per la causa
“maggioritaria”?
L’unico, che
sembra avere capito la lezione è Salvini.
Più che altro, però, per un pavloviano riflesso carnivoro, che nel
post-leghista si attiva automaticamente al solo ghiotto profumino di potere alla brace che
promana dal maggioritario. P.S. Probabilmente, la regola "riflessologica" vale anche per la Meloni.
Naturalmente,
sia chiaro, il maggioritario a doppio turno, nell’Italia dei
mille campanili politici (e diecimila pugnali), non implica alcuna certezza sulla stabilità del futuro
governo. Per conseguire lo scopo, andrebbe rafforzato l’esecutivo, eccetera,
eccetera. Ma questa è un’altra storia… Già troppo complicata, da gestire, in tempi normali, lunghi, figurarsi a pochi mesi dalle elezioni
politiche.
Però, si
potrebbe tentare di ridurre il numero
dei deputati, anzi delle "stelle" del Movimento Cinque Stelle, come si dice, al lumicino. E così mettere in sicurezza l’Italia. Non
sarebbe poco.
Carlo Gambescia