martedì 27 giugno 2017

I dati del Cattaneo confermano la
possibilità di una “svolta” maggioritaria

Chiamalo se vuoi doppio turno…





Ieri parlavamo in favore di una svolta maggioritaria per annientare sul piano elettorale il M5S, oggi i dati dell’Istituto Cattaneo  sembrano confermare  la  nostra tesi.   

Il M5s si conferma, anche in questa occasione, una “macchina da ballottaggio”: quando riesce ad accedere al secondo turno, si trasforma in un partito pigliatutti, in grado di attrarre i consensi degli elettori dei candidati esclusi dopo il primo turno. Pur essendo riuscito ad andare al ballottaggio soltanto in 10 comuni su 159 (è escluso, per commissariamento, il comune di Trapani dal conteggio), il M5s mostra un “tasso di vittoria” nel secondo turno pari all’80%: il risultato più alto rispetto a tutti gli altri schieramenti considerati. All’opposto, la coalizione di centrosinistra è quella che soffre maggiormente nei ballottaggi. Il suo “tasso di vittoria” è del 40,5%: ciò significa che il centrosinistra è riuscito a vincere solo in 4 elezioni su 10.

E gli altri partiti?  Intanto,  il Pd e i suoi alleati

hanno un comportamento perfettamente speculare rispetto a quello del M5s. Se questi ultimi faticano ad accedere al ballottaggio ma poi si dimostrano quasi invincibili nel secondo turno, il centrosinistra accede con relativa facilità ai ballottaggi ma poi ne esce spesso sconfitto. Per dirlo in altri termini, il Pd (con i suoi alleati) mostra, relativamente agli altri partiti, una crescente difficoltà a vincere nel turno elettorale decisivo. Un trend, peraltro, che risulta particolarmente evidente nelle regioni tradizionalmente “rosse”, dove il centrosinistra accede agilmente ai ballottaggi, ma poi perde in numerosi casi (ad esempio, in Emilia-Romagna il centrosinistra perde in tutti i cinque casi di ballottaggio).

Quanto ai partiti di  centrodestra,

 il “tasso di vittoria” (55,8%) indica che la coalizione riesce a vincere in più di un ballottaggio su due: un dato superiore di oltre 15 punti percentuali rispetto a quello del centrosinistra. Anche le liste civiche, senza alcun legame con i partiti nazionali tradizionali, mostrano una buona prestazione nei ballottaggi (66,5%), inferiore solamente a quella del M5s.
Grazie al formato largo e unitario della sua coalizione (da Forza Italia alla Lega, includendo talvolta anche Fratelli d’Italia-AN), che gli permette prima di accedere e poi di vincere con relativa frequenza nei ballottaggi, il centrodestra si attesta come il vincitore certo di questa tornata di ballottaggi.

Riassumendo. Il M5S, è forte nei ballottaggi, ma raramente riesce a superare il primo turno. Il PD renziano, anche allargato,  lo supera agevolmente, ma perde ai ballottaggi, perché la figura di Renzi è divisiva:  vota contro di lui, “l’antipatico”, anche l’elettore di destra.  Per contro,  il centrodestra unito, con un Cavaliere che nonostante l’età impazza, come prima più di prima,  vince alla grande. 
Pertanto, sulla base di questi dati, se si votasse con il maggioritario a doppio turno, il M5S scomparirebbe ( o quasi),  il centrosinistra guadagnerebbe i suoi bravi seggi   in Parlamento, ma come forza minoritaria, il centrodestra tornerebbe al governo.  
Tutto bene?  Cinque Stelle, finalmente,  messo a tappeto?
No. Il punto è che Renzi ritiene di avere  tutto da guadagnare dal proporzionale (magari con liste imposte dall’alto e soglia), perché in questo modo potrebbe regolare i conti con gli oppositori interni  ed esterni. Per poi andare dove, difficile dire… 
Come del resto il partito di Grillo e Casaleggio jr,  che  teme ancora più di Renzi, il maggioritario, poiché da autentico nemico di qualsiasi forma di alleanza, rischia la riduzione allo stato gassoso. 
Per contro, il centrodestra avrebbe il suo bel tornaconto.
Però,  due contro uno:  probabilmente mancano  i numeri in Parlamento. Senza  considerare  i troppi mini-gruppi e partitini che puntano alla sopravvivenza proporzionalista.  Perciò due (più "poltiglia") contro uno. Diciamo allora, "quasi tre" contro uno. 
Quindi? Alla  distruzione elettorale del M5S, si preferisce la coltivazione del proprio micro-orticello politico. La tesi difensiva  di Renzi e Berlusconi  è che, come si riteneva  per fascisti e nazisti (fatte le debite proporzioni storiche), il M5S  sia  un fenomeno politicamente evanescente.
Può essere. Ma perché invece di sfidare la sorte, non mettere in sicurezza l’Italia, con una  bella legge maggioritaria a doppio turno?    Perché  Renzi, per un volta, facendo forza su stesso (parliamo di  un malato grave di solipsismo), non decide  di votare una legge maggioritaria in grado di  annientare elettoralmente il M5S? Perché Berlusconi, nonostante l’incoraggiante vittoria di domenica, invece di  nicchiare,  lui che ne fu il profeta, non torna a battersi per la causa  “maggioritaria”?  
L’unico, che sembra avere  capito  la lezione  è  Salvini.  Più che altro, però,  per un pavloviano riflesso carnivoro, che nel post-leghista si attiva automaticamente al solo ghiotto profumino di potere alla brace che promana dal maggioritario. P.S. Probabilmente, la regola "riflessologica" vale anche per la Meloni.   
Naturalmente, sia chiaro,  il  maggioritario a doppio turno, nell’Italia dei mille campanili politici (e diecimila pugnali), non implica  alcuna certezza sulla stabilità del futuro governo. Per conseguire lo scopo, andrebbe rafforzato l’esecutivo, eccetera, eccetera. Ma questa è  un’altra  storia… Già  troppo complicata, da gestire,  in tempi normali, lunghi,  figurarsi a pochi mesi dalle elezioni politiche.
Però, si potrebbe tentare  di ridurre il numero dei deputati, anzi delle "stelle"  del Movimento Cinque Stelle, come si dice,  al lumicino.  E così mettere in sicurezza l’Italia.  Non sarebbe poco.

Carlo Gambescia